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Una storia di agricoltura in Brianza: Cascina Bressanella

Ambientarsi nel luogo in cui si vive seguendo le proprie passioni, la mia prima regola, fondamentale per conoscere ed apprezzare ciò che ci circonda.

Da pochi mesi, nuovamente, ho voltato pagina e luogo di residenza. Vivo in Brianza, terra verde e piena di buona energia, quella della natura. Dalle mie finestre, dovunque io guardi, vedo alberi. Essenziale, vitale, rigenerante. Dopo settimane di peripezie e intoppi burocratici legati al mio trasloco, ma soprattutto al periodo difficile che tutti stiamo vivendo, finalmente ho iniziato ad esplorare il territorio che mi circonda. E’ così che ho passato l’estate, documentandomi sulle realtà circostanti – storiche artistiche e produttive – e andando su e giù per le vallate brianzole. Vi assicuro, davvero sorprendenti! Sapere che vicino a Monza e a Milano, città metropolitane, ci sia questo polmone verde è rassicurante e rincuorante.

Oltre a documentarmi, avendo la necessità di fare buoni acquisti, durante il mio girovagare ho conosciuto la Cascina Bressanella. Una storia di agricoltura nata ben trentacinque anni fa nella bella Brianza grazie alla passione di una donna, fondatrice e attuale socia, che, dopo aver conseguito una laurea in scienze delle produzioni animali, ha avviato un’attività a pochi chilometri dalla sede attuale dell’azienda agricola. Un allevamento di animali da cortile – anatre, faraone, capponi, polli ecc. – che col passare del tempo l’hanno portata ad ampliarsi. L’acquisto di un appezzamento di quattro ettari di terra e il desiderio di passare ad un allevamento di conigli, più vicino alla sua specializzazione universitaria e agli studi fatti su questo animale, diedero origine alla Cascina Bressanella. Negli anni a seguire l’attività agricola ebbe una nuova svolta: il passaggio alla coltivazione di frutta e ortaggi, ma soprattutto, l’intuizione dell’importanza della consegna a domicilio.

Creare una vera relazione di fidelizzazione con il cliente, capire i suoi gusti, proporre i prodotti di stagione, la portarono a raggiungere circa trecento consegne alla settimana nei comuni limitrofi di Monza. Un’attenzione al consumatore che la premiò con la costituzione nel 2015 di una vera società agricola istituita insieme alla figlia e il genero. E’ con lui, socio più attivamente impegnato nell’azienda, che mi sono confrontata chiacchierando a lungo. Laureato in consulenza pedagogica, compiuti i 33 anni, ha lasciato completamente la sua attività per impararne un’altra, nella natura e per la natura. Un richiamo all’agricoltura dovuto anche alle sue origini contadine. In realtà io credo che ogni esperienza lavorativa apporti conoscenza e capacità. Sono poi l’affiancamento, l’ascolto di chi ha maturato competenze, gli studi e la ricerca, a formarci ed avviarci verso nuove vite lavorative. Un impegno che ha permesso alla società il riconoscimento a IAP (imprenditori agricoli professionali).

Tre ettari circa di coltivazione orticola e un ettaro e mezzo dedicato alla frutta, tra cui uva da tavola, piccoli frutti, susine, il fico della Brianza, pere e mele, con il minimo utilizzo di prodotti fitosanitari e con prodotti ad estrazione vegetale che non contrastino insetti utili al ciclo vegetativo delle colture, nel rispetto della biodiversità. Gli impianti sono di nuova generazione ad alta densità, con piante messe a 80/100 cm l’una dall’altra. L’origine e il tracciamento dei semi garantiti dal passaporto. Dal 2015 è nata anche una piattaforma online attraverso la quale si può procedere direttamente con gli ordini di frutta e ortaggi. Oggi l’attività dell’azienda è supportata da due dipendenti stabili e dalla collaborazione stagionale con contratti a chiamata, che spesso rientrano nella cerchia dei ragazzi che si sono formati durante il tirocinio scolastico all’ ENAIP, l’ente di formazione professionale nel settore agricolo di Monticello Brianza: www.enaiplombardia.eu . Inoltre, con lo sportello-lavoro gestito dal comune di Casatenovo, la società si avvale di tirocini annuali che prevedono percorsi di recupero.

Alla mia domanda sull’eventuale difficoltà di reclutamento di personale, tanto lamentata dagli agricoltori, mi ha fatto piacere ascoltare la doppia valenza del problema. In effetti, spesso le difficoltà nascono nell’incapacità degli stessi imprenditori agricoli nel non vedere in profili giovani dei percorsi formativi, senza necessariamente aspettarsi operatori fatti e finiti. Per costruire bene, anche nella formazione agricola, serve tempo e pazienza.

Cascina Bressanella, una società di agricoltori attenta agli equilibri in tema di sostenibilità, la cui crescita è supportata da un consulente agronomo – che per sua formazione è vicino a metodologie a carattere biologico – e da un tecnico alimentare, per la fase della trasformazione. Una storia di agricoltura che rispetta la tradizione contemplando l’innovazione, il più possibile vicina alla natura e a disposizione del territorio.

Cascina Bressanella www.cascinabressanella.it
Via della Cascina Selva 11
Besana in Brianza (MB)




L’ambiente va salvaguardato, ma soprattutto, va rigenerato! NeoruraleHub

Rigenerare l’ambiente… ma come?! Per certo ognuno di noi può qualcosa. Ad esempio, potremmo iniziare tutti semplicemente piantando un albero. A dir la verità c’è una legge dello stato – la Legge n. 10 del 14 gennaio 2013 – che prevede l’obbligo per i comuni sopra i 15.000 abitanti di porre a dimora un albero nel territorio comunale per ogni bambino nato o adottato. Per dirla tutta è stato persino istituito presso il Ministero dell’Ambiente un Comitato competente per lo sviluppo del verde pubblico, con lo scopo di vigilare e ricevere le informazioni specifiche riguardo la piantumazione. Eppure in molti comuni tale obbligo non viene rispettato a causa della mancanza di fondi. Per lo meno così giustificano gli amministratori. Che tristezza…

La questione sulla salvaguardia dell’ambiente e sui cambiamenti climatici è cosa seria e ormai dibattuta da anni. La verità è che più che dibattiti servono sempre più azioni concrete che mirino a ricreare ecosistemi. A questo proposito mi torna alla mente un film documentario del 2014 – Il sale della terra – che testimonia come in vent’anni il fotografo brasiliano Sebastião Salgado, insieme alla moglie Lélia Deluiz Wanick, abbiano ‘rigenerato ambiente’ in un’area desertica di 600 ettari. La deforestazione selvaggia di questo territorio del Brasile adibito un tempo a pascoli inaridì la terra, lasciando desolazione e assenza di natura. Salgado, deciso a ricostituire quella biodiversità che era stata distrutta, ripiantò nella sua proprietà circa due milioni di alberi ricreando l’ambiente di un tempo, rigenerando natura. Un film documentario istruttivo che tutti dovremmo vedere e su cui molto dovremmo riflettere.

Fortunatamente è in atto da tempo un movimento incessante animato dalle nuove generazioni: Fridays for Future. Sono molto orgogliosa di questi giovani, perché hanno una mentalità aperta e determinata a fermare i meccanismi che stanno portando la Terra a ribellarsi. L’obiettivo delle manifestazioni in corso in tutto il mondo è infatti quello di far rispettare l’Accordo di Parigi del 2015 finalizzato a mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi Celsius.

Dobbiamo agire velocemente, perché sono convinta che la Terra ci possa salvare, se sapremo salvare lei.

Riflessioni che mi hanno portato a cogliere con interesse l’invito a visitare NeoruraleHub, un comprensorio rurale di 1.700 ettari nato nel 1996 tra le province di Pavia e Milano, grazie alla volontà e alla passione per l’ambiente dell’ingegner Natta, suocero dell’ing. Piero Manzoni, Amministratore Delegato di questa realtà. Un territorio un tempo deserto agricolo che mi ha riportato alla mente l’esempio di Sebastião Salgado in Brasile. In oltre vent’anni di ricerca e sviluppo è stato trasformato in un modello di sostenibilità agricola ed ambientale in cui si sono ricreate le giuste condizioni di biodiversità.

Un’area rinaturalizzata con circa 78 ettari di bosco e 107 ettari di aeree umide che accoglie l’Innovation Center Giulio Natta, centro di risorse per start up innovative nel mondo dell’agrifood. Sede del comparto di agricoltura 4.0, dell’unità di ricerca e sviluppo su nuove biotecnologie per l’agricoltura e l’ambiente, e di quella specializzata in efficientamento energetico dei processi industriali delle aziende agri-food. In parallelo è stato creato il brand ‘Cavalieri d’Italia’ che vanta la certificazione ‘Biodiversity Alliance’ da parte di CCPB, ente che certifica prodotti biologici ed eco-sostenibili, agroalimentari e non.

Un incubatore di startup che accoglie laboratori di ricerca e soluzioni innovative e sostenibili nell’ambito agrifood. Di particolare interesse la presenza di un campo sperimentale per lo sviluppo di estratti di piante medicinali, in particolare dell’epilobio, una pianta nota per la cura delle affezioni alla prostata e alla vescica.

Una natura rigenerata che riequilibra l’attività umana con l’ambiente.

Innovation Center Giulio Natta – Giussago (PV)

www.neoruralehub.com




Settembre, tempo di noci. Vi porto nel noceto più grande d’Italia!

Eraclea… uno dei miei luoghi del cuore, una città di mare e di grandi vedute verdi in provincia di Venezia con cui da anni ho instaurato un forte legame. Un richiamo dettato non solo dalle mie origini. Di fatto, i profumi della sua grande pineta e la nostalgia delle mie lunghe passeggiate all’alba in riva al mare, mi riportano lì spesso, per vivere il territorio ripristinando i giusti equilibri. Semplice e naturale benessere, e un pizzico di poesia che fa bene all’anima. Ma la poesia si rompe facilmente! Sì, soprattutto quando riscontro che importanti realtà locali sono da molti ignorate. Non mi riferisco certo ai turisti, ma ad alcune persone attivamente coinvolte nelle economie dei comuni circostanti che snobbano e sottovalutano le potenzialità di questo luogo. Un inutile campanilismo che non fa bene al territorio. Eh sì, siamo alle solite…

La realtà a cui mi riferisco è quella di un noceto di oltre 140 ettari, la prima azienda privata produttrice di noci in Italia: ‘Cuor di Noce’ della Tenuta La Spiga di Eraclea. Un’oasi incontaminata di grande bellezza paesaggistica nata nei primi anni del ’900 condotta da Alessandro Gaggia, naturale erede della famiglia fondatrice. Un fiore all’occhiello della regione Veneto che negli ultimi decenni si è contraddistinta nella nocicoltura italiana con ben 757 ettari di impianti. Le varietà più diffuse sono la californiana Chandler e la francese Lara.

Alessandro Gaggia, nell’accompagnarmi in visita alla Tenuta, mi ha raccontato il lavoro di bonifica che nei primi anni del ‘900 ha permesso di recuperare ben 3.650 ettari di terra destinati all’agricoltura e all’allevamento. Fu il bisnonno Achille l’artefice di questa attività, che col passare del tempo si è trasformata in una fiorente azienda agricola specializzata nella coltivazione delle noci. Un fondo chiuso che tutela la natura e salvaguardia la flora e la fauna autoctona. Un ambiente davvero suggestivo in cui le pratiche agricole sostenibili e le tecniche innovative vanno di pari passo. Recentemente sono state disposte quaranta telecamere sugli alberi che insieme alle sonde nel terreno trasmettono dati per comprendere il fabbisogno idrico delle piante.

Ma ora parliamo di noci…

Il Noce – nome scientifico Juglans regia – è un albero maestoso e longevo di origini asiatiche. Il suo frutto, la noce, è contenuta nel mallo, parte esterna verde e carnosa che si apre a maturazione. La parte che noi tutti conosciamo è il gheriglio, il buonissimo seme del frutto dalle tante proprietà. Il Veneto produce il 30% del prodotto nazionale. Venezia – considerata la capitale della noce – produce un terzo della produzione veneta.

Raccolta : nel mese di Settembre è ormai tempo di raccolta! Ogni anno tra Settembre e Novembre, quando il mallo si scurisce e tende a rompersi, si procede alla raccolta delle noci che poi vanno essiccate su graticci all’aria aperta.

Proprietà : le noci sono grandi alleate del benessere del nostro organismo per le loro proprietà nutrizionali benefiche. Sono ricche di vitamine, antiossidanti, omega 3 e sali minerali. Il loro consumo regolare previene le malattie cardiovascolari e aiuta ad abbassare i valori del colesterolo ‘cattivo’. Sono energetiche e contrastano l’ipertensione arteriosa.

Consumo giornaliero : tre noci al giorno e levi il medico di torno! Essendo molto caloriche però non bisogna esagerare. Tre noci al giorno, pari a circa 15 grammi, comportano 100 kilocalorie.

Conservazione : le noci non amano il caldo né l’umidità, quindi vanno conservate in un luogo fresco, asciutto e lontano da fonti di calore.

Con il guscio o senza? Col guscio direi che è tutta un’altra storia! Si ha una maggiore garanzia di conservazione e di qualità, evitando così rischi di ossidazione e di contaminazione di muffe.

Una curiosità: i gusci di noce macinati e ridotti in polvere vengono utilizzati nel settore del restauro per sabbiature delicate su dipinti e opere lignee.

E in cucina… Io con le noci ho fatto il pesto!

Semplice da preparare e buonissimo per condire la pasta. Si ottiene frullando 50 grammi di basilico lavato e asciugato su un canovaccio, unito a due spicchi d’aglio, 6 gherigli di noci e un pizzico di sale grosso.

Successivamente aggiungere 100 ml di buon olio extra vergine di oliva, 5 cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato e 2 di pecorino. Frullare il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo da conservare in frigorifero. Una vera delizia di sapori e di profumi!

Tenuta La Spiga – Cuor di Noce www.cuordinoce.it

Via Sette Casoni, 4 loc. Torre di Fine – Eraclea (VE)




Artigianalità del vino e tutela del territorio.

17 Aprile 2016 – Referendum popolare Anti Trivelle.

Artigianalità del vino, partiamo da qui, o meglio, da Live Wine 2016, la seconda edizione del salone internazionale di Milano dedicato al vino artigianale. Un evento che mi ha permesso di trasformare un uggioso fine settimana di Marzo, in un occasione speciale ricca di assaggi e di incontri con amici produttori.

Vino artigianale, una definizione da molti percepita come una moda. Personalmente non credo nelle mode quando si parla di produzioni. L’artigianalità, di fatto, indica un prodotto non industriale, in cui ogni fase della lavorazione, dalla vigna alla cantina, è influenzata oltre che da fattori naturali, dall’esperienza e dall’abilità del produttore. Detto questo, non è detto che un vino artigianale sia sempre buono. E’ semplicemente un prodotto che esprime le capacità di chi ne segue l’evoluzione, nel rispetto e nella tutela del territorio da cui ha origine. Un dovere e una responsabilità che coinvolge tutti, ora più che mai.

Questa premessa per riallacciarmi ad una questione molto seria, discussa tra una degustazione e l’altra a Live Wine. Mi riferisco alla campagna di sensibilizzazione relativa al progetto che punta ad impedire le attività di trivellazione di ben 101 km² nel territorio marchigiano. Perforazioni a 4000 metri con rischi ambientali e possibili fenomeni sismici. Ho un amico nel “Comitato No Trivelle nel Piceno”, Rocco Vallorani, un giovane viticoltore che, insieme ad altri produttori, sta opponendo resistenza alla realizzazione del metanodotto Cellino – Sant’Elpidio e al Progetto Santa Maria Goretti. Purtroppo, non l’unico caso di trivellazioni per la ricerca di idrocarburi nei mari italiani. Una questione su cui verremo chiamati a decidere il 17 Aprile 2016 attraverso un referendum popolare di tipo abrogativo.

Per capire meglio la questione e lo stato attuale delle cose, passo la parola a Rocco Vallorani.

Cinzia, circa un anno fa ci è letteralmente caduta addosso una concessione chiamata “Santa Maria Goretti”, che prevede l’installazione di impianti di estrazione di idrocarburi su 101 km quadrati nell’area più vocata per la viticultura picena, quella della DOC “Rosso Piceno Superiore”. La ditta autorizzata (Apennine Energy spa), è una Società per Azioni creata ad hoc da una multinazionale dell’energia (Sound Oil) che ha ottenuto i permessi per trivellare sulle nostre colline anche “oltre i 500 m. slm”, e di perforare il suolo fino a 4500 m. Questi impianti di estrazione prevedono l’installazione di ciminiere alte oltre i 50 metri, con, in cima, 10 metri di fiamma perenne, l’immissione di migliaia di metri cubi di fanghi di estrazione contenenti sostanze tossiche e radioattive che si diffonderanno nelle nostre falde acquifere, e il passaggio di decine e decine di camion ogni giorno sulle nostre strade, che a malapena superano indenni un acquazzone. L’estrazione di idrocarburi, oltre ad avere un impatto terrificante a livello paesaggistico, si ripercuoterebbe nocivamente su tutto il territorio: aumento del rischio sismico ed idrogeologico, consumo del suolo, inquinamento acustico, atmosferico e delle falde acquifere. Il Piceno rappresenta in piccolo quello che è successo in Italia; per molti anni si è puntato sull’industria manifatturiera e l’emersione economica dei paesi dell’est Europa, America Latina ed Asia, ci ha condotto ad una crisi dalla quale tutt’ora stentiamo a uscire.

Anche se in ritardo, ci stiamo finalmente accorgendo che il nostro genius loci non è rappresentato dall’industria, ma dalla cultura, dal turismo e dalle eccellenze del territorio, rappresentate in particolar modo dai prodotti agricoli. La valorizzazione del Piceno non può essere affidata semplicemente ad una campagna pubblicitaria, perché è il frutto del lavoro di tante persone che costantemente si impegnano, con le proprie abilità, a far emergere le eccellenze che il nostro territorio può offrire. Mi riferisco ai colleghi vignaioli, ai ristoratori, agli artigiani, ai gestori di strutture ricettive, fino alle merlettaie, che con pazienza tessono i fili delle loro opere nelle suggestive rue di Offida. L’agricoltura, in particolare quella biologica, è tra i settori trainanti nella valorizzazione del Piceno. Grazie ad esso viviamo in un territorio rurale e salubre che ci permette un’aspettativa di vita tra le migliori, non solo a livello nazionale. Ogni anno decine di nuove aziende agricole si affacciano con successo sul mercato, anche grazie all’aiuto della regione Marche, che, attraverso fondi della Comunità Europea, ha investito centinaia di milioni di euro nell’agricoltura Picena. Un ricchezza che arriva a tutta la comunità, creando posti di lavoro, mantenendo la bellezza e la ruralità dei territori, promuovendoli e contribuendo così alla valorizzazione degli stessi.

Il progetto “Santa Maria Goretti” oltre a mettere a rischio la salute di tutte le persone del Piceno, porterà ad un crollo del turismo e del valore dei prodotti locali. Quale turista verrebbe in un agriturismo di fronte ad un impianto di estrazione? Quale importatore vorrebbe acquistare del vino biologico prodotto in un’area dove si respirano idrogeno solforato, nitrati, composti organici volatili (VOC) ed idrocarburi policiclici aromatici derivanti dalle perforazioni? Perché dovremmo respirarli noi mettendo a rischio la nostra salute? Considerando anche i rischi di incidenti catastrofici che potrebbero verificarsi (esplosioni, fughe di gas e liquidi tossici ed infiammabili, ecc , indicati persino nel progetto della società autorizzata). Chi potrebbe autorizzare un’operazione del genere? Varrebbe veramente la pena accettare tutto ciò per raccogliere le briciole che ci lascerebbero queste società create ad hoc per queste operazioni? Il Piceno, così come tutte le altre zone d’Italia, può e deve vivere di agricoltura, di eccellenze, di turismo e di cultura. Ovviamente il nostro non può essere che un no deciso a questo scellerato progetto e a tutti quelli previsti in Italia, siano essi in mare o in terra. La valorizzazione del territorio implica anche la difesa dello stesso da tutto ciò che può stravolgere il suo equilibrio, peggiorandone le condizioni. Per questo, crediamo che tutti i cittadini debbano far sentire la propria voce in questa battaglia. Ed è altresì importante che gli amministratori, per il rispetto nei confronti dei cittadini che in loro hanno riposto la fiducia, si schierino in maniera netta al nostro fianco nella difesa del bene comune.

Per difendere il nostro mare dobbiamo votare SI al fermo delle trivellazioni. #notriv




Appuntamento per un agri picnic in Brianza. Chi viene?

L’importanza di sostenere le aziende agricole a garanzia della nostra salute e della nostra economia.

Il picnic, il tradizionale spuntino conviviale all’aperto, allegro e a contatto con la natura, che piace tanto agli italiani. Se poi si ha la possibilità di farlo in un’azienda agricola, dopo una visita e l’acquisto di qualche buona produzione, si unisce l’utile al dilettevole, trasformando uno spuntino all’aria aperta, in un agri picnic. Tutto ciò è possibile in una delle tante fattorie della Brianza, ma non solo…

Qualche giorno fa, spinta dalla voglia di conoscere buone produzioni vicine al luogo in cui vivo, sono andata a visitare l’azienda agricola Capoferri. In verità, sono stata attratta anche dalla sua bella posizione collinare, che, grazie agli ampi spazi verdi, permette, a poca distanza da Milano, di evadere dal caos e dalla frenesia cittadina.

L’azienda agricola dei Fratelli Capoferri, nata nel 1956, è situata in un luogo di particolare interesse storico per la presenza della Cascina Galeazzo, un roccolo di caccia risalente al 1400 di proprietà dei Conti Porro.  L’attività principale è quella casearia, con la produzione di diverse varietà di formaggio fresco e stagionato.

Il loro, un allevamento che fino agli anni ’90 comprendeva circa centoventi vacche di razza Frisona.  Un numero che man mano si è ridotto, per la ben nota questione ‘quote latte’. Attualmente, la fattoria accoglie una settantina di capre e polli giganti di razza Brahma, una varietà di origine asiatica.

Emanuele e Virginio, due fratelli di origine bergamasca, conducono insieme dall’allevamento alla trasformazione, l’attività e la vendita diretta dei loro prodotti: uova, miele, yogurt, e formaggi freschi e stagionati di capra e di latte vaccino. I formaggi, produzioni casearie ottenute attraverso la coagulazione del latte, rappresentano dei veri e propri secondi piatti, e non come spesso accade dei contorni integrativi. L’Italia vanta ben 48 varietà a denominazione di origine protetta (DOP), tutelate dall’Unione Europea.

Tornando alla mia visita, devo ammettere che appena arrivata ho avvertito un clima di sospetto, li per li a mio parere ingiustificato. Basta poco per capire. E’ sufficiente ascoltare le difficoltà e gli intoppi causati dagli ingranaggi rugginosi della burocrazia, per comprendere il perché di tale diffidenza. L’accanimento dei controlli e delle verifiche nello svolgimento delle loro attività, porta spesso gli agricoltori a chiudersi, e a toglier loro la voglia di combattere in un mondo Colombi cappucciniin cui, gli interessi delle tante, forse troppe associazioni agricole, non sono sempre chiari.

Chi sostiene un comparto così importante come l’agricoltura, ha il compito e il dovere di agevolare e tutelare chi, con sacrifici, preparazione, investimenti, rischi e lavoro senza orari, preserva l’ambiente, la tradizione e il made in Italy. Il turismo rurale ed enogastronomico rappresenta, oltre che il futuro della nostra economia, una naturale evoluzione di tutto ciò.

Parole che non mi stancherò di ripetere, e che sono costretta a riscrivere ogni qual volta io visiti un’azienda in cui sento lamentare tali disagi. Se ci guardiamo attorno, ognuno di noi può qualcosa in tal senso. Sostenere un’azienda agricola con l’acquisto dei loro prodotti, è molto più conveniente di quanto si creda. Scelte a garanzia della nostra salute, della nostra economia e del nostro piacere a tavola.

A conclusione della mia visita, Emanuele Capoferri orgogliosamente, mi ha accompagnato ad ammirare il suo allevamento di colombi cappuccini, una particolare razza di grande eleganza originaria dell’India. Se passate da quelle parti, vi consiglio una visita, e se mi avvisate, ci daremo un appuntamento per un agri picnic!

Azienda Agricola F.lli Capoferri Cascina Galeazzo
Via per Mariano, 1 – Lentate su Seveso (MB)
Tel. 0362 561406
Info: f.llicapoferri@yahoo.it




I Mirtilli, piccoli frutti con grandi proprietà benefiche

Agricoltura sociale

I mirtilli, quei piccoli frutti che tutti conosciamo e che spesso troviamo nei boschi. Forse è per questo che da sempre mi attirano e che mi hanno portato a visitare la società agricola Unicorno, che da qualche anno li coltiva.

Ho conosciuto Azzurra, la titolare, durante una manifestazione in cui presentava il suo succo concentrato, o meglio, il suo nettare di mirtilli composto da ben 75 % di questi piccoli frutti di prima scelta non trattati. Nascono sulla collina di Villa Sommi Picenardi, una dimora storica nel cuore della Brianza, immersa in uno dei cento parchi più belli d’Italia.

Come sempre, presi i giusti contatti, mi sono accordata per una visita che mi ha permesso con la giusta tranquillità e con i miei tempi, di vedere le piante e di conoscere meglio il loro luogo d’origine. A guidarmi Azzurra Livraghi Sommi Picenardi, l’ideatrice di questo progetto che, dopo essersi occupata di un allevamento di cavalli, è diventata un’imprenditrice agricola.

Il suo desiderio di far nascere dalla collina, un tempo dedicata alla viticoltura, una coltivazione diversa, ma che soprattutto la vincolasse solo per un periodo dell’anno, l’ha portata a scegliere questo tipo di produzione, sia pur limitata ma di qualità: poco meno di 3.000 bottiglie di Nettare della Vita da 250 grammi.

Per la lavorazione e il confezionamento della frutta si è poi affidata alla Cooperativa Oasi Onlus di Guanzate, un esempio di Agricoltura Sociale per dare opportunità lavorative a persone svantaggiate, con particolare attenzione alle persone disabili. Citando le loro parole – ogni uomo può portare molti frutti – semplicemente operando nell’ambito agricolo ed ambientale.

I mirtilli sono piccoli frutti, ma con grandi proprietà benefiche per la nostra salute.

  • Contengono sali minerali e una discreta quantità di vitamina A e C.
  • Hanno proprietà antibatteriche naturali.
  • Favoriscono la salute degli occhi.
  • Rallentano l’invecchiamento cellulare.
  • Rafforzano i vasi sanguigni, quindi sono consigliati nei disturbi circolatori e in caso di fragilità capillare.
  • Sono antiossidanti.

Pianta di Mirtilli

Unicorno Società Agricola Semplice
Azzurra Livraghi Sommi Picenardi
azzurra@unicorno.biz
Via Sommi Picenardi, 8
Olgiate Molgora (LC)




Un’alba di fine estate alla Riserva San Massimo

Reportage fotografico di un’alba vissuta alla Riserva San Massimo – Gropello Cairoli (PV)

Il 30 Giugno 2014, dopo aver pubblicato un’intervista a Dino Massignani, Direttore dell’Azienda Agricola Faunistica Riserva San Massimo a Gropello Cairoli (PV), mi sono recata li di persona per conoscere questa realtà. Durante la mia visita ho molto apprezzato l’attenzione nelle pratiche agricole per il rispetto e la conservazione del biosistema esistente. La sua preservazione è fondamentale per l’ambiente, per l’agricoltura e per la nostra salute.

E’ questo il motivo che mi ha spinto, a distanza di un anno, a riviverla nuovamente, questa volta però a modo mio: all’alba e da sola, anche se in realtà da sola non lo ero affatto. Per godermi nella pienezza tutti i suoni della Riserva, sono stata spesso costretta a fermarmi, perché lo stesso rumori dei miei passi alterava la loro percezione integra.

Se avrete occasione di visitarla, potrete vedere molte zone d’acqua, habitat essenziali per la sopravviveFullSizeRendernza di numerose forme di vita. Ambienti naturali importanti non solo per organismi acquatici e piante, ma anche come aree di sosta per far trascorrere la stagione invernale in luoghi con un clima mite a molti uccelli migratori (svernamento). Nella Riserva ci sono varie specie animali. Mi piace osservarli, ma liberi, nella loro naturalezza…

Per non disturbarli con la mia presenza, sono salita su una vedetta ben nascosta tra gli alberi. Sono stata li a lungo, ma nulla… Una volta scesa, dopo qualche passo, d’incanto mi sono trovata a poca distanza da un giovane daino. Siamo rimasti così, per quasi un minuto, fissandoci, immobili, con emozioni diverse, ma pur sempre emozioni. Sono felice di aver fatto il mio piccolo Safari nella Riserva, da sola, senza rumori, solo con il cuore che batteva forte…

Riserva San Massimo

La Riserva San Massimo è situata nel Parco Lombardo della Valle del Ticino. Una vasta superfice boschiva naturale tra fauna, rogge, paludi, campi agricoli e risaie. Una Riserva di protezione speciale per la salvaguardia di diverse specie animali e vegetali, protette dall’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura delle specie minacciate.

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Riserva San Massimo - Gropello Cairoli (PV)

Azienda Agricola San Massimo
Loc. San Massimo – Gropello Cairoli (PV)




Xylella Fastidiosa, una questione poco chiara.

Xylella Fastidiosa, un germe patogeno di cui si è incominciato a parlare durante un incontro formativo sulle malattie delle piante, svoltosi nel 2010 presso l’Istituto Agronomico Mediterraneo (IAM) di Valenzano, in provincia di Bari. Fu in quell’occasione che venne portato fisicamente un campione, nonostante nessun caso fosse stato segnalato sul nostro territorio. Va precisato che l’Istituto in questione, in base alla legge 13 luglio 1965 n. 932, gode eccezionalmente dell’immunità, per cui l’autorità giudiziaria italiana non può effettuare alcuna perquisizione in caso di avvio indagini che lo interessano.

Resta il fatto che, come ben sappiamo, a distanza di qualche anno si è diffuso questo batterio. Coincidenze? La procura di Lecce, da oltre un anno, ha aperto un’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica Elsa Valeria Mignone, esperta di reati ambientali. Nel frattempo che le indagini facciano chiarezza, è partita l’applicazione del piano operativo che prevede l’eradicazione degli alberi infetti, alcuni dei quali veri monumenti della natura tutelati dalla legge 14 gennaio 2013 n.10 per il loro valore ambientale.

Ho voluto rivolgere qualche domanda a chi vive il territorio, Paolo Barberio, un tecnico e un olivicoltore in biologico, custode di un uliveto a Laterza, in provincia di Taranto.

  • Che cos’è la Xylella Fastidiosa?

La Xylella è una patogeno quiescente che ha preso piede nella fase di stress delle piante portandole (alcune) al disseccamento. Orbene, bisogna riconoscere il fatto che le pratiche gestionali degli ulivi soggetti a disseccamento non erano quelle corrette:

– Uso sconsiderato di diserbanti anziché arature meccaniche. L’aratura serve a rendere il terreno soffice e aerato, a distruggere le erbi infestanti, ad aumentare lo spessore del terreno a disposizione delle radici delle piante e a renderlo più adatto a ricevere l’acqua.

– Uso di prodotti cascolanti per la raccolta (per facilitare la caduta).

– Uso smodato della chimica che ha inibito la proliferazione degli antagonisti biologici del vettore della Xylella.

  • Quali sono i principali costi gestionali delle varie pratiche agricole?

Un aspetto che richiede alcune riflessioni. Un diserbo incide per 25-30 euro ad ettaro, mentre un lavoro di aratura costa 80-90. Le potature di ringiovanimento sugli alberi secolari costano 17-20 euro a pianta.

Implicite quindi le conseguenze per chi ha limitato al minimo indispensabile le spese di gestione. Per non parlare poi degli appetiti di alcune aziende chimiche che hanno già pronta la panacea antibiotica da iniettare ad ogni oliva del globo. Ci sono poi gli espansionisti edilizi e i loro piani di lottizzazione del Salento.

  • E’ necessario eradicare le piante infette o ci sono metodi agricoli alternativi per evitare che questo batterio si diffonda?

Ti rispondo citandoti l’esperienza di alcuni miei amici non agricoltori ma proprietari di 200 ulivi secolari tra Brindisi e Lecce. Dovendo necessariamente delegare all’ex mezzadro le incombenze gestionali, improvvisamente si sono trovati di fronte al fenomeno del disseccamento. Da li a poco mi hanno chiamato allarmati per sapere se i miei ulivi fossero stati infettati. Cosa che non è successa.

Mi sono comunque messo a disposizione con un trattore con un aratro a 7 dischi, con la mia logica e la mia esperienza. Dopo una leggera potatura abbiamo arieggiato la chioma e disinfettato con del solfato di rame (20 kili costano 16 euro) in misura del 3 %. Dopo tre mesi sulle branchette secondarie le prime nuove cacciate!

  • Siamo ancora in tempo per salvare degli ulivi secolari?

Assolutamente si, saremo sempre in tempo. Si deve solo ricominciare a fare le cose come si sono sempre fatte… il contagio si ferma curando suolo e piante: il suolo si rigenera con sostanze organiche e si ossigena,  le piante si disinfettano dopo la potatura leggera. La parola chiave causa del problema è l’ingordigia.

#buonepraticheday

Fonti: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ulivi-decimati-chi-c-dietro-mattanza-1101493.html
http://www.famigliacristiana.it/articolo/xylella-il-pm-mignone-non-posso-indagare-sul-convegno-di-bari-perche-ce-limmunita.aspx http://www.legambientepuglia.it/area-stampa/comunicati-stampa/586-prevenire-e-meglio-che-eradicare-buonepraticheday




Un esempio di imprenditoria giovanile. Ivan, Andrea, Matteo e Paolo: i Mastri Speziali.

Lo Zafferano in Brianza.

“L’agricoltura come ‘natura naturata’ ossia la natura che diventa oggetto, prende forma, grazie all’azione della natura stessa, l’uomo.”  Ivan Lalli

Ivan, Andrea, Matteo e Paolo, classe tra il 1986 e il 1991, rispettivamente di Parma, Messina, Milano e Roma. Quattro giovani che si sono conosciuti durante gli studi universitari, ora Mastri Speziali. Cosa fanno? Dal 2011 producono zafferano e derivati a Usmate Velate, nella campagna della Brianza. Una spezia conosciuta fin dall’antichità per le proprietà terapeutiche antiossidanti, antivirali e antibatteriche.

Sono andata a trovarli un po’ di tempo fa, ‘sul campo’, per conoscerli parlando con loro a tu per tu, come piace a me. Amo confrontarmi con i giovani che investono le loro energie in agricoltura. Sono formati dalle università ma hanno bisogno di supporto dalle istituzioni e da chi fa comunicazione. Molto si sta facendo ma molto serve ancora. Per questo, attraverso le loro parole, ora ve li farò conoscere.

Mastri Speziali

  • Tutto è nato dal vostro incontro durante il percorso universitario, ma anche dall’esperienza fatta da Ivan durante un viaggio nel Kashmir in India. Ivan tocca a te. Me ne parli’?

Innanzitutto devo sottolineare l’importanza del periodo universitario. Ho avuto la fortuna di incontrare una compagnia di ragazzi veramente appassionati al mondo agricolo e dell’agroalimentare che ci coinvolsero con un associazione, www.associazionecerere.it, nata apposta per vivere a fondo questa passione. Questo ha permesso che imparassimo a conoscere differenti realtà, esperienze e uomini che con il loro lavoro vivevano qualcosa di magico. Da qui nasce il nostro desiderio di poter fare un’esperienza simile e la baldanza nel lanciarci nella sfida delle spezie e dello zafferano.

Il viaggio in India è stato una conferma di tutto ciò. In parte perché mi ha fatto scoprire quanto siamo fortunati in Italia per come siamo educati a guardare una cosa semplice come il cibo e il lavoro, e ha rivestirli di un grandissimo valore; in parte perché trasferendomi proprio nella regione del Kashmir ho potuto vedere come l’uomo di fronte alla bellezza è più uomo: le zone dove si coltivava Zafferano erano infatti più “civili”, pur nel dramma del dominio dell’integralismo islamico (una notte hanno assassinato il barista da cui la sera prima avevo consumato alcolici).

  • Mi raccontate meglio come avete iniziato, ma soprattutto, quali sono state le maggiori difficoltà che avete incontrato?

Abbiamo iniziato al matrimonio di Andrea, quando attorno ad un tavolo io Matteo e Paolo ci siamo lasciati dandoci appuntamento alla settimana seguente per il primo di una lunga serie di incontri settimanali. Le difficoltà sono state soprattutto all’inizio. La ricerca di un terreno in affitto sembrava trasformarsi in un’odissea: bussammo a decine di cascine e aziende trovando solo porte chiuse.

Un altro momento difficile fu la costituzione della società: definire uno statuto che regolamentasse i rapporti tra quattro persone e di queste con lo stato non è stato semplice. Fortunatamente ci hanno presentato un bravo commercialista che aspira alla santità che ci sta aiutando tanto. L’ultimo episodio che racconto è la scelta delle confezioni e la loro grafica. L’essere in 4 poteva essere una difficoltà: 4 gusti differenti, 4 teste che vorrebbero mettere qualcosa di proprio nella creatura… Siamo riusciti a vedere tutto ciò come risorsa e a fare un ottimo prodotto.

MASTRI SPEZIALI

  • Ascoltandovi ho apprezzato i metodi di produzione agricola che avete adottano nel rispetto dell’ambiente. In particolare mi hanno interessato le tecniche di controllo dei fertilizzanti. Lascio a voi continuare…

Noi vorremmo adottare un approccio responsabile e razionale all’agricoltura. Quindi andiamo al di là delle mode nel coltivare la terra. Per esempio nella concimazione del campo per ora stiamo usando letame che è meno invasivo se vogliamo, in parallelo stiamo facendo dei test per cercare di definire al meglio gli elementi che lo Zafferano consuma per somministrarglieli in forma granulare che è più precisa. Infatti il letame ha dei grossi limiti: è molto disomogeneo nei contenuti e potrebbe o impoverire il terreno o rovinarlo liberando elementi in eccesso.

  • Da dove provengono i vostri bulbi, e come è avvenuta la scelta?

I nostri bulbi vengono un po’ dall’Italia un po’ dall’estero. Abbiamo e stiamo cercando la qualità. Non si può generalizzare. Ogni produttore lavora a suo modo. Noi abbiamo cercato un produttore italiano ma siamo rimasti delusi, con quello estero ci siamo trovati meglio.

Zafferano

  • Lo Zafferano in Brianza, diciamo una coltura non proprio legata al territorio. Scelta coraggiosa o consapevole?

In primis una scelta di cuore: la Brianza nasconde angoli che fanno proprio innamorare. Da qui con coraggio e consapevolezza dei rischi e delle fatiche, ci siamo lanciati in un mondo nuovo.

  • Ivan, torniamo a noi. Sei laureato in biologia tecnologica. Ti citerò le parole del filosofo olandese Baruch Spinoza (1632-1677): “La Natura non può essere considerata una cosa statica: al suo interno si esplica un’attività. (…) L’azione della Natura non può svolgersi che su se stessa, provocando però uno sdoppiamento fra soggetto (Natura naturans) e oggetto (Natura naturata). All’interno di questo processo dinamico della Natura emerge con chiarezza il problema del rapporto fra libertà e necessità.” Ti chiedo di approfondirmi una questione che abbiamo iniziato a discutere insieme durante la mia visita, mi riferisco agli OGM (Organismi Geneticamente Modificati). Un termine ormai demonizzato dai media. Come stanno realmente le cose per te?

Io considero l’agricoltura come “natura naturata” ossia la natura che diventa oggetto, prende forma, grazie all’azione della natura stessa, l’uomo. Non riesco ad abbracciare le mode, a vedere l’uomo come il cattivo della situazione. Io vedo che la natura ha leggi che non sono comprensibili in toto all’uomo. Nel corso della storia l’uomo ha cercato di addomesticarla.

In un rapporto continuo che non smette mai di crescere, demonizzare la ricerca, bloccare lo scambio di battute tra l’uomo e la natura non porta a niente di buono. L’uomo non è fatto per essere uno struzzo. Deve sempre cercare delle colonne da varcare.

Mastri Speziali
Produttori di Zafferano e derivati
www.mastrispeziali.com
mastrispeziali@gmail.com




La canapa, una pianta vista con sospetto, che i sospetti suscita su chi li crea.

Cannabis Sativa

Molti non sanno che fino ai primi del ‘900 noi italiani eravamo il secondo produttore mondiale di canapa per la quantità prodotta (secondi solo all’Unione Sovietica), e il primo per la qualità. Essendo allora un paese le cui economie erano prevalentemente agricole, dedicarsi ad una coltivazione altamente produttiva, resistente, e dalla crescita veloce, era una scelta opportuna ed economicamente conveniente.

La produttività della Cannabis Sativa, coltivabile legalmente per il basso contenuto di THC (tetraidrocannabinolo, sostanza psicoattiva prodotta dai fiori di cannabis), è data dai moltissimi prodotti che da essa si possono ricavare. Mi riferisco all’olio, alla farina, alla carta, ai materiali per l’edilizia, ai combustibili da biomasse e ai tessuti. A proposito di quest’ultimi, a Carmagnola, nel torinese, veniva coltivata e lavorata una varietà particolarmente apprezzata di canapa tessile. Parlo di un tessuto naturale che, con l’avvento delle fibre sintetiche, è stato soppiantato.

Dal punto di vista alimentare, i vantaggi nell’assumere cibi con derivati di canapa (semi, farine e olio), sono documentati da ricerche che ne confermano i benefici per l’organismo. Grazie ai grassi Omega 3 e Omega 6 si ha un effetto preventivo sui disturbi legati all’arteriosclerosi e alle malattie cardiovascolari.

Una pianta dalle molte risorse che, visti i presupposti, è da rivalutare ma soprattutto da coltivare. Siamo in tanti a spingere per ricostituire l’intera filiera che permetta all’Italia di riprendere questa tradizione che ci distingueva nel mondo. Molti lo stanno già facendo, come ad esempio Pasquale Polosa, socio fondatore di Canapa Lucana S.r.l.s. a Oppido Lucano, in provincia di Potenza. Dopo averlo contattato gli ho chiesto di raccontarmi la sua esperienza.

Canapa

Semi di canapa

  • Ciao Pasquale. Da circa tre anni insieme ad alcuni amici hai destinato dodici ettari di terreni alla coltivazione della canapa. Mi racconti come hai iniziato e che cosa ti ha convinto a investire in questa coltura che i più guardano ancora con sospetto?

Conosco da tempo le proprietà della canapa e i molteplici benefici che essa apporta all’uomo, agli animali e all’ambiente, e ne sono da sempre affascinato. Ho deciso di iniziare qualche hanno fa per portare in agricoltura un po’ di innovazione, con particolare interesse al benessere e all’ambiente, visto che ho scoperto che la sua coltivazione è legale. Quando un mio amico – e ora socio – che studiava economia ha presentato un progetto d’esame relativo alla coltivazione della canapa, insieme ad un altro amico comune, si è intrapreso questa strada.

  • Quali sono state le maggiori difficoltà che hai incontrato e che incontri tutt’ora nella conduzione della tua azienda agricola?

Il nostro obiettivo non era solo quello di coltivarla per noi, ma di coinvolgere più persone interessate a questa coltivazione e raggrupparle. Il problema è che una nuova coltura, con un mercato sconosciuto, non è una cosa semplice da far capire. Oggi possiamo dire che tutto questo è superato, essendo molte le aziende che coltivano e tante ancora quelle interessate. Ci sono ormai parecchi ettari di coltivazione all’attivo.

  • Come ho già scritto la canapa ha un’alta produttività. Quali sono le vostre produzioni?

Noi ne raccogliamo il seme, ricco di nutrienti e proprietà benefiche. Ne estraiamo l’olio che contiene Omega 6 ed Omega 3, numerose vitamine e sali minerali. La parte solida che ne rimane, va a molitura per fare la farina. Quest’ultima mantiene la parte proteica del seme, e soprattutto tutti gli amminoacidi essenziali. Con la farina si può fare tutto quello che normalmente viene fatto con altre farine. I nostri prodotti che vanno per la maggiore sono pasta e olio.

Canapalucana

  • Sei membro dell’associazione Assocanapa Basilicata. Che cosa si prefigge questa associazione e come interviene per far conoscere i benefici e gli utilizzi di questa pianta?

La nostra associazione è nata con lo scopo di promuovere, tutelare e diffondere la coltivazione della canapa e il suo impiego nei vari settori produttivi. Puntiamo a farne conoscere le proprietà e i tantissimi utilizzi possibili. Per questo organizziamo eventi sociali e informativi che ci rapportano spesso con enti e istituzioni, e diamo supporto agli agricoltori che sono propensi o che già coltivano la canapa.

  • La canapa contribuisce a risanare i terreni inquinati. Com’è la salute ambientale in Basilicata?

Credo che un po’ in tutto il mondo l’ambiente sia compromesso, purtroppo per diversi fattori. L’agricoltura intensiva è una delle cause; la canapa, in questo senso, può aiutare a risolvere alcuni problemi. In questo momento la preoccupazione più grande per la Basilicata e per il suo futuro, è l’aumento delle estrazioni petrolifere che alcuni vorrebbe attuare. Ci sono già alcune aree critiche nella regione, e con questa azione, si rischierebbe di crearne altre. Questo problema non riguardando solo la Basilicata, sta mobilitando persone e associazioni di molte regioni d’Italia decise a lottare per tutelare i territori e l’ambiente.

  • Amo, studio e ricerco tutto ciò che riguarda la medicina naturale. Per questo motivo non posso che favorire il consumo dei derivati della canapa anche in cucina.  Quando ne ho l’occasione infatti, cerco di stimolare i cuochi affinché usino questi prodotti nelle loro preparazioni. Nella tua azienda organizzi eventi in tal senso?

Si. Nell’arco dell’anno con l’associazione organizziamo diverse feste ed eventi, sia sul campo, quando facciamo la giornata del raccolto e le visite nei campi, sia sul territorio con sagre, feste ed eventi degustativi.

– Alcune Norme che disciplinano la sua coltivazione:

Reg. del Consiglio n. 1234/2007
Reg. del Consiglio n. 73/2009
Reg. della Commissione n. 1122/2009
Reg. del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1307/2013

www.canapalucana.it
info@canapalucana.it

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