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Un agronomo contadino con la ‘zappa in mano’ prestato alla birra!

Siamo a Carate Brianza, nel Birrificio Menaresta fondato da Enrico Dosoli, birré e paisan (birraio e contadino). Insieme ad un gruppo di appassionati birrofili, accomunati da un’anima popolare e una agricola, produce birra, anzi, birre e sidri (meglio usare il plurale)!

Prima di raccontarvi com’è andata la mia visita in birrificio, e soprattutto quali sono stati i miei assaggi preferiti, voglio fare un breve ripasso. Si, perché scegliere una birra adatta ai nostri gusti implica curiosità, conoscenza e qualche riflessione. In effetti, se un tempo ci si limitava alla scelta tra una bionda e una rossa, oggi, vista la crescente offerta di tipologie di birre proposte, la selezione è certamente un po’ più impegnativa. Ovviamente la scelta a cui mi riferisco è diretta in particolare alla birra artigianale, una bevanda alcolica prodotta con cereali che il mastro birraio personalizza con il suo estro e la sua esperienza. Un prodotto vivo non pastorizzato (processo di conservazione) e non microfiltrato (ricco di sostanze proteiche) che, se bevuto consapevolmente, è naturale e salutare.

Come da definizione del Ministero delle politiche agricole “Si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e microfiltrazione. Ai fini del presente comma si intende per piccolo birrificio indipendente un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza e la cui produzione annua non superi i 200mila ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di prodotto per conto terzi.” 

Una scelta che ci permette di orientarci anche verso lo ‘stile della birra’, termine con il quale si diversifica questa bevanda alcolica in base alle peculiarità, agli ingredienti, al metodo di produzione, al colore, alla gradazione alcolica e alla storia. Fortunatamente agli appassionati birrofili viene anche in aiuto la ‘Carta delle birre’, un utile strumento sempre più presente nei locali che facilita la selezione in base all’esigenza di gusto del momento. Di fatto, degustare una birra comporta un’analisi visiva, olfattiva e gustativa, esattamente come quella per il vino. In aggiunta, nella birra, si osserva anche la quantità e la tenuta della schiuma, necessaria per evitare l’ossidazione della stessa, e la conseguente alterazione dei profumi. A questo proposito è fondamentale l’utilizzo di bicchieri puliti senza l’ausilio di saponi grassi e brillantanti, che ‘uccidono’ la schiuma, e modificano l’aromaticità. Bicchieri diversi in base alla tipologia della birra da sciacquare sempre prima dell’utilizzo.

Ebbene, ho fatto questa premessa perché scegliere e degustare una birra artigianale richiede le giuste considerazioni. Esattamente come per l’ultima birra che ho scelto e ho assaggiato nella tap-room del Birrificio Menaresta di Carate Brianza. Ops… ho detto birra?! Meglio usare il plurale! In effetti, per dirla tutta, l’infinita varietà della loro produzione non mi ha facilitato, o meglio, prima di trovare la mia birra giusta, mi ha portato a fare molti assaggi tra birre ‘creative’ nate da un’ispirazione o una storia, birre ‘speciali’ nate da stili birrari e innovazione, birre ‘barricate’… sour, wild, barrel aged. A queste, poi, si aggiungono le birre single batch e le collaboration beers, per una produzione in continuo divenire. Mica è finita qui… ci sono anche i sidri (fermentati alcolici di succo di mele, nel loro caso di mele biologiche di Valtellina), prodotti in partnership con Marco Colzani, enologo e produttore artigianale di succhi (ma questa è un’altra storia…).

A questo punto vi chiederete quale birra ho scelto? Ebbene, anche se il mio cuore non tradirà mai la mia passione per il vino, ci sono momenti in cui la birra la fa da padrona. Detto ciò, tra i miei assaggi, la favorita è stata la Verguenza, una birra ‘speciale’ in stile double I.P.A. ambrata, profumata e straluppolata!

Ho trovato molto interessante anche la Lamberwine, Barley wine, “vino” d’orzo. Birra importante di tradizione anglosassone che i bravi mastri birrai di Menaresta invecchiano in botti di Dailuaine, whisky scozzese distillato sulle sponde del fiume Spey. Una birra liquorosa da sorseggiare lentamente, dal color brunito e dai sentori di miele e caramello. Una birra da meditazione (alc. 13,5%), da abbinare ad un buon cioccolato fondente in serate in cui ci si vuole coccolare.

Un birrificio con evidenti richiami al territorio: la scelta del nome si rifà alla sorgente del Lambro, il logo riproduce la ‘Sperada Lombarda’, tradizionale acconciatura femminile utilizzata in Brianza fino all’inizio del ‘900. È situato in una vecchia area industriale (ex fabbriche Formenti), denominata “Distretto del Gusto”, per l’interessante e comprensibile destinazione d’uso dei suoi padiglioni.

Menaresta, una realtà produttiva nata nel 2007 dalla passione di Enrico Dosoli per i prodotti agricoli e la loro trasformazione. Agronomo birraio durante la settimana, e contadino ‘con la zappa in mano’ durante il suo tempo libero al seguito di un’Anatra Stonata, l’azienda agricola della moglie. Una passione per la birra maturata durante gli anni di studio alla Facoltà di agraria di Milano, ma soprattutto, dopo la frequentazione di corsi formativi e collaborazioni presso aziende per la progettazione e il collaudo di impianti di birrificazione.

“Tutto è iniziato, in fondo, con un pugno di malto in un catino…”

Con lui Marco Rubelli, bottegaio cantastorie. In collaborazione: Oscar Mancin, tecnico birraio, Andrea Pagani, cantiniere, Lorenzo Scardoni, the tradesman e Arianna Dalmiglio e Michela Marelli, in tap room.

Convivono in noi due anime: quella “popolare” e agricola, un po’ goliardica e irriverente, che si è tradotta in spontaneità e originalità, e quella tecnica e professionale, derivante da studio e continua ricerca. Ciò ha portato alla creazione di birre sempre “di carattere”, in cui si fondono insieme l’ispirazione tratta dalle storie personali e dalla natura, l’abilità e la conoscenza brassicola e la volontà un po’ scanzonata di proporre sempre il massimo livello qualitativo senza però prendersi mai troppo sul serio, con autoironia e divertimento, e il desiderio vivo, per ogni birra, di raccontarci sopra anche una storia, arricchire il prodotto, oltre che di bontà, anche di aneddoti e contenuti.

Oltre al birrificio ho avuto il piacere di visitare anche la loro bottaia, la Caution Barrication Area. Un luogo speciale per chi come me ama queste atmosfere. Un ambiente in cui è protagonista il legno – utilizzato più come contenitore che conferitore – dedicato dal 2009 alla maturazione e produzione di birre sour e barrel aged.

Un pomeriggio di assaggi e conoscenza passato in allegria con anime romantiche che producono birra di qualità con materie prime selezionate e con costanti collaborazioni sul territorio, per la promozione e la valorizzazione del settore brassicolo artigianale brianzolo.

Abbiamo inventato la birra fermentata col lievito madre, utilizziamo ingredienti anche particolarissimi, ma produciamo anche birre in stile che hanno fatto la storia brassicola in Italia. Siamo forse poco attenti al marketing, poco presenzialisti, ma spacchiamo il capello in quattro per la qualità e non abbiamo paura di lasciare libere le briglie dell’ispirazione! Per questo gli appassionati (ma anche un pubblico più ampio) ci conoscono e ci stimano.” Enrico Dosoli.

Birrificio Menaresta   www.birrificiomenaresta.com 

Piazza Risorgimento, 1 (entrata al civico n. 4) – Carate Brianza (MB)

 




Gradite un assaggio di Kümmel?

La prima volta che ho sentito menzionare il ‘Kümmel’ è stato a Cortina d’Ampezzo. Un termine che non conoscevo usato da un’anziana ma arzilla signora, la cara Franca, che nel calore della sua tipica casa ampezzana ha saputo intrattenermi con racconti di viaggi, e con l’assaggio di deliziose preparazioni erboristiche da lei preparate. Passioni comuni – i viaggi e le erbe spontanee – che hanno portato due donne, sia pur di generazioni diverse, a scambi di esperienze e condivisioni di pensieri. Inutile raccontarvi come i disegni del destino a volte mi stupiscono, al punto da condurmi verso la conoscenza di persone che sento molto vicine per le similitudini e gli interessi comuni. Persone mai incontrate prima, con le quali entro in una tale sintonia che con altre, nonostante l’assidua frequenza, difficilmente raggiungo.
 
Franca, donna saggia e di grande cultura, si è trasferita da Treviso a Cortina d’Ampezzo ormai da molti anni. Dalle sue parole ho capito quanto sia grande l’amore per questa cittadina situata nel cuore delle Dolomiti, che in un certo senso l’ha adottata. Quel giorno, dalla finestra della sua cucina, ho potuto ammirare le bellezze paesaggistiche e le alte vette della Valle d’Ampezzo, che rendono questa rinomata località unica e speciale. È in questa atmosfera che ho conosciuto Franca e che ho assaggiato il Kümmel, un liquore aromatizzato con i semi di cumino dei prati, che ha suscitato la mia attenzione per il gusto e per le sue origini antiche.
 

Amando particolarmente i liquori di erbe officinali, che io stessa di tanto in tanto preparo, dopo l’assaggio non ho esitato un attimo a chiedere a Franca la ricetta. Lei, dopo aver recuperato un taccuino con preparazioni rigorosamente scritte a mano, come un tempo si faceva, mi ha raccontato che le dosi le erano state date da una signora molti anni addietro. Ricette della tradizione tramandate di generazione in generazione, che non vanno perse. È questo il motivo che mi porta a condividere preparazioni tipiche, insieme ai ricordi di chi me le ha trasmesse.
 
Ingrediente principale del Kümmel (dal latino cuminum) è il cumino dei prati, una spezia molto popolare proveniente da una pianta erbacea biennale originaria dell’Asia. In passato era molto usata perché si credeva che il suo uso costante rafforzasse il rapporto con la persona amata. Sarà il caso di riutilizzarla? 😉  Battute a parte, il suo utilizzo è consigliato per le sue proprietà digestive, carminative e antinfiammatorie.

Ma ora passiamo alla preparazione.

In un contenitore di vetro a chiusura ermetica in cui si è posto un litro di alcool puro a 95 gradi unire:

• 50 grammi di cumino
• 25 grammi di anice verde
• 12 grammi di anice stellato
• 12 grammi di semi di coriandolo
• 10 grammi di chiodi di garofano

Chiudere il contenitore e far riposare al buio per dieci giorni avendo cura di agitare il composto quotidianamente. Una volta passato il tempo, preparare uno sciroppo facendo sciogliere in un litro di acqua 700 grammi di zucchero. Unire i composti, e, prima di assaggiare il liquore ottenuto, lasciare riposare al fresco per un mese. Profumato, delicato e digestivo. Ve lo consiglio!




Birra artigianale… se la conosci, la bevi con più gusto!

Intervista a Silvio Coppelli, socio del Birrificio Rurale di Desio (MB).

Lo dico spesso… chi semina raccoglie, anche con i figli. Il mio, ad esempio, a furia di sentirmi parlare di scelte consapevoli e di produzioni di qualità, è diventato molto più attento nei suoi acquisti. Si tiene informato, ha spirito critico, ma soprattutto ricerca buoni assaggi. Col tempo, saranno le esperienze gustative e la sua buona curiosità a fare il resto.

Tra le produzioni che predilige c’è la birra artigianale, una bevanda che raccoglie sempre più consensi, sia tra i giovani che i meno giovani. A dir la verità ho il sospetto che prima o poi se la farà da solo! Parlandone insieme mi sono resa conto però che il suo approccio al mondo della birra non è ancora del tutto consapevole.

La birra è un prodotto vivo, e conoscerla è una vera esperienza che affascina e che permette di berla con più gusto.

È stato questo il motivo che mi ha convinto ad organizzare insieme a lui una visita al Birrificio Rurale di Desio. Una realtà produttiva in provincia di Monza e Brianza, che dal 2009, ha trasformato la passione di un gruppo di amici birrofili in un’attività di produzione artigianale. Grazie alla guida esperta di Silvio Coppelli – birraio e socio del birrificio – ha potuto seguire le varie fasi che portano alla produzione della birra, e nel contempo, a comprenderne meglio il glossario. Una conoscenza che oltre ad aver arricchito la sua cultura birraria, gli permetterà di orientarsi con più consapevolezza verso la qualità.

Qualche dato relativo al 2017, un anno di crescita per la birra italiana. (fonte AssoBirra)

  • Consumi di birra pro-capite: 31,8 litri (nel 2007: 31,1 litri)
  • Produzione: 15,6 milioni di hl (nel 2007: 13,4 milioni di hl)
  • Export: 2,7 milioni di hl (nel 2007: 1.1 milioni di hl)
  • Import: 6,4 milioni di hl (nel 2007: 6,1 milioni di hl)
  • Percentuale sui consumi: 37,6% fuori casa – 62,4% in casa (nel 2007: 45,5% fuori casa – 54,5% in casa)

Ciò premesso, passo la parola a Silvio Coppelli.

  • Silvio, direi che un po’ di ripasso sul significato dei termini fa sempre bene. Cosa si intende per birra artigianale?

Ti riporto la definizione che recentemente è stata approvata in Parlamento: “Si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti, cioè non legati economicamente e legalmente ad altri birrifici, la cui produzione non superi i 200mila ettolitri/anno e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e microfiltrazione.” Da parte mia aggiungerei ‘romanticamente’ una birra in cui si riconosce la mano del birraio, ma capisco che questo non sia possibile da parametrizzare.

  • Come avviene la degustazione della birra?

La degustazione coincide bene o male con quella del vino: analisi visiva, analisi olfattiva e analisi gustativa; nel caso della birra la visiva è un po’ più dettagliata, perché oltre al colore si valutano limpidezza, quantità di schiuma e tenuta della stessa. Per il resto si descrivono i profumi (e a volte i difetti), corpo, gusto, sensazioni boccali, equilibrio e, ovviamente, piacevolezza.

  • Bere birra spillata o semplicemente versata? Quali sono le differenze?  

Birra spillata o versata le differenze sono minime se ‘ben spillata’ e ‘ben versata’! In alcuni casi ci possono essere piccole differenze tra birra in fusto e birra in bottiglia, per esempio in caso di birre rifermentate, date dal differente volume in cui avviene la rifermentazione.

  • Ogni birra richiede il bicchiere giusto. Dico bene?

Anche per le birre vale la regola del bicchiere adatto alla tipologia di birra; ci sono birre che devono preservare i profumi delicati e che prediligono bicchieri ad apertura stretta e birre che devono ossidarsi leggermente e necessitano bicchieri più ampi; io ritengo però che con 3-4 tipi di bicchieri si possa garantire un buon servizio per il 90% delle birre.

  • La presenza della schiuma sulla birra è necessaria?

Assolutamente! Se si esclude la tipologia delle Ale inglesi che per tradizione ne prevede pochissima (e infatti la birra si ossida leggermente) la schiuma serve per proteggere la birra dall’ossidazione che altera i profumi, soprattutto quelli legati ai luppoli.

  • Birre chiare poco alcoliche, birre scure molto alcoliche… leggenda o verità?

Assolutamente falso! Il colore di una birra è dato sovente da una piccola quantità di malti tostati nella miscela; il grado alcolico è dato dalla quantità di malto utilizzato, non dalla composizione della miscela degli stessi; per fare un esempio, la Duvel è una birra di un bel dorato brillante con una testa di schiuma bianchissima, ed ha oltre otto gradi alcolici, mentre una classica Stout, nerissima, ne ha poco più della metà. Il consumatore è spesso ingannato perché in effetti diversi stili birrari di elevato grado alcolico, hanno colorazioni che vanno dall’ambrato carico al testa di moro, ma, ripeto, non è assolutamente scontato.

  • Chi serve birra raramente è preparato con dei corsi di formazione. Quanto incide nella degustazione una birra servita male, e in questo caso, come andrebbe servita?  

Un buon Publican deve assolutamente saper servire una birra correttamente, è il suo lavoro! Una birra servita male è assolutamente ‘non degustabile’ ma solo ‘bevibile’. Non ha senso degustare una tipologia di birra servita ad una temperatura sbagliata piuttosto che nel bicchiere sbagliato, o versata senza la sua corretta testa di schiuma. Inoltre il bicchiere deve essere sempre pulito e non lavato con brillantante, perché uccide la schiuma. Va sempre sciacquato prima di versare la birra.

  • Dai dati di AssoBirra – l’Associazione dei Birrai e dei Maltatori emerge la tendenza degli italiani di prediligere il consumo di birra a casa rispetto al consumo fuori casa. Qual è la tua esperienza a proposito, e quali i consigli per conservarla al meglio?

Visto che in questo caso si parla di birra in generale, e non solo di artigianale, a parer mio il fenomeno è dovuto purtroppo al costo; la situazione economica di questi anni si fa sentire e ormai tra grande distribuzione, shop on line e, più professionalmente, beer shop, il consumatore dispone di un’ampia possibilità di provare birre che fino a qualche anno fa si trovavano solo nei locali specializzati, a un costo decisamente più accessibile. Per quanto riguarda la birra artigianale – che già di suo ha dei costi ‘importanti’ – ma ha dei consumatori disposti a spendere un pochino di più, penso che una piccola parte dello spostamento del consumo tra le mura domestiche sia dovuto ad un crescente interesse per la degustazione, e, spesso, in un luogo pubblico non c’è la necessaria tranquillità per un’analisi approfondita del prodotto. Comunque ritengo che una buona birra, servita con cura in un locale ben gestito, sia sempre un gran piacere che ci si dovrebbe togliere spesso!

Per quanto riguarda la conservazione l’ideale sarebbe al buio, e fin qui è abbastanza facile, e a temperatura il più possibile costante; al di sotto dei 15 gradi direi si possa stare abbastanza tranquilli, anche se tengo a precisare che la maggior parte delle birre danno il meglio se bevute giovani, e per questo, non ha molto senso conservarle a lungo.

  • Micro birrifici: in Italia superano la quota 850, di cui per la maggiore presenti in Lombardia. Un successo di numeri e di produzioni che vanta anche il primo stile birraio italiano – l’Italian Grape Ale – che ha portato alla produzione di una birra con un ingrediente proveniente dalla filiera dell’uva del vino. È tra i vostri progetti futuri?

Per il momento è uno dei tanti progetti – tra l’altro molto interessante – ancora allo stato embrionale.

  • Da gennaio 2019 ci sarà un ulteriore riduzione delle accise sulla birra. Una notizia positiva che premia il vostro lavoro. Credo però che anche una semplificazione burocratica sarebbe ben accolta. Quali sono le vostre difficoltà maggiori a tal proposito?

La riduzione delle accise è certamente una buona notizia. Per quanto riguarda la burocrazia, lo sappiamo, è un problema comune a tutte le attività; nel nostro settore, in più, al momento c’è ancora parecchia confusione per quanto riguarda registri, dichiarazioni varie, sistemi di inoltro delle stesse oltretutto non regolate in modo uniforme sul territorio. Unionbirrai sta facendo parecchio in questo campo, ma ci vorrà ancora un bel po’ di tempo.

Riprendo la parola…

Birra artigianale, un trend in continua crescita che vede protagonista soprattutto giovani realtà imprenditoriali. L’avvio del corso di laurea in Tecnologie Birrarie all’interno della laurea triennale in “Scienze e Tecnologie Agroalimentari” ne è la riprova.

Birrificio Rurale  www.birrificiorurale.itVia del Commercio 2,  Desio (MB)

 




Il mio incontro con Simonetta Varnelli, custode di tradizione nella più antica distilleria delle Marche.

Distilleria Varnelli, antica casa liquoristica marchigiana.

Quest’anno la mia estate è iniziata viaggiando tra Abruzzo e Marche. Due regioni colpite nel cuore dal terremoto che stanno lentamente cercando di ripristinare i giusti equilibri. Non è facile far vincere le paure alle persone quando è la natura a decidere. Solo l’amore per il proprio territorio e la vicinanza della gente da coraggio e nuova vitalità per continuare. Per questo, dopo aver passato del tempo in Abruzzo, mi sono fermata nelle Marche. Una presenza, o meglio, un’esigenza che sentivo di dover soddisfare.

“Nelle Marche si vive bene”

E’ questa la risposta che mi è stata data più volte dalla gente del posto. Un’affermazione che condivido e che mi riporta ad una terra a cui sono legata per la bellezza delle coste e dell’entroterra. Sole, mare, verdi colline e immense distese di girasoli. Ma non solo…

I girasoli delle Marche

Nei giorni passati in questa regione, ho voluto dedicare una parte del mio tempo ad un’antica casa liquoristica che apprezzo per l’artigianalità delle sue produzioni. Mi riferisco alla Distilleria Varnelli di Muccia, in provincia di Macerata. Un’azienda storica che, come molte altre della zona, circa un anno fa ha subito alcuni danni conseguenti alle scosse di terremoto. Segni ancora evidenti che richiedono sveltezza burocratica per la messa in sicurezza, ma anche e soprattutto, per chi vive le realtà produttive locali, coraggio, tenacia e valorizzazione del territorio. Sono questi i temi che ho trattato con Simonetta Varnelli. Una donna che mi ha accolto con gentilezza e che ho apprezzato per il carattere e per la semplicità. Insieme alle sorelle gestisce un’azienda familiare tutta al femminile. Una distilleria – la più antica delle Marche – fondata nel 1868 da Girolamo Varnelli a Cupi di Visso (MC), che da ben quattro generazioni si contraddistingue per la continuità fedele di una tradizione.

Durante la nostra chiacchierata, ho riscontrato in Simonetta quella risolutezza che ritengo possa essere utile per la tutela del territorio. Sensazioni che mi hanno indotto ad invitarla a proporsi per un ruolo istituzionale. In realtà, dalla sua risposta, ho compreso che la conduzione dell’azienda e l’attenzione e il piacere delle responsabilità familiari, non hanno mai prevalso sulla possibilità di intraprendere una percorso alternativo.  Oltre che di queste personali scelte di vita, si è discusso anche di quanto – in tema di costruzioni – si potrebbe fare e soprattutto migliorare, per ovviare a situazioni future che potrebbe nuovamente stravolgere un paese dai rischi sismici come il nostro. Questioni da affrontare seriamente per evitare di continuare a “curare” più che a prevenire.

Passeggiando nel cuore operativo della distilleria storica tra profumi di erbe officinali, radici e grandi quantità di miele dei Monti Sibillini,  Simonetta mi ha descritto le tecniche di produzione che nel rispetto della tradizione e della materia prima, seguono con cura e precisione scrupolosa i metodi e le antiche ricette originali di un tempo.

Una visita in una casa liquoristica storica che desideravo fare da tempo, che mi ha permesso di vivere con curiosità ed emozione un’esperienza che darà certamente ai miei assaggi – consapevoli e responsabili – una soddisfazione ed un piacere diverso. Merito della storia, della tradizione e della grande abilità degli artigiani italiani del gusto.

Distilleria Varnelli – www.varnelli.it

Via Girolamo Varnelli, 10 Muccia (MC)

 




Elisir di China. Una pianta dalla corteccia virtuosa.

Quando si parla di liquori, di amari o di elisir terapeutici, la mia attenzione improvvisamente viene calamitata verso un mondo di piante, di radici e di cortecce, che fin dai tempi antichi, l’uomo usa per curarsi. Un mondo misterioso, quasi segreto, che sa svelarsi a coloro che nel rispetto della natura, ricercano elaborando misture e preparazioni. Parlo di ricette segrete, tramandate nei secoli di generazione in generazione. Erbe medicinali sapientemente dosate, che, attraverso i conoscitori del mondo vegetale, hanno distinto le officine farmaceutiche di un tempo.

Una branca, la fitoterapia, dal greco phytón (pianta) e therapéia (cura), che mi affascina sempChina Clementire di più. Sono molte queste preparazioni artigianali nate da saperi antichi. Il merito va alle piccole distillerie e agli opifici sparsi per l’Italia, che danno continuità a ricette storiche e a produzioni di nicchia, da custodire e da rivalutare.

Una di queste è l’antico “Elixir di China” della Farmacia del Dottor Giuseppe Clementi, esperto botanico di Fivizzano, in provincia di Massa e Carrara. A tutt’oggi, la Farmacia conservata ancora con cura la preziosa ricetta risalente al 1884 alla quale, nel 1911, venne conferita la Medaglia d’oro all’esposizione agricolo-industriale di Roma, quattro anni dopo la morte del farmacista.

La China (Cinchona), una pianta sempreverde originaria della regione amazzonica delle Ande, diffusa in Europa dai Gesuiti. China, dal termine inca “kinia”, corteccia. Grazie alle proprietà terapeutiche degli alcaloidi, sostanze organiche di origine vegetale con proprietà curative presenti nella sua corteccia, da secoli viene utilizzata in erboristeria. Le cortecce di china si distinguono in base al loro colore: gialla (Cinchona ledgeriana), rossa la varietà più pregiata (Cinchona succirubra), e grigia (Cinchona officinalis).

Ci sono molte leggende chCinchonae riconducono alla sua scoperta. Una di queste racconta che un indio, affetto da anni da febbri frequenti, dopo aver placato la sete con l’acqua di una palude in cui erano presenti piante di china, guari in breve tempo. Comunque sia, la documentazione scientifica e i testi relativi agli studi sulle sue proprietà, sono ampiamenti diffusi.

In particolare se n’è fatto largo uso per la sua capacità risolutiva nella cura della Malaria, problema sanitario assai diffuso durante il XIX secolo. Fu il Dottor Francesco Torti, con il suo trattato “La terapia speciale delle febbri perniciose”, pubblicato nel 1712, a diffondere l’utilizzo del chinino, il principio attivo della corteccia, unico farmaco antimalarico dell’epoca.

Fortunatamente le febbri malariche sono un ricordo lontano. Per certo, la China è una pianta dalla corteccia virtuosa che, grazie alle sue proprietà, aumenta la secrezione dei succhi gastrici e favorisce la digestione. Degustare l’Elixir di China con il suo bel colore ambrato, è un piacere per gli occhi, per l’olfatto e per il palato.

Fonti: Opificio Clementi  www.chinaclementi.it




Ricette di famiglia: le rispolveriamo?

Avete una ricetta di famiglia che vi tramandate da generazioni? Ebbene, se l’avete, forse è il caso di rispolverarla. Potrebbe piacere a tal punto da diventare una specialità e un’opportunità per il vostro futuro.

Pavarotti Restaurant MuseumCosì è stato per Ugo Tassinari e  per sua moglie Paola Rossi. Insieme hanno deciso di ‘rispolverare’ una preparazione di famiglia tramandata da più generazioni a base di albicocche. Un liquore artigianale presentato qualche sera fa al Pavarotti Milano Restaurant Museum, un luogo di musica e di gusto dedicato ad un uomo che con la sua voce ha emozionato il mondo: Luciano Pavarotti.

Le ricette di famiglia fanno parte della nostra storia. Eredità legate a un territorio tramandate da generazioni da conservare e tutelare. Siamo a Disvetro, piccola frazione di Modena. Ugo Tassinari, dipendente pubblico, dopo i molti consensi ricevuti per la sua preparazione casalinga, tra cui in particolare quello del Signor Bonollo (produttore di grappa veneta), ha deciso di avviare una vera produzione da proporre sul mercato.

Un liquore, Albicò, senza conservanti ne coloranti dalla moderata gradazione alcolica, prodotto artigianalmente con albicocche provenienti dalla Romagna o dal Ferrarese. In un momento difficile come questo ci vuole passione e coraggio per intraprendere un’attività imprenditoriale. Per certo, produrre artigianalmente e con buone materie prime sicuramente aiuta. Ne ho parlato qualche giorno fa con Ugo e sua moglie Paola. Dopo averli ascoltati ho posto loro una sola domanda.

  • La passione vi ha cambiato la vita. Il coraggio vi ha trasformato in imprenditori. Quali sono i consigli che vi sentite di dare a chi vuole intraprendere la vostra strada?

Cinzia, sì, hai ragione, per me e per mia moglie la passione ha cambiato la vita in positivo. Non solo nell’aspettoUgo Tassinari e Paola Rossi economico che per noi rappresenta il futuro di nostra figlia, ma per tutte le bellissime esperienze e soddisfazioni che stiamo vivendo.

Essere ospiti al “Pavarotti Restaurant” per presentare Albicò ad un pubblico di giornalisti ed esperti del settore è stata una soddisfazione ed un’emozione indescrivibile. Non nascondo di aver passato giornate di delusione e di sconforto, soprattutto all’inizio. Quando si avvia un’attività da zero, le difficoltà sono tante e reali, soprattutto quelle burocratiche.

Nei momenti negativi ripetevo a me stesso: “Solo un matto come me si può mettere in proprio in questo periodo critico”. E’ stata la tenacia e la convinzione nel credere nella qualità del mio prodotto che mi ha fatto andare avanti.

L’unico consiglio che posso dare è di decidere con calma e con serietà, soprattutto se avete una famiglia. Parlatene insieme, cercando di valutare tutti i riscontri possibili, sia positivi che negativi. Valutate le vostre possibilità, sia economiche che di tempo. Chiedete consiglio o parlate della vostra iniziativa con associazioni di categoria o di professionisti del settore. Comunque sia, la decisione spetterà sempre a voi. Sarà determinante per il vostro futuro e per quello della vostra famiglia, quindi rispettatela, cercando di rimanere sereni.

www.albico.it




Birra artigianale: siete certi di saperla riconoscere?

Birra artigianale, una bevanda alcolica prodotta con cereali, un prodotto vivo non pastorizzato (processo di conservazione) e non microfiltrato (ricco di sostanze proteiche), che negli ultimi anni è stato rivalutato grazie all’entusiasmo di produttori e appassionati. Una bevanda tra le più antiche, il cui successo è espresso in Italia dal numero in crescendo di micro birrifici: ben 600 contro i 30 di dieci anni fa (dati Coldiretti).

Come sempre la passione e l’attenzione per le materie prime giocano un ruolo determinante nelle produzioni di qualità. Sono molte infatti le persone che, grazie all’impegno e alla voglia di fare, si sono trasformate negli anni da semplici appassionati a Mastri birrai. Un fenomeno che ha permesso una vastissima offerta sul mercato di birre artigianali.

Fiori di luppolo macinati e tritati

Fiori di luppolo macinati

Fatta questa premessa mi chiedo:

Siamo certi che il consumatore sappia riconoscere il frutto di tanto impegno? A garanzia del prodotto e a tutela del lavoro del produttore è sufficiente leggere la parola ‘artigianale’ sull’etichetta?

Domande che ho rivolto ad Agostino Arioli, Fondatore e Birraio del “Birrificio Italiano” di Limido Comasco, in provincia di Como. Dopo averlo incontrato durante una serata in cui ho assaggiato le sue produzioni, sono andata a trovarlo nel luogo in cui nasce la sua birra, un prodotto a cui si è appassionato durante gli studi di agraria.

Agostino Arioli

Agostino Arioli

Nel corso della visita l’ho ascoltato con attenzione nella descrizione dei vari passaggi, che trasformano gli zuccheri contenuti nei cereali in alcol.  Per chi vuole approfondire consiglio la lettura di questa pagina: Come nasce una birra?

Al termine, in sala degustazione, abbiamo parlato delle scelte non facili dei consumatori. Come ho già scritto, il successo delle birre artigianali ha velocemente moltiplicato il numero dei produttori e dei prodotti offerti. Per chi vuole un’autentica birra artigianale il consiglio è di leggere bene le etichette. Quando è chiaramente specificato “birra non pastorizzata e non microfiltrata” si ha una prima garanzia dell’artigianalità del prodotto. Poi, come sottolineo sempre, quando ne avete occasione partecipate a degustazioni e a visite in azienda. Metodo insostituibile di scoperta e conoscenza.

Birrificio Italiano

Birrificio Italiano

Un’ultima precisazione: la birra si distingue in base allo stile, termine con il quale si diversifica questa bevanda alcolica in base alle caratteristiche, agli ingredienti, al metodo di produzione, al colore, alla gradazione alcolica e alla storia. Come dice Agostino, ci sono birre che vanno bevute col cuore ed altre che vanno bevute con la testa.

Ho concluso la mia visita con due degustazioni. Con la testa ho assaggiato la Birra ‪‎Scires‬‬ barricata: ambrata, in stile Kriek e aromatizzata con ciliegie di Vignola.

Birra ‪‎Scires‬‬ barricata

Birra ‪‎Scires‬‬ barricata

Con il cuore mi sono dedicata all’assaggio di una Birra scura WuDù “L’Originaria”, a base di grano Weizen Dunkel.

Quale ho preferito? La risposta è semplice. Io vivo la mia vita col cuore e con la testa.  La scelta della birra, esattamente come per il vino, dipende dal momento.

Birra scura WuDù “L’Originaria”

Birra scura WuDù “L’Originaria”

Birrificio Italiano
Via G. Marconi 27
Limido Comasco (CO)
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Verbena odorosa, da annusare, ma anche da bere.

Per chi ama i liquori alle erbe.

Conoscete la Verbena Odorosa? Mi sto riferendo ad una pianta chiamata anche Erba Luigia, Erba Limonaria o Erba Cedrina, dalle foglie profumate e dalle tante virtù terapeutiche.

Il suo olio essenziale, infatti, è utile per i disturbi di origine nervosa e per tutti quei malesseri legati alla stanchezza psicofisica. Ottimi motivi per tenerla a portata di mano in giardino o sul balcone.

Se poi come me, amate i liquori alle erbe, potrete utilizzare le sue foglie per preparare facilmente un piacevole elisir profumato dal color verde brillante.

Verbena– Far macerare in mezzo litro di alcool etilico a 95° una manciata di foglie.

– Lasciare riposare  il composto al fresco e al buio per 15 giorni.

– Agitare la soluzione più volte al giorno per far si che le foglie siano sempre immerse nell’alcool.

– Una volta passato il tempo, filtrare e aggiungere uno sciroppo dolce che preparerete facendo bollire mezzo litro d’acqua con 300 grammi di zucchero.

– Lasciare nuovamente riposare il composto al fresco per un mese, e, una volta pronto, servire ben freddo.

Mi saprete dire… 😉

Liquore alla citronella




Zingiber hot pepper, un drink piccante per l’estate, ma… a base di zenzero!

Zingiber officinale, in italiano zenzero, una pianta con rizomi (modificazione del fusto), dalle molte virtù curative e zenzerodalle proprietà energizzanti.

E’ un utile ingrediente per la preparazione di piacevoli bevande dissetanti da bere in ogni stagione.

Ma non solo, grattugiato o aggiunto a pezzetti nei piatti, da un tocco esotico e particolarmente saporito a molte preparazioni.

Lo zenzero

  • E’ una pianta che cresce nelle zone equatoriali.Zingiber
  • Ha foglie lunghe e fiori gialli-arancione.
  • Non produce frutta.
  • Il maggior produttore è l’India.
  • E’ utilizzato per la produzione della birra.
  • E’ un antiossidante.
  • E’ efficace per attenuare la nausea.
  • Ha proprietà antinfiammatorie che attenuano i disturbi gastrici.

Detto questo, ora mi preparo il mio Zingiber hot pepper drink energizzante con l’aggiunta di peperoncino, un tocco in più per un’estate veramente piccante! 😉

Fate bollire per cinque minuti qualche pezzetto di zenzero tritato in mezzo litro d’acqua con l’aggiunta di peperoncino fresco.

Aggiungete poi, a fuoco spento, del succo di limone.

Una volta raffreddato servite il vostro drink, una bevanda analcolica naturale e dissetante, dai profumi delicati e dalle proprietà antiossidanti.

Concludo con un piccolo approfondimento sul ‘Binge drinking’.

Binge drinking, tradotto in italiano significa ‘abbuffata alcolica’, o meglio, mischiare bevande alcoliche fino a stordirsi. Le conseguenze sono ben note: oltre alle classiche alterazioni comportamentali, sono alti i rischi per il cuore e per i possibili, e ahimè frequenti, incidenti stradali.

Siamo in estate, è tempo di leggerezza e di vacanze. Scrivendo di questo soft drink analcolico ho voluto fare una piccola provocazione per ribadire, per l’ennesima volta, di fare attenzione. Uso e non abuso, piacere ma senza eccesso. Il rischio è troppo alto: la vita. La frase: “tanto a me non succede…” non è poi così scontata.

Buona estate!




E’ nato il Jack Pepper, il mio cocktail agricolo!

Qualche sera fa entrando al Level Bar, un locale di Desio, un comune in provincia di Monza e Brianza, ho chiesto un cocktail agricolo. Si, avete capito bene, un drink a base di verdure.  Bè, il barman dopo avermi guardato un po’ stranito mi ha detto: “Vuole cosa scusi?!

Ovviamente la mia è stata solo una piccola provocazione per far si che i prodotti agricoli trovino il più ampio e svariato utilizzo. Verdura fresca di stagione ingrediente base anche per i cocktail. Perché no?!

Insomma, volete sapere com’è finita? Ebbene, quella sera Jacopo Soliani, conosciuto dai più come Jack, stuzzicato dalla mia richiesta ha creato un drink agricolo in un peperone che ho molto gradito: il Jack Pepper!

A lui la parola…

  • Jacopo, cosa ne pensi dell’utilizzo delle verdure nella preparazione dei cocktail?

Semplice, verdura significa freschezza e leggerezza, e nel campo della mixologia, innovazione! È bello poter pensate di assumere vitamine e antiossidanti sotto forma di drink , anche durante un aperitivo con amici.

  • Ora veniamo al dunque. Hai colto simpaticamente la mia sfida creando il Jack Pepper. Me lo racconti?

Quando mi hai chiesto di creare un drink agricolo ho pensato di poter usufruire dei prodotti dell’agricoltura non solo per la realizzazione, intesi come ingredienti, ma anche come contenitore. Il Jack Pepper è la combine tra aperitivo leggero, ma con carattere, e creatività. Ideale per tutti gli amanti dei cocktail poco alcolici e decisi.

> La vodka aromatizzata al peperone Homemade gli conferisce un sapore deciso senza peccare di pesantezza.

> Il pomodoro e il succo di limone fresco donano vivacità.

> Il bitter al sedano da la spinta e il giusto tocco di profondità.

Cinzia, concludo ringraziandoti per lo spunto perché, anche amando i grandi classici, sono sempre alla ricerca di nuovi accostamenti e sfide gustative in termini di consistenze, miscele e presentazione.

Grazie a te Jacopo, al prossimo coktail agricolo! 😉

Jack Pepper

Jack Pepper

 

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