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Alzi la mano chi sa che cosa c’è “dietro” una forma di Fontina DOP!

Qualche settimana fa visitando Lo Tzaven, l’agrimercato di Campagna Amica di Aosta teso a favorire la filiera corta per riavvicinare il consumatore al diretto produttore, ho incontrato Yves Perraillon, artigiano della Fontina. Due chiacchiere e… in men che non si dica ero in Alpeggio a 2200 metri! Direte: “Ma a far che?” A mangiar pane, burro e… Fontina!

E ora vi chiedo: “Alzi la mano chi sa che cosa c’è “dietro” una forma di Fontina DOP?”  Va bè che non vi vedo, ma… non fate i furbi! Dunque, parto io dicendo che prima del mio tour guidato non avevo dato la giusta considerazione a questa tipicità Valdostana. Pensate che ci vogliono ben 100 litri di latte per fare una forma di fontina!

(DOP: Denominazione di Origine Protetta che viene attribuita agli alimenti le cui caratteristiche dipendono dal territorio da cui provengono. Viene garantita da un disciplinare.)

Consiglio a tutti una visita, perché, oltre che a passare una giornata a contatto con la natura, avrete modo di apprezzare l’unicità di un prodotto Italiano ottenuto con grande lavoro, impegno e passione! Lavoro che ho potuto apprezzare guidata da Yves e sua moglie, che mi hanno condotta nelle fasi e nei luoghi di lavorazione. Guardando Yves in un momento di vita, nella ritualità dei gesti ripetuti nel corso degli anni, ammirata gli ho chiesto: “Quante volte hai fatto queste operazioni…?

La visita in alpeggio è stata la parte più emozionante del mio percorso. Natura, silenzi, il contatto con un vitellino nato solo da un giorno… Poi,  assistere alla lavorazione del burro come a suo tempo da bambina… Ricordo che in campagna a Treviso guardavo mia nonna Jija nel compimento della stessa operazione, quasi in contemplazione, ammirata dalla trasformazione della panna in burro che poi gustavo spalmato sul pane, esattamente come ho fatto in alpeggio da Yves…

In queste vallate ad un’altezza media di 2000 metri gli animali vengono alimentati in pascoli ricchi di una particolare vegetazione che conferisce al latte caratteristiche ben più peculiari dell’allevamento a fondo valle. Nonostante questo, non si può distinguere dall’etichetta una fontina d’alpeggio e una di fondo valle, visto che la marchiatura è la stessa, e non è permesso dal disciplinare aggiungere nulla oltre la specifica della DOP. Solo i profumi e i sapori ci permettono all’assaggio di differenziarle. Vi pare giusto? A mio parere no! Il lavoro che comporta l’allevamento in alpeggio viene premiato da un prodotto con caratteristiche peculiari, e perché mai il consumatore non deve avere la possibilità di poterlo leggerlo dall’etichetta! Mah!

Ma chi meglio di Yves vi può raccontare…

  • Yves Perrailon, produttore di Fontina DOP d’alpeggio. Com’è nata questa tua passione?

Nasce da una passione di famiglia tramandata da generazione in generazione. Sono sempre stato appassionato da tutto ciò che è legato all’agricoltura… dagli animali, dalla fienagione, dalla caseificazione del latte…

  • Com’è la tua giornata tipo?

Bè dipende dalla stagione… Nel periodo invernale si va a fondo valle:

– Sveglia alle 5,  mungitura, alimentazione degli animali, conferimento del latte in caseificio e alle 16 seconda mungitura.

Nel periodo estivo si va in alpeggio:

– Sveglia alle 3 di mattina, mungitura, lavorazione del latte per la produzione di fontina. Segue la pulizia della stalla,  la salatura e il rivoltamento delle fontine prodotte nei giorni precedenti. Poi si va al pascolo fino alle 12 col rientro degli animali.  Si pranza alle 15, e dopo la seconda mungitura si procede con la lavorazione della fontina e con il pascolo fino alle ore 22.

  • La DOP viene certificata a garanzia del prodotto in base ad un disciplinare di produzione della DOP “FONTINA”. Quali sono i requisiti richiesti per la certificazione? 

Sono molti tra cui  la zona di produzione, la stagionatura,  la porzionatura del formaggio fontina, l’alimentazione delle lattifere costituita da fieno ed erba verde prodotta esclusivamente in Valle D’aosta e altri ancora… Il disciplinare è consultabile sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Si riconosce dal marchio “Consorzio Tutela Fontina” (CTF).

  • Nella mia visita alla tua azienda ho notato che i tuoi collaboratori sono per lo più stranieri. Com’è l’approccio lavorativo degli Italiani al settore caseario?

Non si trova personale italiano, ahimè. Assumiamo personale straniero che formiamo sul lavoro da svolgere, devo dire con ottimi risultati.

Il formaggio… la corsa del latte verso l’immortalità.

Clifton Fadiman

 




L’Albero dei gelati… una Storia d’amore per la Terra!

Questa nostra Terra ha bisogno d’amore e di salvaguardia. Come dice Carlo Sgorlon, la terra è madre, la terra è il principio e la fine, e tutto il resto non è che una favola. Tornare a vivere in armonia con la natura, seguendo i suoi ritmi, nel rispetto dell’ambiente, si può ancora. Si deve, perché ne facciamo parte, perché tradirla è come tradire noi stessi.

L’Albero dei gelati ne è un concreto esempio. Una realtà nata sette anni fa impegnata nello sviluppo della cultura ecosostenibile, che ha fatto suo elemento distintivo la promozione dei piccoli produttori della Brianza, senza però trascurare le eccellenza del nostro territorio. La ricerca delle materie prime, la rivalutazione del concetto di stagionalità, il km 0, la conoscenza diretta dei produttori a filiera corta, la riscoperta dei sapori perduti, l’utilizzo di fonti rinnovabili per l’energia necessaria in gelateria… sono i motivi che mi hanno portato alla loro conoscenza.

Ho avuto modo di incontrarli la prima volta ad una manifestazione a Milano nella quale si sono presentati con il loro carretto a pannelli solari.  Ideato con la collaborazione di giovani ingegneri, raffredda i loro gelati con i raggi del sole. Monia e Alessandro hanno sviluppato la loro passione e creatività dando continuità alla tradizione familiare. Prima con la sede a Barlassina, poi a Seregno e infine a Cogliate. Monia mi ha raccontato di un loro sogno che a breve si realizzerà… l’apertura di una nuova sede a New York.

Era venuto il momento di andare a trovarli. E quindi come dico io,  pronti… via!

Andai da loro un caldo pomeriggio di una domenica di qualche settimana fa. La prima impressione al mio ingresso fu il ricordo di una bottega di campagna dall’atmosfera dei bei tempi. Qui e la vasi di piantine, libri sparsi, un angolo dedicato ai bambini per insegnare loro la differenza tra un frutto biologico e un frutto trattato. Per avvicinarli alla natura anche con gesti semplici, come quello di regalare in primavera delle bustine contenenti semi da piantare nelle vaschette biodegradabili del gelato.

Monia e Alessandro  mi guidarono nella visita raccontandomi la loro storia e soprattutto la loro filosofia. Quando poi  arrivammo a parlare degli ingredienti dei loro gelati,  si alzò letteralmente la mia famosa “antenna”.   Si, perché andammo a toccare un argomento a me molto caro, le erbe benefiche e i frutti dimenticati.

Non mi credete? Leggete un po’ qui… 

  • Gelato alle erbe aromatiche di Montevecchia.
  • Gelato alla Salvia Ananas, una specie di Salvia dal profumo di ananas.
  • Gelato all’Azzeruolo, un frutto dimenticato.
  • Gelato al Frassino da manna, antica coltivazione dalle proprietà decongestionanti del fegato e dall’azione sedativa della tosse.
  • Gelato alla Viola del pensiero, dalle proprietà benefiche per l’apparato renale.
  • Gelato al Garofano cinese, utile per prevenire le vertigini, il nervosismo e le palpitazioni.
  • Gelato alla Bocca di leone, utilizzata per fare i gargarismi nelle ulcerazioni della bocca.
  • Gelato alla Spirulina, un’alga coltivata da un unico produttore in toscana, e che in Africa è chiamata l’Alga della vita per le sue proprietà.

I gusti dei loro gelati rispecchiano la loro creatività. Una continua evoluzione dal dolce al salato, dai più classici ai più sorprendenti… Come per il gusto ai formaggi locali della tradizione di piccoli produttori, o a quello agli ortaggi di stagione, o alla panna acida e salmone inacidito con verdello di Siracusa (varietà di limoni).

Un gusto molto particolare è quello della “Spiga e Madia”. Questo gelato ha trovato ispirazione dal progetto sviluppato in Brianza di coltivare mais per ricavare farina integrale. Un gelato con un latte che deriva da un cereale antico ricco di folati, sostanze che prevengono il rischio d’infarto.

Non hanno dimenticato neanche chi, per intolleranze al lattosio, poteva gustarsi solo i gelati alla frutta. I gusti alle creme preparati con latte vegetale sono dedicati a loro. Per ora sono dolcificati con il fruttosio, ma tra poco lo saranno con la stevia.  Sapete che pianta è la Stevia?  Con l’amico Giustino Catalano recentemente ho pubblicato un pezzo che ne racconta delle belle!  Ne consiglio vivamente la lettura!

Ma ora voglio farvi conoscere meglio Monia e Alessandro.  A loro la parola…

  • Le nostre origini, tutto parte da li… Cosa vi ha spinto ad intraprendere l’attività di artigiani del gelato?

Siamo una seconda generazione di gelatieri, anche se abbiamo capito che era il lavoro che volevano veramente fare, dopo che ognuno di noi figli ha seguito percorsi universitari diversi. A un certo punto la passione ha chiamato, e abbiamo seguito il cuore che ci diceva di “fare gelati” secondo una filosofia molto precisa: materie prime biologiche di piccoli produttori che conosciamo e abbiamo visitato personalmente, frutta maturata sulla pianta dal sole e colta solo nel suo momento migliore, filiera corta, km0, prodotti equosolidali, tutto nel pieno rispetto della natura compresi i packaging che utilizziamo, rigorosamente biodegradabili. E’ nato così l’Albero dei gelati.

  • Tradizione ed innovazione…  Utilizzate ancora pratiche tramandate dall’esperienza familiare?

Sì moltissimo, è ancora molto attuale come le infusioni per alcuni gusti e la lavorazione delle uova. Poi fortunatamente la tecnologia “del freddo” ha fatto passi da gigante e ora ci aiuta molto di più rispetto a 30 anni fa.

  • Un “bugiardino” goloso: posologia e modalità d’uso del…  gelato?

Assumere in grande quantità tranquillamente ogni giorno! Se un gelato è fatto bene ha pochissimi grassi e “buoni”; i gusti alle creme hanno solo il 5-8% di grassi (panna e latte, niente grassi vegetali o peggio ancora grassi vegetali idrogenati che non vengono smaltiti dal nostro fisico come i grassi “buoni”, ma occludono le nostre arterie), mentre la frutta nulla. Gli zuccheri sono circa al 28%, veramente poco se pensiamo che una merendina industriale ha il 18% di grassi e il 49% di zuccheri.

  • Da appassionata di vino se vi chiedo un gelato al… vino, che ne dite?

Diciamo che è buonissimo, ed è una bella esperienza che spesso proponiamo in gelateria. Uno dei nostri preferiti è la Ciliegia con il Moscato di Scanzo.

  • La creatività non ha limite. Sogni e progetti nel cassetto?

Il nostro sogno è sempre quello di continuare a fare gelato con la contaminazione esistente tra noi che “trasformiamo” un ingrediente e chi questo ingrediente lo coltiva in modo responsabile, tra noi quindi e il mondo contadino/agricolo, perché siamo anelli della stessa catena. Ci piace vedere maturare la “nostra” frutta, condividere i problemi quotidiani di un raccolto che può andare bene o male a seconda della condizioni climatiche.  Lavoriamo così in Brianza e dal prossimo anno la nostra avventura continuerà anche a New York, una bella sfida.

  • Gelati abbinati ai piatti. Me ne raccontate qualcuno?

Ce ne sono tantissimi… Gelato di Fatulì della Val Saviore con miele di melata e sorbetto ai fichi fioroni su crostone di pane di lievito madre. Gelato di fagiolini menta selvatica e aceto di mele, con tagliata di roast-beef al sale di Cervia. Gelato al peperone di Carmagnola con Robiola di Roccaverano. Gelato ai funghi porcini con riso mantecato…

  • Vi rifornite da piccoli produttori. Qual è la vostra esperienza nella scelta e nell’approvvigionamento?

Innanzitutto la qualità non è paragonabile a quella di nessuna “grande distribuzione”.  E’ solo un po’ complicato in termini logistici.

  • Organizzate Laboratori di gelato per i bambini. Quali argomenti trattate?

I Laboratori di gelato sono sempre una grande soddisfazione.  Attraverso i cinque sensi annusiamo le fragole (generalmente facciamo questo gusto), cercando di spiegare la differenza tra un aroma “finto” e uno “vero”. Parliamo di stagionalità (le fragola a dicembre è meglio lasciarle al supermercato!), parliamo di frutta non necessariamente perfetta, perchè a noi interessa che sia buona, rossa  e matura…

  • Gelato d’estate o… gelato tutto l’anno ?

Assolutamente tutto l’anno! I “veri” amanti del gelato lo gustano maggiormente d’inverno che d’estate!

Oh amabile sorbetto, nettare prezioso e delicato,
benedetto colui che t’ha inventato…
Due cose in questo mondo meritano il primo onore
il sorbetto gelato e il caldo amore…

Carlo Goldoni (Amore in caricatura 1761)

 




La mia danza con… le api!

Bene direte… ‘sto giro Cinzia è proprio andata! E invece no vi dico io… e ora vi racconto!

Dovete sapere che le api scambiano informazioni tra loro attraverso delle danze con le quali si  indicano le fonti di cibo, la direzione e la qualità del nettare.  Ad esempio, con la danza dell’addome conducono le sorelle a distanze di oltre 100 metri, mentre con la danza circolare segnalano approvvigionamenti nelle immediate vicinanze.  La scoperta del linguaggio delle api venne fatta nel 1973 dal premio Nobel Karl Von Frish zoologo austriaco.

E quindi ora si danza… in direzione Padova all’Apicoltura Giarin!

Da sempre adoro questo prodotto, e quando il mio amico Gianpaolo  mi disse che i suo zii lo producevano, non ho perso l’occasione per una visita in incognito… si perché rivelai solo alla fine com’ero arrivata a loro. Mi piace farmi conoscere per quella che sono, alla fin fine c’è molta più soddisfazione!

Mi accolse  il caro e gentile Maffeo titolare dell’azienda. Mi raccontò della sua avventura alla scoperta del miele e non solo…  Perché  la sua passione per quest’arte nacque nel 1980 quando Anna  allora sua fidanzata gli regalò un’arnia. Lentamente la sua dedizione all’apicoltura  aumentò intensificando l’attività fino a farla diventare l’interesse principale della famiglia.

Conosciamo tutti le proprietà benefiche del miele prodotto derivante dal nettare dei fiori, ma voglio ricordare solo per un istante le sue composizioni nutrizionali. Ebbene per  100 g. di miele abbiamo un valore energetico di 314 kcal, proteine 0.6 %, carboidrati 78 %, e soprattutto grassi 0%… quindi sotto a mangiarlo, che poi è cosi buono!

Aggirandomi nel loro emporio, curiosa che curiosa trovai un liquore ottenuto con un lungo procedimento di macerazione di miele di millefiori, alcol, spezie e bucce di limone. Questa loro rugiada dei colli euganei  si chiama  “Luna di miele”.  Un elisir  già  conosciuto nell’antica Grecia nel 1500 a.C.,  considerato bevanda sacra dono degli  Dei  prodotta dalle api che trasformavano il sole in miele unendo la linfa vitale della terra… l’acqua.

Con Maffeo chiacchierammo a lungo… Mi raccontò degli incontri didattici  organizzati con gli studenti per condividere passioni e conoscenze acquisite negli anni. Una sua bella idea è stata quella di far adottare un’arnia dipinta dagli stessi ragazzi, per dar loro un senso di appartenenza che li invogli a seguire con la continuità delle loro visite, le fasi della  produzione di questo prodotto naturale.

Passeggiando  nel giardino circostante notai  bellissime sculture in pietra che scoprii a breve sue creazioni. Orgoglioso mi fece fare un vero e proprio percorso d’arte… si perché  nella casa in cui risiedevano ne erano presenti tantissime!

 




L’Acetaia di Josko Sirk

Non ho mai conosciuto mio nonno Emilio, ma di lui mi furono dette grandi cose…

Uomo friulano di passione, grande spirito imprenditoriale legato alle tradizioni, ma con uno sguardo rivolto all’innovazione. Una malattia lo portò via precocemente. Di lui mi rimane oltre alla stima guadagnata con i racconti della sue vicissitudini, il mio secondo nome, Emilia. Nacque a Cormons in provincia di Gorizia.  Quando poco tempo fa mi si è presentata l’opportunità di una breve vacanza li mi son detta: “ma quale migliore occasione per un ritorno alle origini…” Credo che faccia bene a tutti ogni tanto soffermarsi a pensare, a riflettere. Si può essere cittadini del mondo, ma sono convinta che il proprio legame con la terra d’origine è indissolubile.  Chi crede di poterne fare a meno è un illuso.

Ma torniamo a Cormons… Pensai tra me e me, “dista 400 km, e viaggiare mi piace…”   E infatti in men che non si SAM_1952dica ero giunta a destinazione. Al mio arrivo ebbi il benvenuto dalla piacevole cornice delle colline del Collio che ingentilendo il paesaggio davano a tutto il contesto un’aria romantica d’altri tempi.  Mi diressi verso il luogo in cui ero ospite “La Subida”,  e non fui per nulla disattesa.

Il posto era immerso in un verde lussureggiante, tra piante di rosmarino e mazzi di lavanda legata ad arte e disposti ovunque. Incominciai la mia consueta esplorazione, soffermando il mio sguardo verso un esteso recinto in cui trotterellavano un gruppo di cavalli.  Adoro questi animali dallo sguardo nobile e fiero, e volli dedicare loro un po’ del mio tempo. Persa nei miei pensieri richiamai me stessa ai miei doveri di ospite, e ritornai alla base.

SAM_1947Ebbi subito il piacere di conoscere i padroni di casa, Josko, uomo dallo sguardo schietto e deciso e la dolcissima moglie Loredana. Ma non erano da meno i figli. In particolare Tanja mi ricordava una donzella della Provenza, con i suoi ampi vestiti e dallo sguardo tenero, sempre sorridente e disponibile a due chiacchiere. Conobbi  poi Michele, grande collaboratore la cui cordialità e simpatia lo contraddistinse da subito. E come solitamente accade, chiacchiere e risate tra un discorso serio e l’altro non mancarono. Ma ad un tratto venne menzionata un’acetaia… e la mia curiosità si innescò.

Un’acetaia direte, “oddio si è data pure all’aceto”,  bè è un prodotto molto interessante e poco rispettato. E io, a dispetto dei miei amici romani che mi contestano, amo metterlo a  gocce sulle ostriche. Provare per credere! Pensate che l’Italia è il primo produttore al mondo d’aceto, e questo ci fa capire quanto dovrebbe essere maggiormente valorizzato. Far conoscere quanti usi  e  destinazioni gli si possono attribuire gli conferirebbe il giusto merito.

Ma lo sapete che è ottimo nebulizzato sulle minestre di legumi, sulle frittate, sui pesci grassi, sulleL'acetaia di Josko Sirk fragole… ma non solo, appena un po’ diluito è un ottimo rimedio per i gargarismi contro il mal di gola. E non solo, pensate che una zolletta intrisa di aceto masticata lentamente ferma il singhiozzo e attenua il mal di mare. Efficace per calmare una scottatura superficiale o per neutralizzare una puntura d’insettoe molto di più. (fonti di Josko Sirk).

Ma torniamo alla mia  visita… Ebbi il piacere di avere come guida Josko Sirk, l’oste come lui  amava definirsi,  nonché l’artefice di questo sogno e progetto in continua evoluzione. Iniziammo la nostra passeggiata tra il mio fiume abituale di domande… quasi a voler scoprire chissà quale recondito segreto della vita. Mi chiedo se la mia curiosità si sazierà mai. Ci incamminammo verso una mulattiera che ci avrebbe condotto alla nostra protagonista, l’Acetaia. Nel durante della nostra passeggiata, Josko dietro mia esplicita richiesta, mi raccontò della sua famiglia giunta dalla Slovenia in tempi difficili. Dopo essersi dedicato alla coltivazione della terra e successivamente all’attività presso l’osteria, la venuta a mancare del padre lo costrinse a scelte di responsabilità.

Josko SirkNel corso degli anni avvenire insieme alla moglie Loredana, riuscì a concretizzare il sogno della sua vita: creare un cuore verde di oasi abitative di pace e relax, “La Subida”. E conoscendomi vi pare non chiedessi il significato del nome… Ebbene, prendeva spunto da una chiesetta cinquecentesca del paese, la chiesa del Cristo della Subida che a sua volta deve la sua origine ad un prodigio verificatosi nel 1597.

Ma la sua vita era in  continua evoluzione e un altro progetto si stava da anni sempre più delineando: La foresteria dell’Acetaia” per la nobile produzione dell’aceto della migliore uva del Collio, prodotto di nicchia per chi può capirlo, purtroppo maltrattato dalla poca informazione attribuitagli. Completamente realizzata in legno, l’Acetaia era in perfetta armonia con l’ambiente circostante. Protagonista era l’uva bianca da vitigno autoctono, proveniente dalla vigna adiacente. Al mio ingresso mi si presentò uno scenario magico per chi ama questo ambiente. Gradoni di botti e botticelle disposte metodicamente, tese a favorire le varie fasi di lavorazione. Nessuna presenza di macchine, tutto seguiva un ciclo naturale. Mi fece provare il sentore delle sue creature, raccomandandomi di non ingoiare. Mi inebriai nei profumi intensi e da testa dura quale sono volli provare il sapore bagnandomi leggermente le labbra… devo dire piacevolmente soddisfatta.

Josko mi disse: “Un mio cruccio è fare l’aceto come una volta , con le migliori uve del Collio”.   Per una persona come me che ama la tradizione ascoltare queste parole è stata vera poesia. Con cinque produttori uniti nell’amicizia e nella passione lui finalmente ha concretizzato un Progetto per far conoscere l’aceto con i suoi usi e la sua storia: gli Amici Acidi.

Se è vero, com’ è vero, che un gran vino si fa’ da una grande uva, da questa grande uva io faccio il mio grande aceto. Mi ci vuole qualche anno, e in questo tempo devo accudirlo e coccolarlo come un bambino in fasce.

  Joško Sirk

 




E fu così che nacque “La Supreme”

La Supreme direte, ma di cosa stiamo parlando? Mi spiego… la Supreme era una sinuosa ed affascinante donna affrescata su un muro di una gelateria, già… ed è così che oggi inizia la mia storia.

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La Supreme

Giorni fa spinta dal caldo, ma non solo, andai in una nota gelateria della Brianza. La conoscevo già per la qualità rinomata dei suoi prodotti, ma stavolta mi ero recata li con una missione ben precisa. In missione in gelateria vi chiederete? Certo che si, perché dietro un’eccellenza quale essa sia, c’è passione, e cercare anime di passione è ormai una mia esigenza di vita! Lo dico sempre lo so, ma mi piace così tanto, che divento ripetitiva, altro mio difetto. Detto questo… pronti, via!

Entrai nel piccolo locale che a prima vista mi ricordava la classica gelateria di paese, dove chi entra è ormai cliente abituale, e l’ascolto del ritmico ciao amichevole, è costante e piacevole. Ordinai la mia coppetta di gelato, includendo però la richiesta di quattro chiacchiere con la signora che mi stava servendo, Anna, la titolare. Mi guardò li per li perplessa, ma sorridente, e devo dire che mi piacque subito. Appena la clientela glielo permise si sedette ad un tavolino con me. Dapprima mi presentai, e poi incominciai a chiederle come iniziò questa sua avventura.

Anna era nata in provincia di Taranto, in una famiglia che viveva del lavoro della terra, vigne e coltivazioni varie. Dalla madre aveva preso la vena imprenditoriale. Era lei infatti che si occupava della parte gestionale e della vendita dei prodotti.

Quando l’attività non fu più sufficiente al sostentamento della famiglia, dovettero trasferirsi al nord. Una volta cresciuta, si tuffò nel suo primo progetto. Giovanissima aprì una latteria, che però a breve dovette lasciare per dedicarsi una volta sposata alla famiglia. Un marito e tre figli le occupavano interamente le giornate.

La vita però ci mette spesso a dura prova, e cosi fu per lei. La morte improvvisa del marito la lasciò sola a quarantatré anni con tre ragazzini a cui badare. Doveva ricominciare coraggiosamente… Mentre parlava io la guardavo, e vedevo in lei la forza, la gentilezza, e l’ostinata risoluzione di una donna determinata.

Dopo essersi adattata a vari impieghi, quando ormai i ragazzi erano cresciuti, gli si presentò la possibilità di acquisire una gelateria. A cinquantun anni con l’appoggio di suo figlio Luca allora ventenne, si ributtò nell’impresa che si sarebbe rivelata un successo. Insieme andarono a vedere il locale già avviato. Entrando furono colpiti da una donna affascinante affrescata su un muro. Era lei, La Supreme, e da lei derivava il nome del locale. Gli ci volle non più di un giorno per decidere, neanche un momento di più.

La nuova avventura iniziò… Anna mi raccontò che i primi anni furono duri, si lavorava per coprire le spese. Furono costretti ad ampliare il locale sacrificando la bella vista affrescata della Supreme. L’attività della gelateria non era sufficiente, e per rimediare fu deciso di creare un angolo bar. Nel frattempo anche Paolo, l’altro figlio, si stava cimentando nell’attività con interesse e curiosità quasi maniacale. Paolo mi raccontò che una volta andò fino a Padova in motorino per incontrare un professionista del gelato di cui aveva sentito parlare. Voleva dei consigli per ottenere la combinazione ottimale di ingredienti per un fiordilatte perfetto.

Sia Paolo che Luca avevano indirizzato i loro studi su strade ben diverse, ma poi entrambi proiettati in questo sogno familiare, erano stati indotti a lasciare le loro attività per dedicarsi interamente al gelato e alla pasticceria. Inizialmente avevano acquisito le basi tecniche da un approccio con il franchising adottato per due anni. Ma lo spazio alla fantasia che lasciava loro, era limitato, quindi abbandonarono questa strada per continuare da specialisti indipendenti. La ricerca continua delle combinazioni e degli ingredienti era la loro scuola.

Paolo mi raccontava orgoglioso delle sue specialità. Ad esempio per il gelato alla Cassata Siciliana, utilizzava una ricotta che proveniva direttamente dalla Sicilia, mentre per il gelato tropicale usava i frutti tipici importati dal Brasile. Ma il loro fiore all’occhiello era il gusto che portava il nome del locale “La Supreme”. In pratica si trattava di gelato a base di pasta di mandorle, cioccolato fondente, mandorle caramellate e miele di castagno, una vera bomba! Ovviamente non me lo feci mancare…

In quel pomeriggio in cui ero entrata nel locale solo per fissare un incontro, sono finita per passare tre piacevolissime ore a ridere e a chiacchierare. E ovviamente, a mangiare gelati di tutti i gusti… chi mi conosce non stenterà a crederlo!

Ma la chicca deve ancora arrivare… Paolo, diventato sommelier, si era adoperato per unire le sue due passioni. Si iscrisse nel 2010 al campionato Italiano per il gelato. E indovinate cosa propose… ebbene si, il gelato al Franciacorta. Arrivò secondo su quaranta partecipanti per la Lombardia! Purtroppo quel giorno ne era sprovvisto, ma mi ha promesso che me lo farà trovare alla mia prossima visita…

 

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