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La creatività artigianale e il valore della lentezza: la granita siciliana di Antonio Cappadonia.

“Ci siamo dimenticati il valore della lentezza. La creatività dell’artigiano ha bisogno di tempo. Il prodotto ha bisogno di studio.” Antonio Cappadonia

Identità Golose 2016, il congresso internazionale di cucina svoltosi a Milano dal 6 all’8 marzo, che, come ogni anno, ha visto alcuni protagonisti della ristorazione italiana raccontare se stessi attraverso le proprie creazioni. In questa edizione ho avuto il piacere di conoscere Antonio Cappadonia, maestro gelatiere palermitano doc, vincitore di numerosi concorsi. Ascoltandolo nella semplicità delle sue parole, ho avvertito la concezione del gelato inteso come prodotto della natura e della tradizione, la cui giusta preparazione esclude componenti ed elaborazioni chimiche. Un’esperienza che Antonio ha maturato negli anni grazie agli insegnamenti ricevuti e all’attività svolta nella gelateria omonima situata a Cerda, sua cittadina nativa sui monti delle Madonie.

Un incontro che ho vissuto intensamente ascoltando l’appassionante racconto di Antonio sull’origine storica della granita. Ricordo ancora quando mio figlio, qualche anno fa dopo una vacanza passata in Sicilia, entusiasta mi parlava della colazione tipica di quelle parti a cui non era abituato, e di cui, tornato a casa, aveva molta nostalgia. Mi riferisco alla granita al caffè con panna e brioche. Una tipicità che, citando le parole di Antonio, passa attraverso la storia e la cultura del territorio della Sicilia.  Quando la moderna tecnologia non c’era, la neve, dopo essere stata raccolta sull’Etna durante l’inverno, veniva conservata in ‘neviere’, apposite cavità naturali o costruzioni in pietra adatte a contenere il ghiaccio, poi venduto e utilizzato per la preparazione di gelati e granite. I ‘nivaroli’ dell’Etna, coloro che svolgevano questa attività di conservazione prettamente invernale, venivano considerati veri e propri professionisti del ghiaccio. Neve e sale appositamente mischiati e inseriti in un pozzetto, per ottenere quell’effetto freddo che permetteva la preparazione della granita siciliana.

Antonio Cappadonia a Identità Golose 2016

Antonio Cappadonia a Identità Golose – Fotografia di Brambilla/Serrani

Dallo sherbeth e dalle neviere. Il Medio Oriente e la Sicilia si sono fusi e confusi in una storia senza confini, che è diventata abitudine, che si è ridefinita con lo sviluppo delle tecnologie adatte, che ha preso la neve prima trasformandola in ghiaccio e sale e poi nei moderni congelatori/pozzetti, e che ha simboleggiato nel mondo una fioritura siciliana senza nessun compromesso. La granita sta alla Sicilia come l’anima all’immortalità, è insondabile e inscindibile. La granita è la forma siciliana più rituale della territorialità senza tempo. La territorialità la ritroviamo nella sublimazione della materia prima, nei limoni del territorio cerdese, nel mandarino di Ciaculli, nelle fragoline di Ribera, nel pistacchio di Bronte e nella mandorla di Noto, il senza tempo attiene ad un atto profondamente culturale, quasi politico, di partecipazione ad un’usanza sempre uguale a se stessa, pubblica e assolutamente contestuale alle varie ore della giornata.

Chi avrà occasione di andare in Sicilia, assaggiandola, constaterà come da provincia a provincia subisca alcunegranita al caffè variazioni. A Messina, ad esempio, la granita è piu’ morbida per inzuppare meglio la brioche, mentre nel catanese, e in alcune aree del sud Sicilia e nel palermitano, è piu’ compatta, al punto da poter essere messa anche dentro le brioches. Qualche giorno fa ho avuto modo di parlare a lungo con Antonio, per conoscere la persona e per capire meglio l’arte del suo mestiere. Leggendo le sue parole in un primo scambio di contatti, ho avvertito la gentilezza e lo stile garbato di un tempo, quasi a ricordare la scrittura di una lettera più che una sintetica mail di circostanza. Mi ha sorpreso però la sua decisione di chiudere la nota gelateria di Cerda. D’altronde, come mi ha spiegato, ci sono momenti in cui l’esigenza di fermarsi e di riflettere è essenziale per continuare a dare il meglio di se stessi. Un pensiero che condivido, anche perché, spesso, la vita ci sorprende con incontri fortuiti da cui nascono nuovi progetti. Così è stato per Antonio Cappadonia.

Cominciando dalla mattina, da quella brioscia intinta dentro una granita al caffè “mezza con panna”, fino ad arrivare al dopo cena, a qualcosa di digestivo e dissetante insieme, un agrume del territorio senza concessioni e senza sofisticazioni. Per completare la gamma di possibilità, rendendo l’esperienza un gesto cromatico, esperienziale e assolutamente gastronomico. E così da Principessa, l’innovativa mantecatrice diretta in carapina messa a punto insieme a Stefano Grandi, al tino di legno con all’interno un “pozzetto”, in cui sale/ghiaccio servono da refrigerante e non più da ingrediente, la “mantecazione” viene vista attraverso gli occhi del nevaiolo, attraverso quelli dello sperimentatore ma soprattutto attraverso quelli dell’artigiano. Il futuro e il passato che continuano a fondersi e a confondersi in un discorso che mantiene al centro il fine/il gusto, facendo ruotare i mezzi per raggiungerlo, corroborando senza sosta l’idea che la migliore delle evasioni è quella che si fa in una giornata qualunque di una piazza qualunque, stupendosi delle possibilità di uno straordinario territorio prima mai mostratosi così.”

Fare colazione in Sicilia richiede tempi lenti. Chi ha fretta, certamente non potrà godere appieno di questa specialità antica giunta a noi dopo la dominazione araba.

Ringraziamenti ad Annelies Somers per la fototografia della coppa di granita e a Brambilla-Serrani per le fotografie di Antonio Cappadonia.

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