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Sannio Falanghina, città europea del Vino 2019. Orgoglio italiano.

Siamo nel Sannio, nel cuore dell’Appennino sannita. Un territorio che negli ultimi anni – grazie alla sua Falanghina – ha avuto una notevole visibilità. Un successo che gli ha conferito il riconoscimento di Città Europea del Vino 2019 da parte di Recevin, Rete Comunitaria delle ottocento Città del Vino. Un trend che nel 2017 ha portato gli ettari dedicati alla Falanghina a superare sia pur di poco quelli dedicati all’Aglianico. Una crescita che mi auspico venga tenuta sotto controllo, per garantire e salvaguardare la ricchezza ampelografica campana. Aglianico, Sommarello, Piedirosso, Sciascinoso, Agostinella, Falanghina, Cerreto, Coda di volpe, Grieco, Malvasia, Fiano, Passolara di San Bartolomeo, Olivella, Carminiello, Palombina, Moscato di Baselice… solo una parte del patrimonio della biodiversità sannita.

Riflessioni che prendono spunto da un altro successo chiamato ‘Prosecco’, che ahimè, sta modificando l’equilibrio delle varietà dei vitigni coltivati nei suoi territori.

Qualche dato. Il Sannio Beneventano è la provincia con il comparto vitivinicolo più redditizio della Campania. Una regione che dal 1912 al 1932 fu la prima produttrice di vino in Italia. Qui la fillossera, grazie ai terreni vulcanici, arrivò in ritardo rispetto ad altre zone. Un primato che perse dopo la seconda guerra mondiale per il parziale abbandono delle pratiche agricole. Una situazione che col passare degli anni ha avuto una graduale controtendenza, spesso, dopo uno o due salti generazionali. Non sono pochi i casi di giovani agricoltori che si dedicano alla viticoltura seguendo le orme dei nonni. La consapevolezza raggiunta sul legame sempre più stretto tra vino e promozione del territorio, e la crescita dell’appeal del vino italiano sui mercati internazionali, ha portato giovani e meno giovani a cambi di rotta professionale, a volte, anche tra i più inaspettati.

Una terra – il Sannio Beneventano – da sempre vocata ad una viticoltura caratterizzata per lo più da suoli di tipo argillosi calcarei, con una componente vulcanica. Diecimila ettari vitati, settemilanovecento vignaioli, circa cento aziende imbottigliatrici per oltre un milione di ettolitri di vino prodotto, tre denominazioni di origine e un’indicazione geografica per più di sessanta tipologie di vini. La vite – sottolinea Nicola Matarazzo, Direttore del Consorzio Tutela Vini Sannio DOP – è il segno che consente di leggere l’identità culturale e sociale dell’intera comunità sannita.

Vigneto Sannio. Nei miei giorni passati nel Sannio, ho visitato alcuni vigneti di grande fascino storico e paesaggistico. Emozionante la loro vista. Mi riferisco a viti plurisecolari di Aglianico allevate a raggiera libera in località Pantanella, nel comune di Monte Taburno. La capacità di conservare nei secoli un patrimonio viticolo come questo, merita una riflessione. “A sostegno di chi si impegna nella conservazione dei paesaggi viticoli – commenta Lorenzo Nifo Sarrapochiello, agronomo e Presidente della Commissione tutela del Sannio Consorzio Tutela Vini – tengo a sottolineare l’importanza della gestione ottimale del vigneto, in particolar modo della corretta potatura della vite. Un fattore essenziale per la sua longevità.”

Tutto il mio apprezzamento per chi ne ha davvero le capacità… un sapere antico che si dovrebbe recuperare.

Benevento, una città a misura d’uomo. Una costatazione che ho fatto dopo aver osservato la sua gente passeggiare senza fretta, nella quotidianità, lungo i viali del suo centro storico fino all’Arco Traiano (117 d.C.), uno tra i più antichi archi onorari della romanità. Una città ricca di miti e leggende un tempo chiamata Maleventum. Fu l’esito positivo di una delle guerre sannitiche delle Legioni Romane sull’esercito di Pirro, a mutarne il nome in Beneventum.

Chiamata anche città delle streghe, per i riti pagani che in un lontano passato venivano praticati dai longobardi intorno all’antico Noce di Benevento. Per certo, a proposito di streghe, molto meglio ricordarla per il noto liquore a base di erbe prodotto fin dal 1860, e per il famoso premio letterario istituito nel 1947 dai proprietari dell’azienda liquoristica beneventana, da cui il Premio Strega prende il nome.

Alle falde del Monte Taburno Sant’Agata de’ Goti, uno dei più suggestivi borghi storici di Benevento. Sorge su un unico roccione tufaceo la cui vista spettacolare rapisce lo sguardo.

Passeggiando nel suo centro storico, tra le strette stradine lastricate, si possono ammirare edifici medioevali, barocchi e rinascimentali, a testimonianza delle sue antichissime origini. Tra questi, il Palazzo Mustilli, con le sue cantine scavate nel tufo a quindici metri di profondità. In questo luogo ricco di storia e di atmosfera, oltre alla Falanghina, viene affinato in legno l’Aglianico, uno dei miei vini del cuore. 

Il Sannio Beneventano – la provincia più agricola della Campania – che nel 2019, se saprà cogliere l’occasione, sarà al centro del settore vitivinicolo dell’Unione europea.

“Il Sannio, una terra appartata, ma ricca di autentiche sorprese per i viaggiatori veri.” Luciano Pignataro

 

Sannio Consorzio Tutela Vini www.sanniodop.it




La mia visita a Sciòje… tra le cipolle di Acquaviva, l’uva pizzuta, e un calice di Minutolo della Cantina Polvanera

Gioia del Colle, in dialetto Sciòje, un comune sull’altopiano delle Murge che ho conosciuto recandomi in visita alle Cantine Polvanera. Ma non solo, qui ho scoperto l’uva da tavola pizzuta e la cipolla di Acquaviva delle Fonti.

Come è mia abitudine, prima di procedere con la visita, mi sono aggirata attorno all’azienda passeggiando per il vigneto e guardando i bei grappoli d’uva.

Filippo Cassano, titolare di questa realtà vitivinicola nata nel 2003, guidandomi mi ha raccontato che il nome Polvanera prende origine dall’attività dei vecchi proprietari che utilizzavano la masseria per fare il carbone con il legno di quercia.

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Cipolle rosse Acquaviva delle Fonti

 Nella mia esplorazione mi ha colpito una parete interamente ricoperta da mazzi di cipolle. Una varietà tipica della zona dalla forma appiattita e dal caratteristico sapore dolce, le cipolle rosse di Acquaviva delle Fonti.

Ma non solo, perchè mi sono soffermata anche ad osservare un pergolato ricoperto di grappoli d’uva assai singolari. Una varietà da tavola caratteristica per i chicchi a punta, l’uva pizzuta, che non solo ho osservato, ma… ho spizzicato! 😉 Il suo sapore dolce e delicato mi ha fatto sostare li per diversi minuti! 

 Una volta all’interno mi sono dedicata ad ascoltare la storia di Filippo, che, nel 2003, dopo aver lavorato per anni nel campo frutticolo, ha dato una svolta alla sua vita cambiando attività ed investendo il suo futuro in questa azienda.

Una storica masseria nella Marchesana, una contrada di Gioia del Colle, che oggi si estende su 25 ettari di proprietà di vigneto, di cui 15 coltivati con il Primitivo, e i restanti con Aleatico, Aglianico, Fiano Minutolo, Falanghina e Moscato.

La masseria, restaurata nel rispetto dell’architettura dell’antica struttura, accoglie nei sotterranei la cantina scavata in profondità per ben otto metri. Un’ambiente molto suggestivo, dai colori tipici della roccia carsica e dall’umidità costante tutto l’anno.

 In sala degustazione, tra i vari assaggi, mi sono soffermata sul Primitivo 17 DOC Gioia del Colle 2012; il numero ’17’ è stato usato per indicare la sua gradazione alcolica media. Un Primitivo 100% da vigneti siti ad Acquaviva delle Fonti, con gradazione alcolica 16,5 %.

A seguire, ha colto il mio particolare interesse il Fiano Minutolo IGT Puglia 2012; Fiano Minutolo 100% da vigneti siti a Gioia del Colle con gradazione alcolica 12%. Un vitigno bianco pugliese che mi è piaciuto molto per l’intensità dei profumi. Un vino dal buon carattere, che personalmente chiamerei solo ‘Minutolo’. 

Fiano Minutolo Polvanera

Fiano Minutolo OGT Puglia 2012 Polvanera

 

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