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Il piacere di raccogliere fiori e piante spontanee: se lo fai lo capisci.

Da sempre, fin da bambina, sono attratta da fiori e piante spontanee dalle proprietà curative. Una vera farmacia naturale che richiede rispetto, ma soprattutto conoscenza. Ricordo quando in campagna a Treviso, durante le vacanze estive, mi divertivo a seguire mia zia nella raccolta di erbe e radici trovate nei campi. Insegnamenti tramandati di generazione in generazione, utili per rimedi casalinghi e preparazioni culinarie. Devo ammettere che all’assaggio ero un po’ titubante, ma talmente curiosa che la voglia di provare nuovi sapori, ogni volta prendeva il sopravvento. Crescendo le cose non sono cambiate, o meglio, forse il luogo in cui ho vissuto, purtroppo non sempre favorevole alla scoperta di erbe virtuose. Nonostante ciò, ogni qual volta che ne ho l’occasione, approfitto per unirmi al seguito di chi ha trasformato questa passione, in una vera e propria professione.

Questo per dire che non ci si inventa esperti di piante spontanee. Serve esperienza e conoscenza, per non rischiare di incappare in erbe il cui l’utilizzo maldestro, non sempre apporta benefici al nostro organismo. Ad esempio, credo che molti non sappiano che un infuso di camomilla, conosciuta per il suo effetto tranquillante, lo è solo se lasciata in infusione per non più di tre minuti. In caso contrario, l’effetto è eccitante e non rilassante. Riconoscere le piante selvatiche – presenti in ogni stagione – e saperle usare in cucina, oltre che appagante, è un modo per avvicinarsi alla natura traendo da essa i suoi benefici. Per gli autodidatti, sono molte le pubblicazioni che aiutano a conoscere le piante spontanee. Volete mettere però il piacere di vivere questo mondo vegetale meno conosciuto con una bella passeggiata nei boschi? Per esperienza sul ‘campo’, posso dirvi che non c’è paragone!

Nell’ultimo mio percorso botanico fatto  insieme a Mara Marsegaglia, la mia esperta di erbe selvatiche, mi sono divertita a raccogliere piante e fiori che con piacere ho utilizzato in cucina. Eccone alcune.

Parietaria

Parietaria

  • La parietaria è chiamata anche erba vetriola per l’uso che un tempo se ne faceva per pulire i vetri. Ha note proprietà diuretiche e depurative. In cucina si consuma cotta.

Violetta

Violetta

  • Che bel colore che ha la violetta! Fiorisce all’inizio della primavera e viene utilizzata principalmente per decorare i piatti.

Luppolo

Luppolo

  • I germogli primaverili del luppolo, grazie al sapore delicato, sono un ottimo ingrediente nei risotti e nelle frittate. Nel Veneto sono noti con il nome di bruscandoli.

Pisello selvatico

Pisello selvatico

  • Il pisello selvatico fiorisce da marzo a maggio. In cucina vengono usati i semi contenuti nei baccelli.

Farinaccio

Farinaccio

  • Il farinaccio, ricco di sali minerali e di vitamine A, B e C, prende il nome dal leggero strato di polvere bianca – simile a farina – presente sulle foglie. Buono semplicemente lessato e condito con olio e sale.

Ortica

Ortica

  • L’ortica, la regina delle erbe spontanee! Ricca di ferro, ha proprietà diuretiche e disintossicanti. In cucina è utilizzata in molte preparazioni tra cui risotti, minestre e frittate.

Primula

Primula

  • La primula, il fiore della primavera! Gradevole il suo infuso dalle proprietà rilassanti. I fiori vengono utilizzati anche nei risotti, nelle minestre e per decorare i piatti.

Sambuco

Fiori di Sambuco

  • I fiori di sambuco, raccolti in primavera, hanno proprietà diuretiche, digestive e antinfluenzali. In cucina sono molti gli impieghi. Personalmente l’utilizzo che preferisco è quello per la preparazione dei fiori fritti in pastella. Deliziosi!

Concludo con un piatto preparato con una delle piante che ho raccolto. Un semplice sugo casalingo fatto con scalogno ammorbidito nel burro e farinaccio precedentemente scottato. Buonissimo!

Tagliatelle di farro e farinaccio

Tagliatelle di farro e farinaccio

Per info/corsi in Brianza – Mara Marsegaglia, esperta di piante ed erbe selvatiche: marsemara@hotmail.com




Infestante sarà lei! La Portulaca, “infestante” bella e buona.

di Giustino Catalano

Appare strano che l’uomo classifichi determinate piante infestanti. A ben vedere, infatti, in natura ogni forma di vita ha il suo esatto posto, presupponendo che in un ecosistema perfetto anche piante apparentemente inutili abbiano una loro precisa collocazione e  scopo. Forse l’unico infestante, così come lo intendiamo noi umani, è proprio l’uomo!

Le piante infestanti così come sono viste nella nostra umana comune accezione in effetti sono la cura o la spia di squilibri che si manifestano nel terreno.

L’incuria umana, il suo scarso rispetto per i luoghi, le cattive lavorazioni o anche, perché no, gli scompensi creati da concimazioni eccessive fanno sì che madre natura sia costretta a darci un segnale o a porre autonomamente un rimedio.

La gramigna è spia di terreni incolti o dove vengono sversati materiali di riporto. La camomilla con i suoi piccoli e bei fiori è sanante di terreni troppo compatti e poco lavorati.

  • Ma allora perché chiamarle infestanti?

Il punto è proprio  quello. Si definiscono tali solo per la loro difficile eliminazione, per il loro comportamento invasivo, e per la nostra scarsa capacità di eliminarle avendo dimenticato come vivere in perfetta armonia con la natura.

Oggi parliamo della Portulaca (Portulaca Oleracea), diffusissima nei nostri campi e conosciuta con moltissimi nomi dialettali (erba porcellana, sportellacchia, purchiacca, erba pucchiacchella, ecc.). Pianta annuale a diffusione e portamento prostrato (diremmo serpeggiante), spesso ce la ritroviamo soprattutto nei mesi che vanno da giugno ad agosto, che compare nei nostri giardini. Somiglia molto a una pianta grassa con le sue foglie carnose e i suoi rami di colore bruno.  I suoi piccoli fiorellini gialli ce la fanno prima apprezzare e, poi, maledire nel momento in cui cerchiamo di liberarcene.

  • Ma perché è lì, e soprattutto è davvero inutilizzabile?

Sicuramente sulla scorta delle poche righe precedenti la Portulaca compare per un motivo. Cattivo drenaggio del terreno, ossia, detto in parole povere l’acqua ristagna nel sottosuolo perché troppo compatto.

  • Ma veniamo alla domanda più interessante… è del tutto inutile?

E qui la risposta stupefacente. Assolutamente no!

Le sue foglie più tenere sono buonissime in insalata, sia da sole che come aggiunta.

Del pari i  suoi ramoscelli, una volta  essiccati al sole e conservati, sono molto saporiti se adoperati come condimento per una pasta aglio e olio nel quale sono stati fatti rinvenire. Otterete un sugo dove questi “bastoncini” per loro aromaticità, ricordano vagamente i profumi del fungo porcino.

Ma, e questa è la notizia più interessante, fa anche bene in quanto pianta ricchissima di Omega-3, grasso in grado di aumentare le nostre difese immunitarie, e di vitamine.

Quindi la mangiamo! Ma non solo.

  • L’infuso delle sue foglie ha effetti depurativi sull’organismo. E’ un buon diuretico.
  • Se adoperato per uso esterno va benissimo per curare orticarie, foruncoli ed eczemi.
  • I contadini usavano, se punti da un’ape o una vespa, prendere le foglie più carnose,  spezzarle a metà,  e strofinarle sulla puntura.

Insomma, alla Portulaca manca solo la parola. E se parlasse ci direbbe “infestante sarà lei!

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