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E’ tempo di tartufi. Lo sapevate che…

Dunque, ora vi spiego. Qualche sera fa ho partecipato ad una serata in cui il  protagonista è stato un tartufo, e che tartufo… il  “tartufo bianco d’Alba”! 

Alberto Cirio, Assessore al Turismo e alla Tartuficoltura Regione Piemonte, presentato da Carlo Vischi, organizzatore della serata, ne ha descritto le peculiarità e ne ha raccontato la storia.

I tartufi non sono coltivabili, sono funghi ipogei ‘spontanei’ che compiono il loro intero ciclo vitale sotto terra. Crescono in aree ben determinate e in particolari condizioni ambientali, vivendo in simbiosi con le radice di alcune piante. La loro nascita è ancora avvolta in un mistero. Plinio racconta che un fulmine di Zeus, scagliandosi sulla terra, fertilizzò il punto da cui ebbe origine.  Comunque sia andata, io continuo ad amarne i profumi e i delicati sapori che trasformano un semplice piatto in una prelibatezza degna degli dei… 😉 

La location dell’evento è stata quella dell’Hotel Sheraton Milano Malpensa, mentre la predisposizione del menù è stata coordinata da Enrico Fiorentini, chef executive del Il Canneto, in collaborazione con i colleghi Walter Ferretto del Cascinale Nuovo di Isola d’Asti, e Bruno Cingolani de Le Scuderie del Castello di Govone. 

In passato, dopo aver visitato l’annuale Fiera Internazionale del Tartufo Bianco, ho avuto modo di approfondire la conoscenza di questo fungo pregiato. Dal 12 Ottobre avrà inizio una nuova edizione, ben l’83esima che, con un ricco ventaglio di appuntamenti, ne celebrerà gli usi e le tradizioni.

Fatta questa premessa, visto che non si finisce mai di imparare, oggi vi parlerò di tartufi! 

Lo sapevate che…

  • Esistono molte specie, ma il tartufo bianco bianco d’Alba, il Tuber Magnatum Pico, è quella più pregiata e di maggiori dimensioni. Pensate che il suo valore si aggira intorno alle 250-300 euro l’etto. Il Piemonte è la regione in cui è più presente, ma si può trovare anche in Lombardia, sulle colline dell’Oltrepò Pavese, nel mantovano, e sia pur rarissimamente, nell’Italia centrale. 
  • Il tartufo contiene circa l’80% di acqua. È ricco di potassio, di calcio, di sodio, di magnesio, di ferro, di zinco e di rame. Comunque sia, il suo valore non incide in modo rilevante sull’apporto alimentare. Per gli appassionati è puro piacere degustativo. 
  • Un tempo il tartufo bianco d’Alba si conservava nel riso, ora, per la sua conservazione, viene consigliato di tenerlo avvolto in carta assorbente e in ambiente fresco con temperatura dai 3 ai 6 gradi. A garanzia del prodotto si vende in un sacchetto numerato riconducibile all’origine di provenienza.
  • Nell’Ottobre del 1990 si è costituita ad Alba l’Associazione nazionale città del tartufo per la promozione e la diffusione della cultura di questo pregiato fungo apprezzato nel mondo. La qualità viene determinata dal giudizio di esperti, uomini e donne, appositamente formati. 
  • Per valutare la qualità di un tartufo bisogna basarsi su ‘vista, tatto e olfatto’. Un tartufo deve essere ben pulito affinché i residui di terra non ne coprano i difetti. Al tatto deve essere compatto ma con una nota lievissima di elasticità, mentre al naso il suo odore è percepibile solo nel momento della maturazione. I suoi profumi ricordano l’aglio, il fungo e la terra bagnata. 
  • Per il cercatore di tartufi, che in Piemonte viene chiamato con il termine dialettale trifolau o trifulé, la buona intesa con il cane scavatore addestrato è fondamentale. La ricerca del prezioso fungo avviene da Settembre a Gennaio, e preferibilmente di notte, questo per non destare troppe attenzioni mantenendo segreti i tragitti seguiti. Da ciò è facile dedurre che la conoscenza del territorio è fattore essenziale per il buon esito della missione. La legislazione italiana prevede che la raccolta sia libera, sia che avvenga nei boschi che nei terreni non coltivati.

Oltre a questa pregiata qualità, ce ne sono molte altre con un prezzo più accessibile. Senza togliere l’indiscussa corona al tartufo bianco, cito ad esempio i tartufi neri pregiati, reperibili fino a Marzo, oppure tra Aprile e Maggio i bianchetti, o a Luglio gli scorzoni. 

Il tartufo bianco si pulisce bene ma non si sbuccia. A differenza di quello nero, non va cucinato. Viene utilizzato come condimento crudo, tagliandolo a fettine sottili su piatti poco conditi. Come me, ama i piatti semplici e non troppo elaborati. Forse è per quello che durante la serata l’ho apprezzato in particolare sul risotto e sulle uova.

Che sia anch’io un po’ trifulé ?! 😉

 

Fonte: “Alla scoperta del tartufo” – Slow Food Editore

 

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