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Edoardo Ferrera, un cuoco aspirante oste!

Edoardo Ferrera, un cuoco aspirante oste che ho conosciuto a Imperia, in una giornata di prima estate in cui splendeva il sole. Dopo giorni vissuti nella quiete di Apricale – borgo medievale tra i più belli d’Italia situato nell’entroterra di Bordighera – avevo bisogno del mare, dei suoi colori e della sua gente. 

Un incontro con un cuoco viaggiatore che ha appreso l’arte della cucina dalla nonna Tecla, nella vecchia osteria di famiglia situata in un angiporto, uno dei tanti vicoli nel centro storico di Genova. Col passar del tempo, le frequentazioni della gente del porto, lo hanno portato ad imbarcarsi come marinaio della Marina Militare italiana sulla nave scuola Amerigo Vespucci.

Era il 1984. La passione per la cucina non tardò a farsi sentire.

Dopo le tante esperienze – non solo culinarie – fatte in giro per il mondo (Edoardo è anche un batterista di rock blues), è tornato nella sua Liguria, dove gestisce il ristorante ‘Il Refettorio Cenacolo del tempo sospeso”. Un luogo in cui celebrare il gusto dimenticandosi del tempo. 

Edoardo, un uomo gentile e ospitale, ma schietto e di carattere.  A lui la parola.

  • Cuoco e aspirante oste, partiamo da qui. Raccontami di questo tuo percorso. A che punto sei arrivato?

Arrivato? Cara Cinzia, se mai partito! È un percorso metamorfico credo naturale, per chi come me di Mestiere di Bottega vive. Un cuoco ha una visione perimetrale al governo del fuoco e dello spazio dove ripone il suo fare, l’oste invece deve avere una visione periferica e più completa. Questo mi affascina e mi fa vivere il mio Spazio con visione e modus operandi diverso. Mi dà l’obbligo che una Bottega impone… Presenza, costanza, gestionalità integrata all’economia domestica, fino ad amministrarne accoglienza e promozione globale del proprio fare.

  • Insisto spesso affinché il racconto del piatto sia fatto a dovere. Una presentazione che va oltre al semplice nome. Conoscere l’origine delle materie prime, il legame con i territori e le alleanze che si creano con i produttori, fa la vera differenza. Un modo per fare cultura del cibo. È per questo motivo che ora ti chiederò di raccontarmi un piatto che ho apprezzato particolarmente: le Trenette al Pesto con Fagiolini e Patate. Una preparazione conosciuta dai più, che impone ricerca e ingredienti di qualità. 

Le Trenette al Pesto con Fagiolini e Patate per noi genovesi è un fattore cromosomico, un rigoroso rito da osservare almeno una volta alla settimana. Il Pesto è in qualche modo  GENOVA, rappresentandone in maniera iconografica semplice la sua Superba magnificenza. Genova, “superba per gli uomini e per le mura”, come la definì il Petrarca, è lo splendido capoluogo dell’assolata Liguria. Sai Cinzia, si potrebbe camminare all’infinito nel suo centro storico tra gli incantevoli “caruggi”, gli stretti vicoli fiancheggiati da case altissime, senza mai stancarsi. Ogni muro, ogni casa, viuzza e palazzo, ogni villa, parco e fortificazione, conserva intatto il fascino dell’antica Repubblica marinara genovese. “Città d’arme e di commerci”, le sue bellezze artistiche sono conservate all’interno dei palazzi nobiliari detti rolli, e nei molti musei cittadini. Genova appunto, capitale del “pesto” e del buon cibo, come potrei tralasciarne traccia nei miei menù? Da sempre e per sempre ci saranno!

Edoardo Ferrera: “Trenetta, pesto, fagiolini e patate. Concepita a Lucera per essere accompagnata con il vero Pesto alla Genovese. Prodotta da due varietà di grano con caratteristiche diverse e complementari, il Saragolla e l’Hathor, sperimentate a lungo in azienda e coltivate in agricoltura biologica. Il Saragolla ha proteine e glutine e dà alla pasta corpo e sapore; l’Hathor è un incrocio tra Korasan e Senatore Cappelli e ha un profumo molto intenso.”

  • Giornalismo enogastronomico. A volte garbato e a volte impertinente. A volte persino saccente. Qual è la tua esperienza a proposito?

Esistono “regole del gioco”, le devi conoscere, tutto qui.  A volte incontri penne garbate dall’animo gentile, a volte penne che stanno per finire l’inchiostro, e che pertanto cercano in qualche modo di lasciare il loro segno… Ma anche questo fa parte del gioco delle parti, nessuno ti obbliga a farne parte.

  • Filippo, tuo figlio, e la sua passione per le ostriche. Un giovane attivamente coinvolto nella brigata di cucina del tuo locale. Mi spieghi com’è nato in lui l’interesse per questo mollusco? E, vista la sua conoscenza, quali i consigli per l’assaggio in sicurezza?

Nasce dalla dote innata che Filippo ha… l’essere curioso. Dote per altro fondamentale del nostro mestiere, che ti permette di andare sempre e comunque alla ricerca anche dell’ovvio. Grazie all’amico romano Corrado Tenace – che oltre ad essere un grande selezionatore è un profondo conoscitore dell’Ostricoltura – Filippo, letteralmente preso per mano, ha potuto conoscere sul campo questa pratica. Un mondo fatto di genti di Terra, Mare, Fiumi e Lagune. Oggi è lui stesso che ha firmato la nostra carta delle ostriche ricercando con grande sensibilità cognitiva tutte le nostre proposte, creando un percorso davvero intenso e prezioso.

L’assaggio in sicurezza…?! Credo che si debba sempre saper valutare il professionista che si ha di fronte. L’ostrica, come tutto il pesce crudo, a livello di sicurezza alimentare è cosa delicata, pertanto, già il locale stesso (pulizia e ordine) danno segnali importanti su come possano essere mantenute.

Edoardo Ferrera: “Una personale interpretazione di uno dei primi piatti di quella Italia Verace che amo: la Puttanesca alla romana. Volendo giocare con le materie prime abbiamo anteposto alle uova e farina, una verace seppia lavorata e trafilata come una tagliatella. Il rimando organolettico viene poi dato da un’infusione di pomodoro cotto sottovuoto con colatura di alici e capperi per trentasei ore, è servito alla brocca al commensale. L’effetto a mio giudizio è coinvolgente ed al contempo sensuale.”

  • Negli anni scorsi ho avuto modo di conoscere Wainer Molteni e di scriverne a proposito del suo libro: “Io sono nessuno – Storia di un clochard alla riscossa”. Un racconto a cui ti sei ispirato e che ti ha permesso di realizzare un menù: “A Pane e Acqua”. Un’idea nata con lo scopo di aiutare il Centro Ascolto Caritas di Imperia, e i senzatetto che sostiene. Me ne vuoi parlare?

Wainer è una persona speciale, la sua storia mi ha colpito parecchio. Il suo libro – “Io sono nessuno” – me ne ha ribadito il suo essere persona vera, genuina e profonda.

Così nasce il progetto “A pane e Acqua”, una degustazione scritta da ciò che semplicemente ho visto per strada; ciò che gli invisibili raccolgono e pescano dal nostro scarto. Come ben sai, però, queste operazioni di chiarity viaggiano sul sottile confine tra il filantropismo e il divenire portatori sani d’italico paraculismo.  È per questo motivo che proponiamo il menu solo a quei tavoli che in qualche modo sono anch’essi “invisibili”. Quelli con cui nasce un contatto al tavolo, una garbata e temporale confidenza. Tavoli che scelgo solo io. Pensi che forse è un salire in cattedra troppo arrogante? Può essere, ma sono o non sono lo Chef!

  • Dopo aver letto il tuo pellegrinare per il mondo (a dire la verità un po’ ti invidio), mi chiedo se il tuo sbarco a Imperia sarà duraturo…

Sono un Marinaio nell’animo, è vero. Per natura la mia prua non chiede mai sosta alla banchina guardando terra, ma solo sempre verso il mare aperto. Tanto per dire che il mio motto è: “La meta è la Partenza”. In questo caso però è diverso. C’è un progetto chiamato Filippo Ferrera, c’è una nuova rotta da tracciare. Non chiedermi però di darti tempi. In questo momento qui al Cenacolo di Oneglia il Tempo l’ho Sospeso! In futuro chissà… finché c’è da fare io non mi annoio mai.

Cinzia, voglio salutarti con un vecchio proverbio milanese che il buon Gualtiero citava spesso: “Quand l’ost l’è su la porta, el gh’ha de fa nient in cà.” 

Edoardo Ferrera: “Un piatto che è nato pensando a Montale e la sua Raccolta Ossi di Seppia. Ardesia, Sassi di Battigia fanno da anfiteatro e contenitore per il nostro Polpo, a cui vengono estratti i succhi naturali, e poi ristrettì in gelatina albuminica naturale ricavata da lische di Nasello. Il piatto è molto semplice, perché accompagnato con patate e fagiolini all’olio extra vergine d’oliva Taggiasca 190 del Frantoio Sant’Agata e dei fiocchi di Sale affumicato.”

“Il Refettorio Cenacolo del Tempo Sospeso”  Via Des Geneys, 34 – Imperia  www.ilrefettorio.it

 

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