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Riflessioni dopo Olio Officina Food Festival 2015

 

Da pochi giorni si è conclusa la 4’ edizione di Olio Officina Food Festival, l’appuntamento milanese diretto dall’oleologo e scrittore Luigi Caricato che vede protagonista l’olio da olive. Un format dedicato ad approfondimenti, dibattiti e degustazioni, che ogni anno puntano a diffondere buona cultura del cibo per favorire il consumatore verso una scelta informata e consapevole.

Durante la giornata a cui ho partecipato, molti gli spunti di riflessione su cui confrontarsi per la promozione di un’importante produzione italiana che vive una stagione difficile. Qui di seguito mi soffermerò su alcuni momenti che a mio parere meritano attenzione e ragionamenti ponderati.

  • La gestione dell’olio al ristorante.

Uno degli argomenti chiave per una proposta che favorisca l’olio extra vergine di oliva di qualità. Il ruolo della ristorazione in questo caso è di rilevante importanza.
Educare il cliente verso una scelta consapevole dipende molto da come viene presentato un prodotto. Questo presuppone una formazione degli addetti e un confronto con il mondo delle produzioni attraverso meeting e corsi formativi che predispongono a tale compito.

  • Il blending.

Con Marcello Scoccia, vice presidente ONAOO (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Olio di Oliva) si è parlato di blend, cioè l’arte di assemblare cultivar per ottenere profili sensoriali che soddisfino il cliente. Anche se non piace a tutti,  il blending non va inteso come una sofisticazione. Tale compito infatti è assolto da assaggiatore esperti.

La gestione dell'olio al ristorante.

La gestione dell’olio al ristorante

  • Monodose di olio extravergine di oliva al ristorante.

Un’idea interessante più volte discussa, che le aziende agricole possono adottare per proporsi ai consumatori attraverso la ristorazione. Una monodose a prezzo simbolico per farsi conoscere e diffondere così le produzioni di oli extra vergine di qualità, dando la possibilità ai consumatori di fare ordini direttamente alle aziende.

  • Tappo antirabbocco.

Qui tocco un tasto dolente. C’è infatti chi lo reputa solo una presa in giro per il consumatore, visto l’utilizzo di oli di scarsa qualità che ‘a volte’ vengono utilizzati nelle cucine durante le preparazioni dei piatti. Personalmente, per evitare che una bottiglia con note etichette venga più volte riempita con oli discutibili, promuovo senza dubbio l’adozione di questo tappo. Sul resto la professionalità del ristoratore fa la differenza. Come ha sottolineato una persona del pubblico presente al dibattuto, in Giappone, paese che apprezzo sempre di più, preferiscono di gran lunga privilegiare investimenti in cultura del settore. Chi vuol capire intenda.

  • Cibo e bambini.

Con Giovanna Ruo Berchera, insegnante di cucina, si è parlato di bambini che rifiutano il cibo per motivi non legati al gusto. Giocare con gli alimenti legandoli ai racconti, crea emozioni che inconsapevolmente vengono custodite nelle memorie. Coinvolgerli nelle preparazioni, oltre a divertirli, li aiuta a superare e vincere le diffidenze. Sfido chiunque a non ricordare un cibo della memoria legato ad un ricordo d’infanzia…

  • Eros e cibo.

L’olio alimenta l’eros. Questo il tema della 4′ edizione di Olio Officina Food Festival. Anche il pane è eros. Simona Lauri, consulente e tecnico per la panificazione, insieme a Giuseppe Capano, chef e consulente di cucina, ha raccontato un cibo che amo molto, artigianale e appagante, che mi da piacere e benessere riportandomi ai valori di una volta. Il mio consiglio è di scegliere accuratamente i panificatori che privilegiano farine di qualità. In cambio avremo prodotti da forno che renderanno le nostre giornate più ricche di bontà e di salute.

 Il pane, un corpo caldo che è vita e passione. Simona Lauri

Massimo Occhinegro, consulente esperto di marketing internazionale

Massimo Occhinegro, esperto di marketing internazionale

 




L’importanza di saper comunicare l’olio extra vergine di oliva

Si è appena conclusa l’ultima edizione di Olio Officina Food Festival, l’evento ideato e diretto da Luigi Caricato teso a promuovere l’olivicoltura in tutte le sue forme. Molti gli spunti di riflessione, su cui, con i protagonisti della filiera, discutere e ragionare per un approccio e coinvolgimento migliore del consumatore verso le produzioni di qualità.

Da dove partire quindi ? Il miglior modo a mio parere, è capire quale sia agli occhi del consumatore la visione dell’olio extra vergine di oliva. Nonostante si stia facendo molto, la confusione ha ancora la meglio sulla limpidezza che questo prodotto esige.

Dopo avere ascoltato l’intervento di Antonio Iaderosa, Direttore ICQRF per Milano e Brescia (Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari), ed essermi fermata con lui a fine dibattito per discutere su alcuni punti, ho constatato che, sia tra i produttori che tra i ristoratori, ci sono ancora molti dubbi.

Dunque, partendo da una buona produzione di olio extra vergine di oliva italiano, il passo successivo e di fondamentale importanza, è il modo in cui viene presentato e comunicato. Partiamo dall’etichetta. Come mi diceva Antonio Iaderosa, oltre a scrivere il produttore, il paese di provenienza delle olive (non si possono inserire i nomi delle regioni italiane) e le info legate all’azienda, è facoltativa la scelta di scrivere la cultivar.

Ebbene, alcuni produttori mi hanno fatto presente che però la descrizione sull’etichetta dipende anche dai disciplinari delle 42 DOP (il cui numero per me, e non solo per me, è troppo, e crea confusione). Uniformare le ‘info di base’ per tutte le DOP non sarebbe una cosa giusta? Non dovrebbero variare solo per quanto riguarda il territorio a cui si riferiscono?

Un’altra forma di comunicazione utile per promuovere l’olio di qualità, come sottolineava durante il Festival Luigi Caricato, potrebbe essere anche l’introduzione di veri e propri ‘blogger dell’olio’, che, con un approccio più vicino alla gente, potrebbero essere un valido aiuto in questa direzione.

Si è parlato anche del ben noto tappo anti rabbocco bocciato dalla Comunità Europea. L’introduzione impedirebbe il riempimento successivo da parte di ristoratori scorretti, che propongono sui tavoli bottiglie di olio extra vergine di oliva di noti produttori, ahimè riempite con oli di scarsa qualità. Operazione tra l’altro, oltre che scorretta, anche lesiva dell’immagine dell’azienda in questione. Mi raccomando, scegliete i ristoratori virtuosi!

Ovviamente parlo da consumatrice appassionata che si informa. Sono convinta che, per una scelta dell’olio extra vergine di oliva consapevole, è importante puntare sulla semplicità e sulla chiarezza. Se sono gli stessi produttori/ristoratori a non avere le idee chiare, ci meravigliamo ancora se tra i consumatori c’è confusione?!




Con la mano sul cuore, scelgo l’extra vergine

Qui di seguito riporto la mia intervista, o meglio, il mio approccio con l’olio, raccontato rispondendo alle domande di Luigi Caricato, direttore di Olioofficina Magazine, per la sua Rubrica ‘Che Olio Sei‘.

Per l’articolo originale cliccare qui.

La farm blogger Cinzia Tosini racconta la sua esperienza e il suo approccio con l’olio, a partire dall’infanzia. Per lei continua a rappresentare la cosa buona, ciò che fa bene, il prodotto prezioso e ricercato che va usato con cura.

Cinzia Tosini si definisce farm blogger. Così, di fronte al dilagare dei food blogger, c’è chi, invece, parte da una visione diversa, direttamente dalla terra, dai protagonisti del cibo prima ancora di approdare in cucina e poi sulle tavole. 

  • Quale idea di olio lei si è fatta nel corso dell’infanzia? L’olio di quegli anni è stato quello ricavato dalle olive o un olio di semi?

La mia infanzia è legata all’olio molto più che per un’idea. Da bambina l’olio rappresentava la cosa buona, ciò che faceva bene, il prodotto prezioso e ricercato che andava usato con cura. Ero uno ragazzina gracile con una salute cagionevole, un’unica figlia di un padre dalle cure premurose. L’olio era la terapia naturale che lui non mancava di aggiungere ad ogni mio piatto. Ricordo ancora le sue parole: “Cinzia, papà adesso ti mette l’olio buono così diventi forte…” Crescendo la mia idea non è cambiata, tutt’altro, si è rafforzata. L’olio, quello buono, quello ricercato, continua ad essere protagonista nella mia cucina. Ovviamente l’olio di quegli anni e degli anni a venire, per me, è solo l’olio ricavato dalle olive. Null’altro a mio gusto personale ha mai retto il confronto.

  • Una curiosità: i sapori e i profumi dell’olio della sua infanzia coincidono con quelli che invece percepisce e apprezza oggi?

I profumi e i sapori dell’infanzia, essendo associati ai ricordi e alle emozioni, sono inimitabili e ineguagliabili. Come diceva l’antropologo Marino Niola – ciascuno di noi ha la sua madeleine, il sapore che gli ricorda la meglio età. Non è solo rimpianto dei sapori d’antan, ma uno stato di grazia da ricreare, una ricerca del tempo perduto. E quando ci riesce proviamo uno stupore infantile, una gioia bambinesca che ci fa socchiudere gli occhi di piacere… è tempo ritrovato. Tuttavia, lasciando da parte la nostalgia e scegliendo con attenzione, oggi si possono trovare ottimi prodotti dai sapori e dai profumi che fanno dell’olio extra vergine di oliva, una tipicità da promuovere e valorizzare per l’alta qualità ricercata da molti paesi al mondo.

  • Cosa apprezza di più di un olio extra vergine di oliva?

La cosa che mi piace di più in un olio extra vergine di oliva, è senza dubbio il suo profumo. Sentendolo non riesco proprio a far a meno di socchiudere gli occhi. Se è buono la mia espressione è di pura beatitudine, mentre se non lo è… bè, lascio a voi immaginare.

  • Quanto sarebbe disposto a spendere per una bottiglia di extra vergine?

Diciamo che, ovviamente senza esagerare, non bado a spese. Se penso che ci sono persone disposte a spendere cifre folli per acquistare un profumo, intendo per il corpo, mi viene spontaneo sorridere. Io non spendo cifre folli, spendo cifre ragionevoli per acquistare un prodotto di qualità che ricerco, oltre che per il buon profumo, anche per il buon gusto. Che ci volete fare… son fatta così!

  • A tal proposito, per lei la bottiglia che frequentemente acquista di quant’è? Da 250, 500, 750 ml o da litro?

Se è buono decisamente un litro, anche perché l’olio extra vergine di oliva per me non è solo un condimento, accompagnato dal pane è soprattutto il mio spuntino preferito.

  • In tutta sincerità, senza alcuna senso di colpa o imbarazzo, qual è il suo condimento preferito tra tutti i grassi alimentari?

Senza dubbio e senza incertezza, e aggiungo con la mano sul cuore, l’olio extra vergine d’oliva! 

  • Basta olio. Veniamo al suo lavoro. A cosa sta lavorando?

Il mio vero lavoro, oltre che la mia passione e ormai la mia vita, è quello di raccontare ciò che la terra, attraverso l’esperienza delle persone che la lavorano e che la rispettano, permette di produrre. Il risultato di questa espressione è rappresentata dalle molte tipicità che fanno l’Italia un grande paese conosciuto nel mondo. La missione, mia, e quella tutti i veri italiani, è promuovere tutto questo.

 




Oggi voglio togliermi come si suol dire… “qualche sassolino…”

Da tempo volevo fermare alcune mie riflessioni su… “mediaticità e blogger”,   su… “chi sta oggi sotto i riflettori ”,  su… “i libri più esibiti e venduti del momento” e  su… “gli chef dell’alta cucina”. Ringrazio lo chef  Matteo Scibilia e Luigi Caricato per avermi dato lo spunto.

Stamane leggendo un articolo pubblicato da Luigi Caricato sul suo blog,  “Più umiltà e meno sfrontatezza dietro ai fornelli”,  ho voluto togliermi come si suol dire qualche sassolino dalla scarpa… Tutto è nato da un post dello chef Matteo Scibilia, dell’Osteria Buona Condotta di Ornago:

Ormai c’é una grande divisione nel mondo della ristorazione. Pochi e sempre gli stessi chef sotto i riflettori. Sempre gli stessi giornalisti protettori e non si capisce se per capacità o per successo sulla clientela. Questo incredibile momento di grande mediaticità del nostro settore, tra blogger e simili, sembra un circo che gira su se stesso”.

Leggo concetti importanti, ne analizzerò uno per volta.

  • Il primo: “E’ un momento di grande mediaticità  del nostro settore, tra blogger e simili, sembra un circo che gira su se stesso. Matteo Scibilia dell’Osteria Buona Condotta ”.

Dunque, nonostante è risaputo che non mi piace il termine blogger, rientro in questa categoria mediatica. Ho questo blog nato dalla passione di sempre per la terra, per i suoi prodotti, e per le Persone. Un blog nato come terapia di buona vita, dopo che la stessa mi ha travolto facendomi cadere. Mi sono rialzata così, scrivendo quello che vivo. Detto questo entro in merito; i blog sono diari in rete che nascono dalle passioni. Questi contenitori ci permettono di darne diffusione.

Viste poi le recenti polemiche, insisto sul concetto che blogger e giornalista sono figure ben diverse.  Il blogger scrive per lo più trasmettendo il proprio credo e le proprie emozioni. Il giornalista è tale, perché esercita in esclusiva questa professione; spesso scrive cronache, e non sempre  trasmette emozioni. Comunque sia, entrambe queste figure possono aiutare la promozione della terra in un momento difficile come questo, “facendo bene”. E’ fondamentale l’aiuto di tutti per la diffusione delle realtà produttive, per il territorio e per la nostra Italia.  Insisto, “non è una gara”!

Ricordo a tutti che per “noi blogger”,  l’energia e non solo quella per ciò che facciamo, è di grande sacrificio. Per quanto mi riguarda comunque sia e comunque sarà, continuo imperterrita, nonostante tutto, tenendo i piedi per terra e ricordando perché ho iniziato a fare tutto questo. Quindi, se questo momento di grande mediaticità può servire ad aiutare “tutti”, perché no!

  • E ancora… “La gente è attratta da chi sta sotto i riflettori. Luigi Caricato”.

Purtroppo è una società che si ferma a guardare più le vetrine che i contenuti.  Qualche giorno fa una persona mi ha scritto chiedendomi se ho uno zio americano per ciò che faccio. Mi ha quasi divertito la cosa visto la semplicità con cui vivo, ma mi ha fatto riflettere, su quanto possa ingannare la visione apparente delle cose. E’ per questo che, nonostante ritengo buona cosa la conoscenza sul web, mi è fondamentale conoscere dal vivo le persone. La conoscenza è mezzo indispensabile per dare giudizi concreti. Quindi se il tempo e la conoscenza non fa affiorare i contenuti, i riflettori si spengono in fretta.

  • E ancora… “In libreria i libri più esibiti e venduti sono quelli firmati (ma non necessariamente scritti) dai tromboni televisivi. Luigi Caricato”.

Vero purtroppo… libri dai contenuti leggeri, specchio della società. Forse complice è la televisione con i suoi messaggi comunicativi per lo più di poco spessore. Forse perché si sta vivendo un momento difficile e la gente vuole  evadere.  Sta di fatto che gli editori seguono l’onda del marketing. Sta a noi cavalcare l’onda giusta…

  • E ancora… “Alcuni chef innominabili, dopo aver per lungo tempo reso pornografia l’alta cucina, oggi invocano il ritorno alla cucina semplice e a prezzi accessibili. Luigi Caricato”.

Dunque io sono quella “fastidiosa” per alcuni di loro… quella “rompi”, quella che a volte li prende in giro per l’uso delle foglie che sanno di ostrica o per l’esagerata esasperazione dei piatti. Quella che ordina in posti  in cui non è consuetudine farlo una frittata di cipolle, o la mozzarella in carrozza, o le verdure in pastella dicendo loro che forse una foglia di menta avrebbe migliorato il tutto.  Io sono “l’elemento disturbante” per molti, almeno così mi dicono… Non hanno capito che le mie sono solo provocazioni per riportarli un po’ alla tradizione!

Ricordo quando una sera la persona a cena con me, ha passato ironicamente il coltello allo chef perplesso dalle mie richieste. Io rappresento come dico spesso la gente, l’appassionata che trae puro piacere dal cibo. Sono le persone come me che dovrebbero dire più la loro. Questo ovviamente con tutto il rispetto per gli esperti del settore. Preciso che con alcuni chef sono amica, li rispetto e li ammiro per la loro bravura. Sono offerte diverse, semplicemente questo.  Per quanto mi riguarda amo le tradizioni e la cucina semplice di una volta, casomai un pochino rivisitata. E’ possibile che non riesco a trovare un cuoco che mi faccia, a volte persino che non conosca, i “ciceri e tria” fatti come vanno fatti??  E’ vero, è una specialità leccese, ma perché non fare corsi di cucina regionale anziché fare i “fuochi d’artificio” nei piatti?!

Concludo con un ricordo.  Una sera ormai quasi due anni fa, ero a cena per un caso fortuito in un ristorante con allora tre stelle Michelin. Dopo le mie provocazioni iniziali che hanno contribuito a stemperare l’atmosfera steccata, il proprietario  mi ha raccontato che era stato condotto per un incontro di lavoro in un locale analogo al suo. Bè, la cosa l’aveva infastidito alquanto. Mi disse: “Ma caspita, non potevano portarmi a mangiare in un locale in cui servivano due fette di culatello e così di seguito…”  Ahhh!! Allora è così, a quanto pare la verità è che, la semplicità nei piatti piace molto anche a loro! 😉




“Ridare identità ai Contadini”

Oggi voglio fermarmi a riflettere…  A volte è necessario per fare il punto sulle proprie esperienze.

E’ ormai risaputo… amo visitare le realtà produttive, parlare con i Contadini, quelli con la C maiuscola. Ascolto le loro storie, i loro racconti, i loro sfoghi… Sono stanchi, arrabbiati, combattuti…  I meccanismi contorti della politica e della burocrazia li attanaglia a tal punto da toglier loro la voglia di lottare. Tutto ciò porta a isolarli disperdendo energie, quelle buone, quelle che qualcosa ancora potrebbero. Alcuni sono demotivati a tal punto da perdere la passione, altri affondano, non riuscendo a sostenere le spese di gestione. Ogni volta che sento morire un’azienda agricola è una ferita al cuore, una sconfitta per l’Italia.

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  • Gli agricoltori “hanno bisogno di tornare a credere”!
  • Si devono “individuare persone capaci in cui possano riporre fiducia”, è da li che si può, e che si deve ripartire.
  • Si devono creare “reti che li uniscano con una nuova mentalità”.
  • E’ importante che “vadano nella stessa direzione senza sparpagliarsi”.

Per molti sono una sognatrice, una donna che fa poesia, che, spinta dall’entusiasmo e dalla poca esperienza, crede ancora che quest’Italia ce la possa fare. Lo vedo nei loro occhi quando arrabbiata da ciò che sento, propongo soluzioni. Troppi intrecci malavitosi hanno rovinato ciò che i nostri nonni e i nostri padri hanno costruito con fatica.

Dibatto spesso su questo argomento, perché il bandolo della matassa va trovato!  Perché forse continuare a parlarne può indurre qualcuno a crederci! I segnali ci sono eccome, i giovani si stanno proiettando sempre più verso questo settore. Proprio oggi leggevo su un articolo l’aumento del 26% delle iscrizioni all’Università per i corsi di laurea in scienze agroalimentari. E’ per questo che ho deciso di riportare alcune riflessioni sul mondo contadino fatte nelle varie discussioni che spesso mi trovo ad imbastire, per capire se una strada da percorrere c’è ancora… Io ci credo!

Il mestiere del contadino, come quello del marinaio e del soldato, contiene in se stesso un alimento per l’anima: non si tratta che di liberarlo.”

Jean Guitton

  • Teresio Nardi, Fiduciario della condotta Slow Food Oltrepò Pavese: “Vengo dalla terra, ho lavorato 38 anni nella scuola e dai giovani ho avuto molto; ai miei allievi ho sempre dato sincerità, buon esempio e ho trasmesso loro passione per il lavoro. Ora posso dedicare la mia passione alla terra dove sono nato e cresciuto; lo faccio perché mi piace, non chiedo nulla a nessuno e tutto questo mi gratifica molto…”

Il nostro modello economico ha guastato tante cose, tutto è visto in funzione del reddito e tutto come strumento produttivo. Il terreno non è capitale! Io ho sempre insegnato che una grande componente del terreno è terra naturale – natura, non rinnovabile e quindi da conservare con amore e attenzione, altri più autorevoli di me lo hanno detto, ma quante volte negli ultimi cinquant’anni c’è stato un progetto politico in questo senso. Altra considerazione: il contadino dev’essere visto come guardiano dell’ambiente e del territorio, motivato a questo e valorizzato nel suo lavoro per questo motivo. Ancora: il terreno deve produrre cibo! Non energia o aree fabbricabili o capannoni… Ancora: il cibo è un bene fondamentale (a me hanno insegnato fin dalla nascita che il cibo non si spreca) non è merce di scambio. Tutto questo i veri contadini lo sanno e vivono male la situazione attuale.

Non è facile… i veri contadini: quelli che coltivano la terra, che credono nel loro lavoro, che tutelano l’ambiente e le tradizioni locali, che hanno assorbito la cultura della terra dai loro nonni e dalla storia della loro famiglia; sono anche quelli che conoscono le incertezze dei loro obiettivi, e le temono: le stagioni, le intemperie, la siccità, la grandine, il vento e tutto ciò che influisce sul ciclo di vita degli essere viventi che con tanta fatica loro allevano e tutelano. Prima temevano solo la natura che a volte è amica e altre volte è nemica; ora temono anche il “progresso” che gli sottrae terra, libertà di semente, aria pulita, paesaggio, ambiente, biodiversità; sono stati spesso ingannati dalla tecnologia. Per tutto questo è difficile coinvolgerli, conquistare la loro fiducia, far loro credere che oggi c’è qualcuno che è dalla loro parte e che vuole il ritorno alla terra, alla tutela dell’ambiente, alla valorizzazione del territorio e delle tradizioni, nonché un cibo di qualità e giusto che può venire solo dal lavoro del “contadino”.

  • Luigi Caricato, scrittore, giornalista, oleologo, ha pubblicato diversi volumi sull’olio di oliva. Collabora con varie testate giornalistiche italiane ed estere, con rubriche e articoli. Dal 2003 dirige il settimanale on line “Teatro Naturale”, periodico specializzato in agricoltura, alimentazione e ambiente.

Il guaio è che sui contadini si continua a speculare. Ci vorrebbe una riformulazione delle associazioni di categoria non  più adeguate ai tempi. Gestiscono la burocrazia e soprattutto tanto danaro, ma non dispensano idee e soprattutto non rappresentano più i propri associati. Ho un amico che è stato fondatore di una delle tre grandi associazioni esistenti, e che ora è stato tagliato fuori perché ritenuto “inutile” in quanto intellettuale. Sta proprio qui l’errore; le associazioni hanno bisogno di essere guidate da intellettuali che diano un indirizzo e che lo facciano senza clamore, come invece accade.  Io sono figlio di agricoltori e da fanciullo, e poi da ragazzo, ho lavorato in campagna; so cosa significhi, per questo, conoscendo le esigenze degli agricoltori sono profondamente preoccupato per loro. Oggi come ieri nessuno li rappresenta e tutela. La stessa comunicazione anziché aiutare l’agricoltore a fare quel passo in avanti che non riesce da solo a compiere, lo banalizza.

 Non ha senso creare una nuova associazione, ma è urgente che cambino i dirigenti, che siano agricoltori veri, loro per primi. Agricoltori nell’animo, più che nella forma. E’ un percorso a ostacoli. Io stesso per i miei scritti vengo punito con atti di ostilità, ma non demordo, perché  quando le idee sono buone, tutto prima o poi va in porto.  Oggi l’agricoltore per essere salvato andrebbe lasciato libero, ma la libertà è un traguardo difficile da raggiungere. Per superare gli ostacoli è necessario rendere gli agricoltori indipendenti, e l’indipendenza la si ottiene con la certezza del reddito. Sta qui il punto dolente: tanto il danaro (tantissimo) dato all’agricoltura, finisce nelle mani sbagliate, e così gli agricoltori non guadagnano mai la propria libertà. Non sono ottimista perché  convinto che, come per la politica, nulla cambierà nell’associazionismo. Sto raccogliendo nuove adesioni di intellettuali da cui spero di trarre quella “forza giusta” per stimolare il cambiamento. Non è facile. Anzi, è più facile cambiare l’Italia che non l’agricoltura. Si tratta di un’impresa ardua. Ma io amo le sfide, e qualcosa otterrò, ne sono certo…

  • Alfonso Pascale, Vice Presidente dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, membro del Tavolo Permanente di Partenariato della Rete Rurale Nazionale in rappresentanza della Rete Fattorie Sociali. Collabora con l’Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA).

Le associazioni nate nel secolo scorso vivono tutte una profonda crisi di rappresentanza. Nell’adeguarsi all’attuale modello di intervento pubblico in agricoltura (aiuti PAC), che distruggono il capitale sociale delle campagne, e nel rinunciare a modificarlo, sono venute meno alla loro funzione essenziale: produrre beni relazionali e creare legami solidaristici.
La loro posizione di difesa dei meccanismi assistenzialistici di intervento pubblico nell’economia non deriva (come affermano ipocritamente) da preoccupazioni per le sorti dei propri associati. Il loro atteggiamento conservatore è dettato solo dalla volontà di difendere l’assetto delle proprie strutture organizzative, che si sono adattate nel tempo alla gestione di determinati servizi. Di gente per bene ce n’è in queste organizzazioni ma non sono in grado di fornire un reale sostegno ai contadini e al territorio perché non hanno più la cultura sindacale e professionale per farlo.

Bisognerebbe costruire nuove reti, una nuova società civile che si auto-organizzi al di fuori dei legami che storicamente si sono determinati tra sistema politico e società.

Non sappiamo più leggere la saggezza che ci hanno trasmesso i contadini …

Alfonso Pascale




“I miei percorsi olistici a… Olio Officina Food Festival 2013”

Sono stati giorni intensi quelli trascorsi a Olio Officina Food Festival. Giorni di conoscenza,  di cultura, d’arte, di musica, di danze, di incontri e… dai molti sorrisi!

Ma voglio raccontarvi meglio…

Con l’inaugurazione del Festival avvenuta giovedì 24 Gennaio, come si suol dire si sono aperte le danze. “Paese d’onore 2013″ l’India, sia in qualità di consumatore d’olio, sia come paese coltivatore di olivi destinati alla produzione olearia. Questa attenzione verso l’olio d’oliva è data dal fatto che l’India è il primo paese al mondo per incidenza di malattie cardiovascolari. Son ben noti i fattori che influenzano in tal senso queste patologie: ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, fumo, diabete, obesità e inattività fisica. Due cucchiai d’olio d’oliva di qualità sono un efficace presidio medico per contrastare queste malattie.

Questa edizione di Olio Officina è stata dedicata alle donne, guardando il lato femminile dell’olio. In merito è intervenuta Rosalia Cavalieri, docente di Semiotica e Teorie delle lingue dei segni all’università degli studi di Messina, sottolineando come la biologia attesta la maggiore sensibilità olfattiva femminile. Dobbiamo reimparare ad annusare. La nostra mente è ormai viziata dalle immagini che spesso ci condizionano in modo errato. Andare oltre, annusando e non giudicando solo dall’aspetto esteriore…

“Distratti da una mentalità visivo-acustica, abbiamo relegato l’olfatto tra i sensi ‘minori’. Rosalia Cavalieri”

Tante donne dell’olio, ma non solo… Ho avuto il piacere di rivedere la cara Laura Turri che ho conosciuto recentemente visitando il suo Oleificio a Cavaion Veronese, Gabriella Stansfield Presidente delle Donne dell’Olio, Maria Adelaide Bertacco dell’Az. Agr. Colline di Marostica, Alba Guarini della Masseria Pezze Galere (BR), la simpaticissima Paola Fioravanti Presidente dell’Unione Mediterranea Assaggiatori Oli e Maria Elena Curzio Presidente dell’Associazione nazionale Cuoche a domicilio.

 Un incontro in particolare mi ha molto emozionato… Un’amica e una donna che stimo per la profondità dei pensieri, e che ho avuto l’onore di leggere nell’intimità delle nostre scritture private. Lei è Alessandra Paolini della Società Agricola Doria (CS), una Donna dell’olio.

Io non ho un frantoio aziendale… Faccio enormi sacrifici per dialogare con il mio frantoio affinché segua il mio disciplinare, i miei tempi, le mie convinzioni…  faccio chilometri nella campagna olearia e me ne vado a molire molto lontano dalla mia azienda con costi umani ed economici notevoli, in nome della qualità che io volevo…                              Io il mio mondo lo vorrei in una zolla…  Alessandra Paolini

Rincontrare Jeanne Perego, l’insalatologa per eccellenza, è stato un vero piacere. Amo molto le insalate, quelle ricche, con tanti ingredienti e condimenti, altro che contorno, veri secondi piatti ricchi di vitamine! Il suo nuovo libro ne racconta ben 365, una al giorno per tutto l’anno e per tutti i gusti!

Era arrivato il turno di Antonella e Viviana Varese. Due sorelle, due chef, e… due care amiche! Il tema del loro intervento si è sviluppato sulla scelta dell’olio giusto per la cucina di pesce di lago e di mare. Due sorelle ristoratrici: “Antonella con il suo agriturismo a Manerba del Garda Dalie e Fagioli gestito insieme al compagno e chef Fabio Mazzolini, e Viviana con il suo “Alice Ristorante” a Milano”.

Finito l’intervento di Antonella e Viviana, una sensazione di buco allo stomaco ci fece capire che era ora di pranzare. Giusto il tempo di chiamare un taxi e in una volata eravamo da “Alice” il ristorante di Viviana Varese. Nell’intimità di una saletta sotterranea abbiamo pranzato tra confidenze e sorrisi come da tempo non riuscivamo a fare per gli impegni reciproci. Una volta finito, pronta per tornare al festival, Viviana mi ha fermato e mi ha detto: “Guarda un po’ qui dietro!”   Sono scoppiata a ridere quando ho letto alcune frasi umoristiche sul retro della porta della cucina. Un click e… via!

Relatori della tematica inerente alle guide dell’olio, l’oleologo Nicola Perrucci e il Maestrod’olio Fausto Borella. Recentemente ho fatto a Fausto un’intervista con domande  semplici per risposte semplici, come piace a me. Ne riporto una:

  • Cito un’affermazione ascoltata in un tuo intervento che condivido pienamente: “La filiera dell’olio del contadino gli costa almeno dieci euro al litro. Un olio d’oliva che costa tre euro non è un olio extra vergine d’oliva, ma solo una bugia per il consumatore”.  A questo punto ti chiedo: Ma un olio con questo costo com’è ottenuto?

Attraverso navigazioni di navi di olio nei migliori porti italiani. Oppure attraverso una incontrollata tratta dell’olio non certificato del Sud che invade le regioni italiane fino alle Alpi.

Il consiglio che Fausto da al consumatore per indirizzarlo verso una scelta consapevole di un olio d’oliva di qualità, è di scegliere cercando una delle 44 DOP italiane che abbia un costo di circa 6-8€ per 50 cl.

Un altro felice incontro è stato quello con il simpatico Elia Fiorillo, Presidente del Ceq, Consorzio di garanzia per l’olio extravergine di qualità. Elia mi ha spiegato che questo organismo senza scopo di lucro, è aperto a tutti gli operatori olivicoli, produttori, confezionatori e distributori per promuovere e rilanciare la filiera italiana dell’olio d’oliva di qualità.

Era la volta degli ultimi saluti… Ho avuto il piacere di conoscere di persona Massimo Occhinegro esperto Marketing, con il quale pochi giorni prima dibattevo sul web di olio e qualità. Ho riabbracciato Fausto Delegà, intervenuto sulle dolci sinergie tra oli, mieli, api e ulivi. Con Gianpiero Rorato, giornalista e scrittore di Motta di Livenza (TV), ho rievocato il mio paese d’origine che porto nel cuore. Infine ma non per importanza, ho salutato il mio grande amico anconetano Riccardo Pilesi, Marketing food & wine.

Era il mio turno… Toccava a me e a Laura Pantaleo Lucchetti intervenire. La tematica: “Il cibo libera la mente”. Pronti, via!

Ricordo che, quando Luigi qualche mese fa mi propose di intervenire sull’olio d’oliva visto dal consumatore e sulla comunicazione web del cibo mi son detta: “Bella sfida!” Sfida che ho preso con molto impegno leggendo testi, sondando tra la gente, e visitando oleifici…

E’ ben risaputo quanta poca cultura ci sia in Italia nel mondo dell’olio, anzi, nel mondo degli oli, visto che abbiamo in realtà oltre 530 cultivar, ma chiamiamo ancora l’olio al singolare.  La gente conosce l’olio d’oliva, non in base al territorio di provenienza e alla cultivar, ma in base al nome del produttore. Perché non mettere in bella vista qualche informazione in più sulla provenienza?!

La verità è che, chi può se lo procura tramite parenti o amici direttamente nei luoghi di produzione, mentre per chi si approvvigiona presso la grande distribuzione la scelta cade o sulle offerte per l’olio d’oliva per cucinare, o sulle marche più conosciute per l’utilizzo a crudo. Alcuni per non sbagliare mi hanno risposto che comprano l’olio col prezzo più alto. Sarà mai questa una scelta consapevole… ?!

Detto questo mi sono ripromessa di approfittare del mio intervento per fare delle richieste ben precise che aiutino le persone verso una scelta più informata dell’olio d’oliva:

  • Ai Comunicatori chiedo più semplicità nelle parole. Insisto spesso su questo concetto perché la cosa importante è fare buona cultura della terra con parole semplici, per arrivare alla gente. Le persone chiamano ancora l’olio d’oliva di qualità, “l’olio buono”. Il termine “olio evo” ormai tanto usato, ai più è ancora ignoto (evo: extra vergine d’oliva).
  • Agli Olivicoltori chiedo di organizzare più eventi degustativi per raccontare alla gente il proprio olio. Come diceva Veronelli: “L’olio come il vino. L’ulivo come la vite.” Oltre a “Cantine aperte” perchè non fare… “Oleifici aperti”.
  • Alle Enoteche chiedo di creare un angolo per una “oleoteca” che permetta la degustazione degli oli.
  • Ai Ristoratori chiedo di raccontare gli oli d’oliva che vengono portati a tavola esattamente come si fa per il vino, basta chiedere alle aziende produttrici delle schede tecniche, o meglio ancora, formare gli addetti in sala con corsi di assaggiatore d’olio.
  • Ma chiedo qualcosa anche ai consumatori. Di essere più curiosi nel provare gli oli, ne abbiamo talmente tante varietà. Nel dubbio come già detto preferire le Dop. Quando invece siete in vacanza approfittate per visitare una realtà agricola che vi renderà molto più consapevoli sul prodotto che consumerete.

Infine non posso che sottolineare l’importanza della promozione del territorio e dei suoi prodotti attraverso la rete. Questo però non prescinde dal fatto che la conoscenza diretta del produttore e dei suoi prodotti è strumento insostituibile… per lo meno, per come li vivo io…




Rileggendo… “L’olio secondo Veronelli”

Strane coincidenze accadono nella mia vita… Direte: “In che senso?” Mah, a dire il vero non lo so neanch’io, ma è vero che l’anno scorso ho conosciuto Luigi Caricato, che poco dopo gli ho fatto un’intervista e… e poi lui mi ha invitato a dire la mia sull’olio d’oliva guardandolo dal punto di vista del consumatore nella nuova edizione del Festival Olio Officina 2013, e poi…

E poi… leggendo una copia di “Ex Vinis” di Luigi Veronelli del 2002 regalatami da Gianni Vittorio Capovilla, ho trovato un articolo, o meglio un suo Manifesto sull’olio d’oliva. Detto questo, dopo aver strabiliato gli occhi mi son detta:  “Va che coincidenza, trovo questo pezzo di storia proprio in questo periodo che mi sto documentando…”

Luigi Caricato mi ha raccontato che lui stesso ha curato dal 1998 al 2001 sul bimestrale “Ex Vinis” una rubrica sull’olio all’epoca del tutto nuova, che poi diventò una vera guida alle produzioni d’olio d’eccellenza.

Veronelli voleva creare un documento con le linee guida rivolte agli olivicoltori italiani uniti dalla volontà di una produzione olearia basata su un olio estratto per cultivar, e dalla sola polpa delle olive.

L’articolo iniziava motivando l’accettazione della proposta tesa all’elaborazione di un progetto di controllo qualitativo di quello che, secondo lui e altre persone con cui collaborava, definiva “l’olio secondo Veronelli”.

Lui voleva dare ai contadini, citando le sue stesse parole, “la possibilità di essere protagonisti, di avere dalla terra che lavorano – dura tutto l’anno, tanta pena d’inverno, d’estate, tanti sudori, tanti caldi, tanti freddi; faticante sinonimo di contadino; la fatica è la sua misura quotidiana – il benessere”.

10 Aprile 2001

“Ciascuno avverte. E’ in corso un epocale mutamento sociale. Coinvolge appieno l’agricoltura. Il divenire, per molti aspetti rivoluzionarlo, del comparto olio d’oliva è già iniziato. E’ sostenuto dalle persone che hanno lavorato e lavorano per la qualità e l’onestà. Con i vecchi criteri si potrebbe fare al massimo un olio onesto. Con le tecniche mirate alla qualità (e non come succedeva “antan” alla quantità) sarà invece possibile fare oli d’eccellenza. L’olio come il vino. L’olivo come la vite. Dalla raccolta manuale e separata delle cultivar, escludendo il nocciolo prima di una delicata estrazione monocultivar, nasce… Luigi Veronelli”

Un vero e proprio “Manifesto in progress per una nuova cultura dell’olio d’oliva” di tredici pagine, voluto da Luigi Veronelli e realizzato da Olioro in collaborazione con Metapontum Agrobios. Poco tempo dopo si sarebbe occupato di un altro importante progetto, le denominazioni comunali, le De.Co.

Ora il custode della sua memoria storica è Gian Arturo Rota con il quale ha collaborato per quasi vent’anni. Arturo sta mettendo a frutto l’esperienza maturata dandone continuità nel sito “Casa Veronelli”.

Recentemente ha scritto insieme a Nichi Stefi il primo libro a lui dedicato, “La vita è troppo corta per bere vini cattivi“, edito da Giunti e Slow Food Editore.

Sono convinta che scrivere i propri pensieri, il proprio credo, la propria esperienza…  ci regali un pizzico d’immortalità.




“Due chiacchiere con… Luigi Caricato”

Ho avuto il piacere di conoscerlo ed ascoltarlo nell’ultima edizione di Olio Officina, il Food Festival da lui diretto e ideato per approfondire e divulgare attraverso percorsi olistici, la cultura degli oli. Chiarire qualche dubbio è sempre utile… quindi,  pronti via!

Luigi Caricato di professione… Oleologo. Scrittore e giornalista ha pubblicato diversi volumi sull’olio di oliva, oltre a un romanzo, L’olio della conversione. Collabora con varie testate giornalistiche italiane ed estere.

  • Dal 2003 dirige il settimanale on line “Teatro Naturale” periodico specializzato in agricoltura, alimentazione e ambiente.
  • Dal febbraio 2009 dirige il mensile on line in lingua inglese “Teatro Naturale International”.
  • Dal 18 novembre 2010 cura il blog “Olio Officina“.
  • Luigi Caricato, oleologo-divulgatore che racconta a 360° gli oli d’oliva. Come è nata questa tua avventura nel mondo dell’olio?

E’ una avventura nata da una radicata tradizione familiare. Sono figlio e discendente di olivicoltori e frantoiani. Quindi provengo da coloro che sono i veri artefici dell’olio. Sono nato tra l’altro nel Salento, a pochi chilometri da Lecce, in una terra tappezzata di olivi e che nel passato ha vissuto un intenso traffico d’olio verso ogni angolo d’Europa. Grazie al commercio dell’olio nel Seicento è stato possibile realizzare le grandi architetture barocche, proprio in virtù dei cospicui guadagni derivati dalla vendita dell’olio.

Comunque, a parte questa appartenenza, debbo allo scrittore Giuseppe Pontiggia il mio impegno totale a favore del mondo dell’olio. E’ stato lui a spingermi a occuparmene. Mi definiva il “Papa dell’olio”, anche per via dei miei studi teologici. E così nel corso degli anni ho scritto tanti libri, e ho iniziato a intraprendere una lunga serie di percorsi virtuosi che sicuramente hanno lasciato un segno importante.

  • Adoro gli ulivi, piante secolari dall’aspetto rugoso, sentinelle di anni di storia. Qualcuno stenterebbe a crederlo visto che sono conosciuta per la mia parlantina… ma ti assicuro che alla loro vista un  rispettoso silenzio s’impone in me. L’ulivo mi trasmette pace e armonia. Dire ulivo al singolare però non è proprio corretto. La realtà è che ne esistono moltissime varietà suddivise a livello sensoriale per caratteristiche olfattive e gustative. Puoi darmi una mappa olistica aggiornata?

E’ proprio così. E’ la stessa sensazione che provo anch’io, soprattutto quando sono a contatto con gli olivi secolari. Non è un caso che tanti poeti hanno scritto versi che sono grandi elegie. Ed è anche corretto che non si debba pensare all’olivo solo al singolare. Le varietà di olivi sono tantissime, migliaia.

L’Italia vanta il primato assoluto: 538 sono le cultivar che l’Ivalsa, l’Istituto di propagazione legnosa, ha censito. Non è soltanto un aspetto importante per l’alto valore della biodiversità in sè. Significa anche disporre di una possibilità concreta di ottenere dalla spremitura delle tante, differenti olive, oli peculiari e unici. Una mappa sensoriale l’ho tracciata nel mio ultimo libro, “Olio: crudo e cotto”, edito da Tecniche Nuove, ma alla prossima edizione di Olio Officina Food Festival ci saranno sorprese al riguardo.

  • Come reputi la cultura degli oli in Italia?

Sono sfacciatamente ottimista. Perché sono convinto che, in fondo, con la forza della volontà e con l’impegno si possano ottenere ancora grandi risultati. Io li ho ottenuti, e li vedo. Rispetto al passato sono soddisfatto. Dobbiamo del resto confrontarci con i decenni passati e attendere il futuro, lavorando sodo. Oggi non siamo contenti, perché oggettivamente se il consumatore sceglie in funzione del prezzo più conveniente vorrà dire che non esiste una vera cultura di prodotto, nel senso pieno del termine. Però è diverso, oggi c’è un maggiore senso di responsabilità. I produttori sono diventati più bravi.

Ora tocca agli chef, e soprattutto ai ristoratori, acquisire una maggiore consapevolezza, e studiare, studiare tanto: sperimentare soprattutto nuove formulazioni alimentari con l’olio extra vergine di oliva protagonista di primo piano. L’olio,  ma anche tutti gli altri condimenti, debbono tutti insieme assumere il ruolo di ingrediente importante, e non essere confinati nell’ambito di alimenti marginali sui quali sorvolare come è avvenuto finora.

  • Ascoltando un tuo intervento,  ricordo un concetto che  sottolineavi spesso: “Gli Oli di Oliva considerati come veri e propri presidi di medicina preventiva”.  A questo punto mi sorge spontanea la domanda: “Posologia e modalità d’uso?”

Sì, sono “presidi di medicina preventiva”, perché nessun alimento può guarire, ma può senza dubbio contribure a migliorare il nostro stato di salute.

Posologia: sempre, tutti i giorni, senza saltarne uno. L’olio ricavato dale olive contribuisce a migliorare la percezione delle altre materie prime, ed è anche un veicolo sano di sapori.

– Le modalità d’uso: con moderazione, sempre, perché anche i grassi migliori restano comunque grassi, e non si può eccedere. Per questo, con oli di alta qualità si ottiene un alto effetto condente e, di conseguenza, ne deriva anche la necessità di utilizzarne ogni volta un poco, la quantità giusta, finalizzata a insaporire e rendere più edibile e gustoso il cibo.

  • Spremitura a caldo, a freddo, prima spremitura… Ci chiarisci questi concetti?

Esiste soltanto un’unica spremitura, oggi, con le nuove tecnologie; e nonostante un regolamento comunitario permetta di riportare in etichetta le diciture “spremitura a freddo” (per gli oli ottenuti con macine e presse) ed “estratti a freddo” (per gli oli ricavati da tecnologie estrattive più moderne, tramite centrifughe) in realtà non esiste più una estrazione a caldo. Sono terminologie che resistono nell’immaginario, ma non più aderenti alla realtà.

  • Visto che l’Italiano medio si approvvigiona direttamente dallo scaffale del  supermercato, quale consiglio ti senti di dare per una scelta consapevole?

Il miglior consiglio è di andare direttamente dai produttori. Almeno quando siamo in vacanza e possiamo incontrarli direttamente presso le aziende sarebbe un bel gesto di solidarietà. Se non si garantisce una sopravvivenza agli olivicoltori, crolla tutto il sistema. Nel caso delle famiglie, sarebbe il caso di portare con sé i bambini, così da metterli in contatto diretto con la realtà.

Poi, altro consiglio, visto che la maggioranza dei consumatori acquista in gran parte nei supermercati, meglio non assecondare gli istinti peggiori affidandosi al sottocosto: oltre che immorale, il sottocosto può nascondere inganni. Ciò non significa che certi prezzi bassi non siano giustificati, se provengono dall’estero, dove i costi di produzione sono inferiori, ma va detto che la migliore scelta è posizionarsi preferibilmente sui prodotti così detti “premium”, di fascia medio alta. In fondo si tratta di utilizzarne poco, e quel poco di grasso deve essere necessariamente il migliore.

  • Come valuti la comunicazione specialistica sugli oli in Italia?

La comunicazione specializzata in materia di olio potrei anche valutarla bene, ma di fatto non esiste. Siamo purtroppo carenti in comunicazione, e spesso a fare comunicazione non sono i comunicatori veri, i professionisti, ma soggetti improvvisati che credono basti solo metter in fila una serie di parole e investire danaro per comunicare. C’è da dire che la stampa generalista si ferma solo in superficie e si limita a pubblicare i comunicati stampa, quindi notizie costruite a immagine e somiglianza di chi non sa comunicare. Siamo perciò molto indietro in materia di comunicazione dell’olio e di ciò che vi ruota attorno. E’ una grave carenza culturale che meriterebbe di essere colmata.

  • L’olio migliora con l’invecchiamento?

No, la vita dell’olio è breve. Più alta è la qualità, e meglio si conservano gli oli, più se ne allunga la vita. Pensare a oli d’invecchiamento è un errore.

  • A differenza dei corsi di assaggiatore di vino, quelli degli oli non sono ancora diffusi quanto dovrebbero.  Secondo te qual è la causa?

In realtà sono diffusi. Più che altro si svolgono a macchia di leopardo e non ci si rende conto dell’incidenza di quanti corsi di assaggio si svolgano in Italia. Manca sicuramente un atteggiamento analogo ai sommeliers, propenso a educare all’analisi sensoriale degli oli anche la gente comune, gli appassionati. Il problema semmai è che vi sono associazioni di produttori finanziate dall’Unione europea e che svolgono l’attività di organizzazione di corsi, penalizzando così le vere scuole di assaggio. Ciò determina uno squilibrio e le conseguenze sono le si notano nei pochi corsi per appassionati.

  • Qual è il ruolo degli oli in cucina?

Accompagnare tutti, o quasi, gli altri ingredienti, amalgamandoli. I grassi sono veicolatori di sapori e anche di sostanze nutritive e caloriche. L’olio ha inoltre una funzione plastificante e di attenuatore del gusto salato, ma anche una funzione antiaderente e insieme lubrificante, oltre alla funzione di rosolare e di esercitare un effetto anti indurimento nei prodotti da forno.

  • Adoro intingere il pane nell’olio… Qual è il modo corretto di assaggiarlo per valutarne la qualità?

Attraverso l’assaggio dell’olio direttamente nel bicchiere. L’olio con il pane lo si gusta, ma nel bicchiere lo si degusta per valutarne tutta la bontà.

  • E ora per finire che ne dici di consigliarmi una ricetta “oleosa”?

Le ricette sono tante, e ognuno ha la sua ricetta del cuore. Ora, se dovessi dirne una soltanto, tornerei alla semplicità assoluta. Da salentino quale sono, anche se vivo ormai dal 1984 a Milano, dico la frisella, ovvero questo pane biscottato in forno bagnato per poche decine di secondi in acqua, quindi ricoperto di pomodori tagliati a tocchi, su cui si versa sale, origano e olio. Si potrebbe aggiungere di tutto: rucola, cipolla, capperi… Credo che occorra partire dalla semplicità per trarre il massimo beneficio.

 

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