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Giorgio Grai, e “il senso del dovere”

“Stiamo vivendo in un’epoca in cui tutti hanno diritti, ma nessuno parla di doveri. Giorgio Grai”

Ho incontrato Giorgio Grai seguendo il consiglio di Gianni Cogo, l’ingegnere brianzolo che “arma le terre” a Bonassola e di cui ho scritto poco tempo fa. Avevo organizzato un tour di vini, ma soprattutto di vignaioli tra il Veneto e il Friuli. In particolare mi sentivo in dovere di mantenere la promessa fatta tempo indietro all’amico Michelangelo Tagliente nel condurlo in visita a Oslavia dal caro Josko Gravner.

Dopo aver inviato una mail per fissare un incontro, una mattina rispondendo al cellulare ho sentito una voce dirmi: “Buongiorno Cinzia, sono Giorgio Grai.” Ero di base da amici nel centro di Treviso. Partita di buon’ora raggiunsi Michelangelo a Concordia Saggitaria; un abbraccio e via per la prima tappa del nostro tour, direzione Buttrio del Friuli.

Non mi ero informata molto sulla storia di Giorgio. Come di consuetudine preferisco conoscere le persone direttamente, per farmene un’idea non viziata da ciò che leggo o sento; qualche volta mi rendo conto che è un po’ rischioso, ma a me piace così, perché quello che vivo in questo modo è molto più emozionante.

Michelangelo è stato testimone di quel che scrivo; solo dopo, sulla strada del ritorno, mi ha rivelato che ha temuto un pochino nell’ascoltare i nostri discorsi per la piega che inizialmente avevano preso. Giorgio Grai non capendo esattamente cosa cercassi con le mie domande ad un tratto mi chiese deciso: “Vorrei capire come posso essere utile per lei?” Non potevo che rispondergli che non lo sapevo. Ero li perché mi avevano consigliato di conoscerlo. Gli dissi semplicemente che lo avrei capito solo attraverso la sua conoscenza.

Un uomo non facile… ma non lo sono neanch’io. C’è stato un momento in cui, vista la sua perplessità, non ho potuto fare a meno di chiedergli: “Coraggio, dica quello che pensa!” La sua risposta è stata: “Signora, se c’è una persona che dice quello che pensa sono io!” In questa sua affermazione mi sono ritrovata. Durante la mia vita ho pagato molte volte per le mie scelte, per non essere scesa a compromessi.

Il mio ormai è un percorso, anche se non mi è ancora del tutto chiara la destinazione. Forse è proprio per questo che mi faccio guidare; so solo che da ogni persona che incontro cerco di trarre un insegnamento che amo scrivere in modo semplice, che custodisco, e che condivido.

Giorgio Grai è nato a Bolzano da padre triestino e madre roveretana. Figlio di una famiglia di albergatori è cresciuto in un tempo in cui, citando le sue stesse parole “il diritto di poter studiare voleva dire avere il diritto di essere promossi”. Dopo gli studi di agraria e la specializzazione in viticultura ed enologia, le esperienze fatte all’estero lo hanno educato all’ uso del tatto, del gusto e del profumo. La passione per i motori che ben capisco e che condivido, lo hanno portato poi ad essere per ben dieci anni un pilota di rally.

Non mi soffermo troppo sulla storia della sua vita a molti ben nota dalle informazioni sul web; ho preferito “vivere l’uomo” mentre, degustando vino alla luce del sole, riflettevo sulle sue parole: “Il recupero del senso del dovere oltre che del diritto”. Al mio ritorno a casa di cose su di lui ne ho lette e ne ho sentite molte… Io so solo per certo, che ricorderò di averlo conosciuto in una mattinata di Marzo mentre assaporava la sua torta di papavero, tipicità del sud Tirolo, e che poi, abbiamo passeggiato insieme nella cantina dell’azienda agricola condotta con Marina Danieli.

E ora vi chiedo: “Vi è mai capitato di degustare vino appoggiando i calici su un cofano di una Subaro sotto il sole caldo di una mattina di Marzo ?” Io l’ho fatto, ma soprattutto l’ho vissuto. In quell’atmosfera ho assaporato la vita ascoltando Giorgio raccontare il suo vino e infine sentendogli dire: “Godo di questo momento.

Riporto qui di seguito un passaggio tratto da “I Vignaioli storici” di Luigi Veronelli e Nichi Stefi, che Giorgio Grai mi ha dato il giorno del nostro incontro.

“Giorgio Grai appare con l’aria distaccata di chi non vuole appartenere a nessuno ed è disposto a pagare con l’isolamento la sua libertà. Ha la battuta pronta, spesso caustica, sempre divertente; ma sotto la risata si legge la sua voglia di precisione. La sua avventura nel vino non è solo frutto di un piacere grande ed evidente, ma il lavoro continuo di cui è consapevole e che ti propone come fosse la cosa più ovvia del mondo…”

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