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Il vino artigianale di Andi Fausto, un uomo fuori dalla mischia

Andi Fausto,  titolare dell’Azienda Agricola a conduzione biodinamica situata a Montù Beccaria.

Nel mio gruppo amatoriale “Le Vigne-tte” si commenta spesso di vino, di natura, e di territorio. Devo dire che ho il piacere di condividere pensieri con “grandi” personaggi. Grandi direte…?!  Per me lo sono, per il loro credo nella terra e nelle persone. La grandezza appartiene ai semplici, non ha bisogno di scintille o di clamore… appartiene a chi vive nella verità, nell’etica, e nell’onestà.

Ebbene, qualche giorno fa mentre si discuteva di vini naturali è intervenuto l’amico Teresio Nardi, fiduciario della condotta Slow Food:  “In Oltrepò c’è un piccolo produttore che lavora con pochissima chimica in vigna (verderame e zolfo) e, per alcuni vini, senza aggiunta di bisolfito. Ottiene prodotti fuori dagli schemi standard non sempre apprezzati dai degustatori ufficiali, ma che vale la pena di assaggiare. Si chiama Andi Fausto”.

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Fausto Andi

Come dico spesso, e qui mi ripeto, seguo sempre i consigli delle persone che stimo nei miei percorsi di conoscenza, tanto che, seduta stante presi il telefono, e, dopo una bella chiacchierata fissai un incontro. Conoscere Fausto è stato un vero piacere, anche se devo ammettere che, nonostante chi mi conosce stenterà a crederlo, ho trovato chi chiacchiera più di me! 😉

L’azienda agricola biodinamica Andi Fausto nel corso degli anni ha recuperato vigneti autoctoni e vigne storiche grazie alla tradizione vinicola familiare tramandata. Durante la mia visita mi ha colpito molto il racconto della nascita della bottaia didattica. Capire l’importanza del legno è di fondamentale esperienza.

Fausto mi ha raccontato come, il famoso bottaio “Cassi” di Casabianca di Montù Beccaria, gli ha insegnato a gestire le problematiche del legno importanti per l’influenza che si vuole dare al proprio vino. Questi insegnamenti l’hanno portato nel 2007 a conoscere Pietro Garbellotto, che, dopo avere ascoltato e apprezzato i contenuti delle richieste di Fausto, ha realizzato la sua bottaia didattica. Pietro Garbellotto, uno degli imprenditori veneti più conosciuti a livello mondiale nel settore vinicolo è scomparso nel 2011 a 88 anni; l’artigiano bottaio di Conegliano (TV) soprannominato “il re delle botti”.

Cantina dell'Azienda Agricola Fausto Andi

Cantina dell’Azienda Agricola Fausto Andi

Durante la visita in cantina, quando Fausto mi ha chiesto che vino volessi assaggiare la mia risposta prontamente è stata: “Rosso e di carattere!” Ho degustato l’Alianum vendemmia 2007, 18 gradi, un vino artigianale come lui lo definisce ottenuto dalla Moradella,  un vitigno storico che ha recuperato. Un vino rosso, caldo, particolare e avvolgente, che ho apprezzato molto.

Nei suoi racconti mi ha colpito un’espressione che ha usato e che condivido pienamente – la perdita della capacità di osservazione del contadino – quella saggezza interpretativa nell’osservazione del cielo e delle condizioni metereologiche che tanto influivano sullo svolgimento delle attività agricole.

Un uomo “fuori dalla mischia”, e non solo per il suo pensiero…  Questa definizione corrisponde al nome di un suo progetto di assistenza. La  finalità è di promuovere l’integrazione di persone attraverso un laboratorio che riunisce gruppi dediti alla trasformazione di prodotti dell’azienda, e di circuiti a coltivazione biologica.

Il laboratorio di agricoltura sociale nato nel 2006, permette ai “collaboratori” in un ambiente familiare lo svolgimento delle attività per la produzione di confetture, vellutate di verdure, succhi di frutta, oltre che al singolare decoro delle bottiglie destinate ad una distribuzione mirata.

“Tu fai e lasciali parlare”

Andi Fausto

 




Il “rispetto del contadino” di Valter Calvi, vignaiolo in Terra d’Oltrepò

Conobbi Valter Calvi  grazie ai consigli di Mario Maffi. Quando Mario mi raccontò della passione e del rispetto del contadino che Valter e suo figlio Davide mettevano nella conduzione della loro attività, decisi di recarmi da loro per una visita…

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Valter e Davide Calvi da “Il cerchio della terra” di Laura Ferrari, fotografie di Alessandro Branca

Andai per la prima volta una sera di alcuni mesi fa, dopo essermi persa come al solito vagando su e giù per Castana, a Pavia. Quando finalmente riuscii ad arrivare seduta a tavola davanti ad un calice di vino chiacchierai con Valter a lungo… Avevo intuito la sua curiosità, o meglio, la sua voglia di capire e di conoscermi. Inizialmente la interpretai come diffidenza, sentimento che non temevo, perché, quando non si ha nulla da nascondere, non si ha nulla da temere…  Ero li per conoscerlo, e per invitarlo a partecipare ad una serata di degustazione di vini dell’Oltrepò. E così è stato…

Giorni fa ho voluto tornare a trovarlo,  per la persona che è, per l’uomo che stimo, per il suo credo della Terra, per il suo rispetto del contadino…  Viene definito da molti un cane sciolto, un uomo libero e anticonformista, un uomo che non segue la massa

Io lo capisco bene perché sono molto simile, dicono una ribelle…  Io dico solo che siamo persone che seguono coerentemente la propria natura, che non vogliono uniformarsi solo perché il tempo lo richiede. A volte si rischia di rimanere soli, ma se si soccombe, si è comunque soli anche in una folla…

L’Azienda Vitivinicola Calvi è condotta da Davide e dal padre Valter.  Da undici generazioni, fin dalla fine del 1600, continua la tradizione della coltivazione della vite sulle colline di Castana. Nove ettari di vigneti suddivisi in dieci vigne: Montarzolo, Canne, Custieu, Colomba, Pragazzolo, Monteguzzo, Bugena, Frach, Falerna, San Bacchino. La loro viticoltura è basata sul rispetto dell’ambiente e sul benessere della pianta, senza uso di concimi chimici e limitando gli antiparassitari. Adottano ormai da venticinque anni la tecnica dell’inerbimento dei filari, così da evitare l’erosione dei terreni collinari e nel contempo creando un microhabitat ideale per essenze erbacee ed  insetti utili.

Ma ora la parola a Valter Calvi…

  • Valter, vuoi raccontarmi che cosa intendi per  “rispetto del contadino”?

E’ il rispetto verso “Madre Natura” che il vero contadino ha innato. Considerando che siamo parte integrante del sistema: terra, acqua e cielo, non possiamo rapportarci con questi elementi e con tutti gli esseri viventi se non con rispetto.

  • Sei come me un appassionato di storia.  Fai parte del gruppo Primus Colle, mi spieghi chi siete e che cosa vi prefiggete?

Il rispetto di cui sopra è legato indissolubilmente alle conoscenze che i nostri avi ci hanno tramandato, e alle nuove esperienze che noi possiamo fare e che poi tramanderemo.  In un momento storico rivolto solo in avanti, assieme ad altri appassionati, abbiamo voluto creare un’associazione che ricerchi la storia di questo nostro territorio di Prima Collina, e la mantenga prima che si disperda per sempre. Attraverso delle pubblicazioni chiamate  i “Quaderni di Primis Collis” e a camminate per antichi sentieri,  cerchiamo di divulgare la nostra piccola ma non meno importante storia.

  • Sei membro del Club del Buttafuoco storico sia come produttore che come appassionato. Carlo Porta, poeta dialettale milanese, attribuì a questo vino il nome Buttafuoco per il suo corpo e carattere. Raccontami com’è iniziata questa tua avventura?

Anche qui il “rispetto” ha avuto parte preponderante.  Ho sempre pensato che le fatiche, il sudore, e le immense conoscenze dei vecchi vignaioli non potessero  perdersi per inconsistenti esigenze commerciali. L’idea del Club Buttafuoco Storico è nata nel 1989 con l’impianto di una vigna.  Ho poi cercato di coinvolgere altri produttori spiegando che al di la dell’interesse  per raggiungere quella “nobiltà” che il vignaiolo deve avere, bisognava produrre un vino strettamente legato al territorio e agli antichi saperi.  Quasi per gioco abbiamo cominciato a produrre Buttafuoco secondo le esperienze dei nostri avi, e in quelle vigne tramandateci come altamente vocate. Il 7 febbraio del 1996 è nato il  “Club del Buttafuoco Storico”

  • Sei anche un ricercatore. Mi dicevi delle tue sperimentazioni con la varietà chiamata Vespolina o Ughetta…

Cinzia, ricercatore è una parola grossa… sempre da vignaiolo ho fatto nuove prove. Se non fosse così non saremmo arrivati a questa ricchezza di diversità nel mondo vitivinicolo…

L’Ughetta di Canneto (Vespolina è un nome attribuito a posteriore che non mi piace) e la Moradella, erano tra le uve più coltivate prima dell’avvento fillosserico in queste mie terre. Ora che siamo riusciti a recuperarle è normale la curiosità di vedere il loro carattere in purezza.

  • Nelle mie discussioni “vinose” difendo a spada tratta i piccoli produttori per le tradizioni e le tipicità che coraggiosamente portano avanti visto il periodo difficile. Mi sento spesso rispondere che predico poesia,  ma non qualità. Questa affermazione viene motivata dalle difficoltà al sostentamento della tecnologia in cantina viste le piccole dimensioni di queste realtà. Valter, giro a te la questione…

L’azienda familiare contadina è un patrimonio inestimabile di cui l’Italia è ancora ricca e che tutto il mondo ci invidia. Può produrre dei prodotti inimitabili dall’industria, può mantenere tecniche di produzione tradizionali e veramente “naturali”, ma soprattutto è fondamentale per la salvaguardia del territorio, sia quello materiale che quello immateriale.

In un contesto di mercato mondiale una ricchezza del genere può essere strategica per veicolare l’immagine dei nostri prodotti. Utile perciò anche all’industria agroalimentare, che naturalmente ha anch’essa la propria identità.

Il rispetto del contadino fa si che costui entri in punta di piedi nella natura,

con umiltà, e devozione…

Valter Calvi

 

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