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“Due chiacchiere con… Roberto Giuliani”

Roberto Giuliani, Direttore editoriale di Lavinium, rivista di vino e cultura online che nel 2007 ha ricevuto il Premio Veronelli come “Miglior sito di enogastronomia” con la seguente  motivazione: “Perché nel mare del pressapochismo in cui si annaspa navigando in rete, si distingue per la serietà dell’informazione e l’approfondimento delle notizie pur nell’ampia articolazione dei suoi interessi”.

 Lui, ama la scrittura, la fotografia, e naturalmente… il vino!

Lo conosco attraverso i suoi commenti… attraverso le sue prese di posizione alle quali ribatto con rispetto vista la sua esperienza. Lo definirei un esperto conoscitore appassionato della Terra.

Vivo d’intuito, la mia vita è basata sulle sensazioni. Mi capita di sbagliare ma per lo più c’azzecco. L’esperienza e il dolore ci fa acquisire un sesto senso sulle persone… Sento in Roberto la sensibilità di un uomo delicato e amante della natura. Un uomo serio e ironico in egual misura. Si, perchè come diceva Soren KierKegaard, poeta danese considerato padre dell’esistenzialismo, l’ironia è l’occhio sicuro che sa cogliere lo storto, l’assurdo, il vano dell’esistenza…

Detto questo come dico io, punto e a capo. Roberto è il tuo turno! Tocca a te rispondere, e quindi, pronti via!

  • Roberto, ti ho presentato brevemente secondo le mie intuizioni. Qualcosa da aggiungere o da ribattere?

No, semmai da sottrarre, sei fin troppo generosa.

  • Sei figlio di un musicista, come sei arrivato ad appassionarti al mondo del vino?

In realtà la musica è sempre il mio grande amore, non so stare senza, non a caso mi diletto a suonare il pianoforte e la batteria.

Il vino come interesse professionale è arrivato in età matura, circa 15 anni fa. L’ho sempre bevuto ma senza approfondirne la conoscenza più di tanto. I vini laziali che acquistavo da giovane appartenevano al periodo in cui ancora vigeva la produzione quantitativa, era difficile “innamorarsi” del vino a quell’epoca, almeno per me. Il mio primo amore, uno dei vini che mi fece aprire gli occhi su un mondo dalle infinite possibilità espressive, fu una bottiglia di Nebbiolo d’Alba alla fine degli anni ’80.

Poi feci tre viaggi in giro per la Francia, e lì ebbi conferma di quanto c’era da conoscere e apprezzare.

Mi diplomai sommelier all’AIS di Roma e iniziai ad approfondire il nostro territorio partendo dalla Toscana per arrivare fino a Piemonte, Valle d’Aosta, Friuli e via via tutte le altre regioni italiane. Cominciando anche a scrivere per riviste locali fino a quando, nel 2000 ebbi l’opportunità di collaborare alla neonata rivista Lavinium.

  • Web o meglio World wide web, secondo me una delle invenzioni più potenti al mondo. La libertà di poter comunicare, di avere uno spazio proprio in cui condividere le proprie passioni, in cui raccontare il proprio credo… E’ così che ormai giornalisti, blogger, web writer più o meno esperti, dicono la loro. Caos o… ?

Come spesso accade, quando si ha a disposizione uno strumento gratuito da usare in quasi assoluta libertà, un certo caos si crea, anche perché siamo ormai milioni di persone ad utilizzarlo, ma rappresenta comunque un fenomeno largamente positivo, l’importante è imparare ad usarlo con intelligenza. Il fatto che tutti possano avere uno spazio per esprimersi, ma anche per approfondire la conoscenza senza confini territoriali, dalla musica, alla storia, all’arte, alla cultura in genere, è qualcosa di fantastico. Purtroppo non tutti ne fanno questo uso, e ciò genera appunto un certo caos, del resto non c’è alcuna regolamentazione.

Un altro limite, almeno oggi, sta proprio nella gratuità sempre e comunque, cosa che impedisce ai professionisti di trarre il giusto guadagno dal proprio lavoro sul web, salvo rari casi.

  • “Il consumatore (termine molto vago e grossolano), va educato a capire che ciò che mangia e beve condiziona fortemente la sua salute,  le sue energie, le sue capacità in generale”.  Parole tue Roberto, che condivido pienamente. Ritengo però che, se allo stato attuale seppur con i mezzi informativi presenti, sia ancora molto evidente la mancanza di cultura del cibo e del vino, ci sia un problema di comunicazione. Cosa ne pensi?

Il problema di comunicazione esiste, certamente, ma soprattutto è la cattiva comunicazione a fare danni, a partire dalla pubblicità ingannevole diretta e indiretta con cui ogni giorno siamo martellati sin da bambini. Poi esistono le cosiddette “cattive abitudini”, chi è cresciuto con la coca-cola, le merendine, i cibi confezionati, non ha solo problemi culturali ma dei “vizi” che non è facile eliminare. Per esperienza diretta ho potuto verificare quanta resistenza hanno molte persone a qualsiasi argomentazione che metta in discussione le loro abitudini. Questo non significa che sia inutile cercare di far capire alla gente che mangiare sano è fondamentale, informarla sui danni che può fare alla salute un certo tipo di alimenti, ma a mio avviso non è sufficiente, anche perché, come ben saprai, c’è anche chi “rema contro”, sminuendo l’importanza di evitare prodotti troppo raffinati come zucchero, sale, farina ecc. e cercando di dimostrare che non c’è alcuna differenza fra prodotti industriali e prodotti biologici. Ma l’argomento è complesso e non possiamo approfondirlo qui.

  • Amo ascoltare le storie delle persone, è la mia passione! Amo andare alla radice di ogni cosa. A proposito di questo mi viene in mente un tuo commento inerente ai semi. Cito testualmente: “E’ ESSENZIALE acquistarli da chi li coltiva da sempre, diffidate se non potete sapere l’origine. Molti vivai in realtà li acquistano dalle industrie che li producono in laboratorio. Grazie a questo abbiamo perso i pomodori di Pachino, i cui semi non sono più quelli originari ma provengono da Israele. Quello dei semi è un problema enorme, anche perché molti sono ibridati, ovvero non sono riproducibili, oppure sono OGM. Viene da ridere a pensare al biologico se non c’è un controllo sui semi…”  A questo punto mi chiedo, ma come fa la gente a fidarsi della definizione di “Biologico” quando legge queste cose?

Viviamo in un mondo governato dal Dio denaro, questo ci impone di essere diffidenti e sospettosi. Non sono le etichette a garantire la qualità e la veridicità di un prodotto, purtroppo, per le ragioni appena dette, pertanto ritengo che il biologico non sia una garanzia assoluta. Anche perché, avendo occupato una fetta di mercato sempre più interessante, il bio si è trascinato dentro anche l’industria. Puoi immaginare quanto sia improbabile avere una produzione veramente biologica su centinaia, a volte migliaia di ettari. Ecco, un modo è sicuramente quello di rivolgersi al piccolo produttore, magari a km zero, al coltivatore diretto o comunque a quegli esercenti che si rivolgono alle piccole realtà agricole locali.

  • Altro argomento scottante, vogliamo parlare dello zucchero? Hai posto recentemente la domanda sotto una mia nota. Mi vuoi rispondere qui?

Come ho accennato prima, lo zucchero è un problema serio: impossibile quantificarne l’uso, basti pensare che in una lattina di coca-cola c’è l’equivalente di parecchie bustine di zucchero raffinato, o che in qualunque prodotto dolciario viene utilizzato in notevole quantità. Non è un caso che il diabete sia diventata una malattia sempre più frequente, che colpisce ancora di più in giovanissima età, ovvero nella fase in cui si prendono più zuccheri raffinati in assoluto, attraverso bevande, merendine, caramelle e quant’altro piace alla maggior parte dei bambini figli di quest’epoca consumistica.

C’è gente che mette anche tre cucchiaini di zucchero nel cappuccino, sebbene il latte abbia già una propria dolcezza che compensa l’amaro del caffè. “Cattive abitudini”, appunto… Usare almeno zucchero integrale di canna (non quello grezzo, che subisce praticamente gli stessi procedimenti di raffinazione di quello bianco ottenuto dalla barbabietola), quando siamo noi ad aggiungerlo nelle pietanze, può ridurre un po’ il danno, oltre a fornire ancora buone dosi di minerali e vitamine del gruppo B. E poi, se avessimo la sana abitudine di usare l’olfatto sempre, noteremmo come lo zucchero raffinato ha un odore fortemente dolciastro ma finto, mentre quello integrale è profumato e molto meno dolce.

  • Se ti dico che…  “forse bisogna tornare indietro per andare avanti”,  cosa mi rispondi?

Su questo tema posso dirti subito che sono un convinto sostenitore della teoria della decrescita di Serge Latouche, siamo arrivati ad un punto limite, anzi, in gran parte lo abbiamo oltrepassato. Stiamo prosciugando il pianeta e rendendo invivibile la vita agli animali, alle piante e agli uomini. La nostra società è basata sull’aumento ininterrotto dei consumi e sulla massimizzazione dei profitti. Non è un caso che, ancora oggi, sentiamo dire da tutte le correnti politiche che per risollevare il Paese bisogna tornare a produrre e incrementare i consumi, questa è pura follia. Bisogna puntare ad una nuova economia e ad una nuova società, che abbia altre basi su cui fondare il proprio benessere, quello vero e non quello indotto dai falsi desideri e bisogni con cui il sistema ci impone di vivere.

  • Bè, direi di finire con un brindisi!  Ormai un pochino mi conosci, amo i vini rossi di carattere e di struttura. Cosa mi offri?  E… a proposito, da amante della musica quale sei, metti un giusto sottofondo, ma mi raccomando, dimmi il titolo e l’artista… Son curiosa io! 😉

Credo di poter aggiungere “di grande finezza”, perché sono sicuro che una persona come te, che ama il piacere della vita e apprezza le sue sfumature, ricerchi anche l’eleganza in un vino. La mia proposta, rigorosamente italica, mi spinge ad occhi chiusi verso il Valtellina Superiore Sassella Rocce Rosse Riserva di Ar.Pe.Pe., un vino strepitoso, 100% nebbiolo (detto localmente chiavennasca) che nasce da vigne terrazzate e impervie alla base delle Alpi Retiche, nella sottozona Sassella.

La musica di sottofondo? In questo caso più che di sottofondo sarà una compagna di emozioni: Waltz For Debby, una delle più belle composizioni di un raffinato pianista jazz come Bill Evans.

 

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