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A lezione da Attilio Scienza

Attilio Scienza, nato nel 1945 a Serra Riccò, in provincia di Genova. Si è laureato nel 1969 presso la Facoltà di Agraria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Professore associato di fitormoni e fitoregolatori in arboricoltura e Professore ordinario di Viticoltura presso l’Università di Milano. Dal 1985 al 1991 Direttore generale dell’Istituto Agrario San Michele dell’Adige. Ricercatore e autore di oltre trecento pubblicazioni scientifiche inerenti alla genetica della vite e alla viticoltura. Una presentazione di tutto rispetto per un uomo dall’estrema semplicità e saggezza che ho avuto il piacere di conoscere durante una degustazione di vini della Valcalepio al Castello di Grumello, in provincia di Bergamo. Dopo averlo ascoltato ho scambiato con lui qualche parola.

La sostanza del suo pensiero, che condivido pienamente, si basa sull’importanza della tutela della bValcalepioiodiversità, sulla valorizzazione dei vitigni antichi e autoctoni, e sul racconto emozionale della loro storia. Viviamo in un’epoca in cui alcuni vini sono considerati quasi di moda (definizione in uso che non mi piace affatto quando è riferita alle produzioni), di cui i più poco conoscono, se non i nomi, o meglio i nomignoli che fanno tendenza. Scelte di produzione certamente legate alla domanda del consumatore, che potrebbero però andare di pari passo con la promozione di vini quasi dimenticati, e di vitigni antichi e autoctoni da salvare legati alla storia del territorio. Scelte coraggiose che possono fare solo bene alla viticoltura, adottate da chi ama sul serio questo importante comparto dell’economia italiana.

A lui la parola…

Perché è importante raccontare la storia di un vitigno, di un vino e di un territorio? Tutto nasce da un meccanismo del nostro cervello denominato sinestesia: il collegamento con alcune sensazioni gustative, musicali e visive, e il ricordo.  Si cita spesso l’esempio di Marcel Proust che, sentendo il profumo delle madeleine, i biscotti che gli preparava sua madre, evoca i suoi ricordi di infanzia. E’ così che va raccontato il vino. Bisogna fare in modo che il consumatore ricordi e associ l’atmosfera, le emozioni  e le sensazioni vissute durante la degustazione. Il modo più efficace per dare continuità al rapporto con il vino.

Qui di seguito un momento del suo intervento.

Un vero piacere e un onore ascoltarlo.

La serata al castello è continuata con l’assaggio di vini  “en primeur” vendemmia 2015 di dodici cantine della Valcalepio, terra vitivinicola di Bergamo la cui zona di produzione è situata nella fascia collinare che va dal lago di Como al lago di Iseo.

Le varietà principali coltivate sono:

  • Vitigni a bacca bianca :  Pinot bianco, Pinot grigio, Chardonnay, Manzoni bianco e Moscato giallo.
  • Vitigni a bacca nera : Merlot, Cabernet Sauvignon, Barbera, Incrocio Terzi n.1, Franconia, Marzemino, Schiava lombarda, Schiava meranese e Moscato di Scanzo.
  • Varietà autoctone : Merera, Altulina e Gafforella.

Il Valcalepio, un ‘vino in rinascita’ che dal 1976 si è visto riconoscere la denominazione di origine controllata.




Viticoltura in Valcalepio, questo è l’hashtag : #ilvalcalepioècambiato

Per chi ancora non lo sa, l’hashtag è una parola inglese composta da ‘hash e tag’, che in italiano significano cancelletto ed etichetta. In pratica un cancelletto posto davanti a una parola la trasforma in un’etichetta, aggregando argomenti con lo stesso interesse e la stessa chiave di discussione.

Ebbene, questo è il punto da cui partire: #ilvalcalepioècambiato. E’ cambiato nella qualità che le persone protagoniste di queste terre vogliono trasmettere con le loro produzioni. Conoscerle permette di capire la volontà e la determinazione che si prefiggono nel raggiungere tale obiettivo.

Martedì 23 Settembre ho partecipato a un tour press dedicato alla viticoltura in Valcalepio. Protagoniste della visita due cantine dell’Associazione ‘Le Donne del Vino‘, che da ben venticinque anni unisce le imprese vitivinicole con gestione femminile. Due Signore della Valcalepio che si sono reinventate in viticoltura per amore e per tradizione familiare.

Le Signore della Valcalepio

Cristina Kettlitz e Marta Mondonico, Le Signore della Valcalepio

Una giornata di Settembre scaldata dal sole e da una buona compagnia, iniziata con la visita alla Tenuta del Castello di Grumello. Qui, con piacere, ho visto sventolare la bandiera italiana.

Vorrei vederla ovunque ci sia motivo d’orgoglio per il senso di appartenenza che dovremmo sentire verso un territorio come il nostro, così ricco di storia e di bellezze naturali.

Valcalepio

Valcalepio

L’azienda agricola Tenuta Castello di Grumello è situata tra Bergamo e il lago d’Iseo. Una realtà vitivinicola di 37 ettari, di cui 18 destinati al vigneto, situata su una collina dove sorge maestoso un castello, una fortezza militare risalente al 1200 appartenuta al condottiero Bartolomeo Colleoni.

Non faccio mistero della mia passione per la storia e per le armi antiche, per questo ho molto apprezzato la spada dei cavalieri, l’Excalibur, un pezzo originale del XII secolo presente nel castello.

Grumello del Monte

Tenuta Castello di Grumello

E’ in questa cornice storica, a poca distanza da Milano, che Cristina Kettlitz, giornalista e comunicatrice, con il supporto dell’enologo Paolo Zadra, produce circa 100.000 bottiglie di diverse tipologie di Valcalepio DOP. I vitigni presenti sono Cabernet Sauvignon, Merlot, Chardonnay, Pinot grigio e Moscato di Scanzo. La forma di allevamento è a la spalliera, e la densità di impianto media è di 5000 ceppi/ettaro.

Tra i vini assaggiati il Valcalepio rosso Doc Riserva “Castello di Grumello” 2007 e il Valcalepio rosso Riserva Cru Colle Calvario 2005. Entrambi taglio bordolese (mescolanza di vini diversi per vitigno, provenienza e per età) di Cabernet Sauvignon 60% e Merlot 40%. Il primo matura dodici mesi in barrique e il secondo diciotto, con restante affinamento in bottiglia. Grado alcolico 13/13,5% vol. Vini di corpo e carattere.

Per quanto riguarda il Valcalepio Moscato Passito Doc ottenuto da uve di Moscato di Scanzo, vitigno autoctono della bergamasca, la produzione di questa stagione anomala  farà capire le scelte “di qualità” che si prefiggono i produttori della zona.

Tour press dedicato alla viticoltura in Valcalepio

Tour press dedicato alla viticoltura in Valcalepio

Il tour è continuato con la visita alla seconda cantina, la Tenuta Le Mojole situata a Tagliuno di Castelli. Una realtà agricola nata nel 2002 di circa 2,30 ettari seguiti personalmente dalla titolare Marta Mondonico, prima insegnante e poi, seguendo la passione del marito, viticoltrice.

I vitigni presenti sono Merlot, Cabernet Sauvignon e una modesta presenza di Syrah. Donna Marta, insieme all’enologo Paolo Posenato, nella conduzione dell’azienda vitivinicola adotta metodi naturali nel rispetto dell’ambiente e della persona. La produzione è di circa 8.000 bottiglie.

Tenuta Le Mojole

Tenuta Le Mojole

La degustazione dei suoi vini è iniziata con “Donna Marta Rosa” IGP 2013 rosato della bergamasca, uve Merlot in purezza vinificate in rosa. Grado alcolico 12,5%. Adatto a menù non impegnativi. Più vicino ai miei gusti il Cabernet Sauvignon Le Mojole 2010, da uve selezionate di Cabernet Sauvignon 100%. Grado alcolico 13,5 diciotto mesi in tonneau e dieci in bottiglia. Vincitore di diversi concorsi internazionali, tra cui la medaglia d’oro al Concorso mondiale di Bruxelles 2014.

Una giornata passata tra conoscenza e degustazioni di vini in un territorio che consiglio di visitare personalmente, per apprezzare dal vivo le belle atmosfere che con le parole e le immagini ho tentato di trasmettere.

Tutto perfetto, se non fosse stato per la Drosophila suzukii, il moscerino dei piccoli frutti di cui si è parlato a lungo con Donna Marta. Agli agricoltori, già perseguitati da una stagione difficile, mancava solo questo sgradito ospite asiatico che i funzionari della regione Lombardia reputano provenire da importazioni di ciliegie cinesi. Mi trattengo da aggiungere altro!

Vi dico solo che è caratterizzato da grandi occhi rossi e che la femmina depone le uova nella polpa dei frutti maturi causando il loro conseguente deterioramento. Oltre la piccola frutta colpisce i vigneti. Capirete bene che, a poca distanza del raccolto, lega le mani agli agricoltori impedendogli di intervenire adeguatamente.

Per certo si sa che non ama le alte temperature e che per questo predilige le zone collinari. C’è chi tenta di proteggere le proprie colture con fitte reti, e chi spruzza aceto di mele per bloccare la crescita delle uova. Non ci resta che sperare che gli studi e la ricerca possano aiutare a trovare presto rimedi efficaci per contrastare questa ennesima piaga subita dagli agricoltori.

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