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Vercesi del Castellazzo… un tuffo diVino nella storia dell’Oltrepò Pavese!

Sono un’appassionata di storia, lo so, l’ho già detto altre volte…  Bè, sono anche appassionata di dimore storiche, e qui direte:  “Hai già detto pure quello!”  E  vi ho detto che adoro le spade? Urca, ora me la sto proprio cercando, visto che ho detto più volte anche questo! Bene, appurato che sono ripetitiva quando mi piace qualcosa (è la verità!), vi dico solo che, sapendo che nell’Azienda Agricola Vercesi del Castellazzo avrei trovato “storia, una dimora gentilizia dell’800, e pure spade antiche”, chi mi fermava dall’andarci!

L’Azienda Agricola Vercesi del Castellazzo è condotta dall’amico Gian Maria Vercesi insieme al fratello Marco a Montù Beccaria (PV). Circa 20 ettari vitati a Croatina, Barbera, Pinot Nero, Ughetta e Cabernet Sauvignon. La loro storia  ha origini lontane. Gian Maria mi ha raccontato che la sua famiglia è proprietaria di questi terreni  fin dal 1600. Fu però il padre nel 1961 a dare impulso all’azienda vinificando le uve fino allora solo coltivate.

Conobbi Gian Maria in occasione di una serata di degustazione che avevo organizzato circa un anno fa in Oltrepò OLYMPUS DIGITAL CAMERAPavese, terra bellissima, che stavo incominciando a scoprire. Perché mai mi chiederete organizzare una serata in un territorio che non conoscevo? Bè, durante i miei “tour Vinosi”, come li chiamo io, sentivo spesso maltrattarla, o meglio, sentivo spesso una certa criticità delle persone del settore verso i loro vini, e soprattutto verso la mancanza di coesione dei produttori nel promuoversi.  In un certo senso non si può dire che le cose non stiano proprio così, ma forse qualcosa sta cambiando. Come dico spesso, andare avanti da soli non porta a nulla. Fare “sistema”, questa è la chiave giusta per aprire la porta che conduce alla reale promozione di un territorio.

Organizzare quella serata mi costò non poca energia, soprattutto per le diffidenze che mi trovai ad affrontare…  Per settimane andai su e giù da Milano a Pavia  per parlare con i produttori, per far capire loro che il mio intento era sincero. Guidata dal caro Mario Maffi  e supportata  dall’Azienda Agricola dei Doria di Montalto che ci hanno accolto, la serata finalmente si svolse.   Ma ci pensate, “una cantina dell’Oltrepò, i Doria di Montalto, che promuoveva altre cantine del territorio”. Quando raccontavo di questo mio progetto molti mi davano dell’illusa sognatrice! Mi dicevano: “Figurati se un produttore accoglie a casa sua altri produttori in un momento così difficile!”   Bene, io ci sono riuscita, forse perché ho la testa dura dei mantovani, o forse più semplicemente perché chi la dura la vince! So solo che in Terra d’Oltrepò, questa cosa è successa…

E ora appena posso,  torno in queste colline a chiacchierare con loro, con gli amici vignaioli conosciuti così…

  • Gian Maria, mi racconti cosa trasmetti del “tuo credo”,  nel tuo vino ?

Cerco di trasmettere la forza del terroir evitando interventi pesanti in cantina, sull’uva, sui mosti, e sui vini che ne derivano. Cerco di toccarli il meno possibile proprio per mantenere tutto il loro patrimonio derivante dalla terra su cui vivono.

  • Non è un momento facile per nessun settore produttivo Italiano. Da esperto del territorio quale sei, mi puoi dire come si sta vivendo la viticoltura in Oltrepò Pavese? Ma soprattutto, quali sono le maggiori difficoltà attuali di voi viticoltori?

Le difficoltà sono quelle di sempre, purtroppo. Scarso rapporto tra colleghi ma, soprattutto, la quantità di vino di qualità che scompare in rapporto all’altro vino, quello taroccato, mistificato, violentato per farne un prodotto da prezzo che invade gli scaffali della grande distribuzione e che comunica al mercato quel tipo di qualità. Da qui ha origine il detto che il vino dell’Oltrepò Pavese è mediocre.  Altro problema  è che “non c’è mai tempo” e molto, tocca delegarlo agli altri…

  • Come produttore hai consigli  o suggerimenti da dare ai giornalisti e ai blogger  sulla comunicazione del mondo del vino?

Solo un consiglio: non fermarsi alle apparenze (dell’Oltrepò), approfondire senza farsi influenzare dalle mode. Ricercare, scoprire…

  • Per far capire a chi legge come ti ho conosciuto, ho raccontando della serata di degustazione che organizzai ormai un anno fa. Ho menzionato alcune parole come “diffidenza” o  come “fare sistema”.   La volontà di un cambiamento è forte in molti. Ne è testimonianza la libera Associazione di Produttori “InOtre” di cui sei membro e promotore. Me ne vuoi parlare?

InOLTRE è nata nel 2002, partendo dall’idea di partecipare al Vinitaly con un folto gruppo che non si appoggiasse alle solite collettive istituzionali.

Siamo una decina di produttori con un  duplice fine: “Primo, partecipare a fiere ed eventi per far conoscere un cospicuo numero di etichette di qualità, e fare economie di scala. Secondo, quello di degustarci, e degustare gli altri.

Abbiamo avuto alti e bassi legati spesso al tempo disponibile. Ora, però, stiamo ripartendo con eventi e degustazioni.  Ne abbiamo una in cantiere di una grande annata passata  interpretata da noi dieci, ed un’altra un po’ più complicata, che è ancora in embrione.

A Pavia i nostri vini sono in vendita in esclusiva nel Borgo, in una vineria che si chiama InOLTRE, e nel bar dell’area di servizio VEGA di Stradella. Inoltre forniamo il vino dell’Oltrepò, anche ad una bottega gastronomica  vetrina delle piccole produzioni del territorio, il GOODURIA, nella centralissima piazza Duomo di Voghera.  Per intenderci, InOLTRE 80%, resto d’Italia 20%.

Noi crediamo molto nella divulgazione dei nostri marchi sul territorio provinciale, e questa  è cosa molto più realizzabile quando si lavora in squadra…




Lino Maga, il vignaiolo poeta

Recentemente mi è stato chiesto che personaggio mi piacerebbe incontrare. Ce ne sono tanti, ma in particolare vorrei conoscere un vignaiolo, Lino Maga, il papà del Barbacarlo, vino rosso prodotto sulle colline nei pressi di Broni, nell’Oltrepò Pavese.

Un uomo che vive nella pace, nei silenzi, e nei ricordi degli amici che non ci sono più, un uomo che potrei ascoltare per ore. Ebbene l’ho incontrato, l’ho ascoltato, e mi ha ascoltata…

Lo chiamai un giorno in cui ero quasi bisognosa di un conforto, si era frantumato un sogno. Al telefono lui capì subito, ascoltò brevemente il mio sfogo e mi disse: “Cinzia, è una battaglia dura, mai fermarsi… le cose vanno dette”.  E così feci, e così farò…

Prendemmo accordi per incontrarci una domenica pomeriggio da li a breve. Ho vissuto l’attesa dei giorni che mi separavano dalla sua conoscenza con trepidante emozione… avrei incontrato una leggenda, una memoria storica.

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Al mio arrivo vidi una semplice insegna che mi ricordava le botteghe dei tempi passati. A fianco un portone aperto mi spinse timidamente ad entrare in un cortile. I miei occhi si spalancarono, lo scenario sembrava quasi la rappresentazione di una fotografia degli anni ’50. Vecchi attrezzi, anticaglie, tralci secolari di vite appesi, e ad un tratto lui. Mi venne incontro quasi conoscendomi.

E’ ormai risaputo che adoro tutto ciò che ha una storia, e forse per quello, nonostante Lino mi invitasse ad entrare, ero trattenuta da quell’atmosfera. Cercavo di capire ciò che vedevo, come quell’insegna che riportava la scritta “Cameliomagus”. Lino mi spiegò che era l’antico nome di Broni, località dell’Oltrepò Pavese. Ci perdemmo in chiacchiere per una mezz’oretta, poi, soddisfatta dalle risposte che avevo ricevuto, accettai di entrare.

Ero praticamente circondata dalla storia. Dovunque c’erano i suoi scritti, ma non su tele o pergamene, semplicemente su fogli che appoggiava qua e la, tra libri e bottiglie, come pensieri sparsi.  

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Incominciai a leggerli… amo la poesia degli uomini semplici. Vedendomi così attratta mi disse: “Cinzia, io non sono un poeta”.  Io dico di si, lui lo è! 

Ne ebbi la conferma quando, visto il mio interesse, aprì un vecchio mobile e prese un suo scritto del 2011, “Il Vignaiolo”. Vicini in quell’atmosfera sognante me lo lesse. Sfacciatamente gliene chiesi una copia. Mi guardò perplesso, io sorrisi, e dovette arrendersi. L’ho in mano ora mentre scrivo…

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Passammo poi nel salone della rivendita. Un grande tavolo di legno, un lampadario antico in ferro battuto, vecchie foto, e dovunque scritti di poesie… io guardavo, leggevo e chiedevo. Faticò molto a farmi sedere. Prese una bottiglia, del pane, due fette di salame, e incominciammo a raccontarci. Ero così felice ed emozionata che ad un tratto mi commossi.

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Mi raccontò delle sue battaglie, delle sue sconfitte, e delle sue rivalse. Mi riconosco molto in lui, battagliera sempre, a volte ferita, ma orgogliosamente decisa ad andare avanti per la mia strada…  Mi disse: “Cinzia, mai fermarsi, mai arrendersi !”

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Mi descrisse le lotte nei lunghi anni in tribunale, ben ventidue, tra carte bollate e avvocati per garantirsi il diritto dell’esclusività del nome del suo vino.

Dal 1983 infatti, il vino prodotto sulla Val Porrei, la collina del Barbacarlo il cui nome è depositato nella mappa catastale del comune di Broni, è ad uso esclusivo di Lino Maga. Su questa collina dal terreno tufoso ed impervio, crescono i vitigni di Croatina, Uva Rara e Vespolina (chiamata anche Ughetta). Le lavorazioni manuali e l’assenza di diserbanti e prodotti chimici, garantiscono la naturalità del prodotto.

La mia visita continuò nelle cantine poco distanti. Fui piacevolmente accolta dal figlio Giuseppe, schietto e simpatico come Lino. Ma la vera sorpresa fu, che non solo lui mi accolse! Ero circondata da mucche, cavalli, un asino, oche del Campidoglio, cani da caccia, galline… insomma, una vera fattoria! Mi misi a fotografare qui e la tentando di correre dietro a un coniglio, visto che per una volta ero senza tacchi! Dovetti arrendermi… la corsa la vinse lui!

Passammo insieme un intero pomeriggio di emozioni, di ricordi, di poesia, di natura… un pomeriggio diVino!

Il mio vino non segue le regole del mercato ma quelle del tempo e dell’esperienza, è succo d’uva della terra, del luogo che lo ha partorito,  per la gente che ama ancora il sapore della terra…

Lino Maga


                               

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