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“Fare vino insieme”, il progetto di Ca’Liptra

L’ultima tappa della mia recente escursione a Cupramontana è stata all’azienda agricola Ca’Liptra. Solo a pensarci mi vengono ancora i brividi! Non fraintendetemi, mi riferivo alle fredde folate di vento che quel giorno ancora un po’ mi portavano via! Battute a parte, ritornando seria, ho riflettuto sull’importante influenza che questa condizione climatica ha sulla viticoltura.

In effetti, questa massa d’aria in movimento, agendo sul microclima, contribuisce a ridurre l’umidità e conseguentemente sfavorisce la formazione di malattie fungine. Inoltre, limita lo sviluppo di insetti fitofagi dannosi alle colture e di vettori di virus infettivi per le piante, limitando l’utilizzo di trattamenti fitosanitari. Parlo del vento, questo fenomeno atmosferico alleato della biodiversità degli agroecosistemi, e in questo caso, della vite. Uno degli elementi essenziali del clima, che, insieme al vitigno, al territorio e alla maestria di chi fa il vino, esprimono la tipicità di un prodotto.

Quel giorno, arrivata a destinazione, mi trovai immersa in un vero e proprio anfiteatro naturale. A dire la verità appurare l’esattezza del luogo non fu davvero facile. In effetti, la sede della società agricola è poco segnalata. Comunque sia, dopo qualche telefonata chiarificatrice, riuscii finalmente ad iniziare la mia visita a Ca’Liptra. La scelta del nome prende spunto dall’apparato del fiore della vite, una sorta di cappuccio protettivo dell’infiorescenza, che si stacca all’avvenuta fioritura.

Una piccola realtà agricola a conduzione biologica nata nel 2012 dall’unione di tre soci, che, conclusi gli studi di enologia, dopo il tirocinio a Cupramontana – capitale storica del Verdicchio – si sono innamorati a tal punto della zona da trasferire qui le loro vite. “Fare vino insieme”, questo è il progetto. Uno di loro, Roberto Alfieri – mia gentile guida – è giunto qui da Monza, sua terra di origine: “Il Verdicchio l’ho conosciuto e apprezzato durante il mio praticantato a Cupramontana. È molto interessante la sua evoluzione, soprattutto se invecchiato almeno cinque anni.”

Partiti con due ettari di vigneti, parzialmente recuperati, oggi ne allevano nove. Sette nella Contrada di San Michele, zona storica esposta a sud – la zona più calda di Cupramontana – con terreni molto scoscesi e vigne con una pendenza media del 40 %, e due in Contrada San Marco. Vigneti inerbiti trattati solo con rame e zolfo. In una modesta struttura, ancora in via di sistemazione, dal 2012 vinificano in una piccola cantina affinando in acciaio e vasche di cemento, per un totale di circa 20.000 bottiglie annue.

Sapidità, acidità e mineralità, il denominatore comune dei loro vini:

KYPRA : Verdicchio in purezza, lieviti indigeni. Espressione del territorio di Cupramontana, unione di parcelle diverse. Fermenta e affina sulle fecce fini, in vasche di cemento, per almeno 8 mesi.

S.MICHELE 21 : Verdicchio in purezza. Vino di vigna. 0,55 ettari, 350 m s.l.m. con filari esposti a sud-est. Fermentazione spontanea senza controllo di temperatura in barriques di più passaggi. Affinamento per 12 mesi sulle fecce di fine fermentazione e 6 mesi in bottiglia.

LE LUTE : Verdicchio in purezza, metodo classico. Uva raccolta da un singolo appezzamento a 380 m s.l.m. con filari esposti a sud. Prodotto solo in annate particolarmente favorevoli. Affina in bottiglia per oltre 36 mesi.

CALIPTRA : Trebbiano in purezza, lieviti indigeni. Vengono effettuate due diverse raccolte: la prima, anticipata, per mantenere l’acidità e la seconda a maturazione, con breve macerazione sulle bucce. Le due masse, tenute separate fino a fine fermentazione, vengono poi unite per l’affinamento, che si svolge in vasche di acciaio per sei mesi sulle fecce fini.

ARANCIO : Trebbiano in purezza, lieviti indigeni. Proveniente da una singola vigna a 220 m s.l.m. esposta a est. Una lunga macerazione sulle bucce lo sfuma d’arancio. Affinamento di otto mesi in acciaio sulle fecce fini.

AMISTA’ : Montepulciano in purezza. Proveniente da una piccola vigna di 0,27 ettari a 200 m s.l.m. esposta ad ovest. Dotato di freschezza e bevibilità, poiché svolge una breve macerazione di 2-3 giorni. Termina la fermentazione in barriques esauste e vasche d’acciaio, affinando sulle fecce fini per 9 mesi.

            Società Agricola Ca’Liptra – Via San Michele, 21 Cupramontana (AN) www.caliptra.it

 




Verso Cupramontana, sull’antica strada del Verdicchio

Le Marche, tanto belle tanto ancora poco conosciute. Mi riferisco soprattutto all’entroterra, e, per gli appassionati come me, alle sue antiche strade del vino. Percorsi costellati da colline e borghi storici che fanno brillare gli occhi per la bellezza dei paesaggi. Tra i tanti, nella mia ultima escursione, ho voluto sceglierne uno legato da sempre alla coltivazione della vite. Un comune parzialmente montano il cui nome fa riferimento al culto della dea Cupra, una divinità italica protettrice della fecondità della terra. Mi riferisco a Cupramontana, borgo storico situato a 505 metri s.l.m. nel cuore delle Marche, che dal 1939 si è guadagnato l’appellativo di capitale del Verdicchio, per la valorizzazione che ha saputo dare a questo vitigno.

Ricordo che anni fa, ad uno dei miei corsi di avvicinamento al vino, trovai singolare la somiglianza genetica che lega il Verdicchio ad un vitigno veneto. Mi riferisco al Trebbiano di Soave, coltivato nella provincia di Verona e Vicenza, ma non solo. Tra le ipotesi più accreditate sembra che quest’antica ‘parentela’ sia dovuta ad una migrazione di agricoltori veronesi che nel Quattrocento, per fuggire alla peste, si trasferirono nell’anconetano. Un esodo forzato e documentato, che indusse la popolazione veneta a portare con sé anche le barbatelle delle loro viti. Ovviamente con il passare dei secoli questo vitigno ha saputo ben adattarsi alle condizioni microclimatiche e alle caratteristiche geomorfologiche del terreno, esprimendosi al meglio e assumendo una vera e propria identità organolettica, grazie alla quale può considerarsi un vitigno autoctono. Il Verdicchio – il cui nome ha origine dalle persistenti sfumature verdi dell’acino – è un vitigno versatile che, se lasciato invecchiare, sorprende per la complessità e l’eleganza. Due le denominazioni: Verdicchio dei Castelli di Jesi, di carattere e struttura con tratti alcolici importanti, e Verdicchio di Matelica, più delicato e con un modesto grado alcolico.

Mario Soldati nell’autunno del 1970, durante il suo secondo viaggio alla scoperta di vini veri, raccontò in “Vino al Vino” il suo incontro con il Verdicchio, o meglio, con il Verdicchio della cantina Castellucci di Montecarotto. Un’esperienza ricca di profumi intensi, freschi, pungenti. Colori giallo paglierino verdolino. Sapori dapprima abboccati, poi aciduli, con un’aromaticità che a Soldati riportò alla mente alcuni Riesling, Chablis, Gewürztraminer e Pinot grigi: “La classe è la stessa, ma la composizione degli aromi è diversa, particolare al verdicchio, o almeno a questo Verdicchio, e, insomma, unica.”  Divagazioni a parte, il territorio di Cupramontana è indissolubilmente legato alla viticoltura e alla produzione di Verdicchio. Passeggiando nel suo centro storico, dal tipico aspetto medioevale, ho trovato assai interessanti le botteghe specializzate nella vendita di materiale per l’enologia. La vista delle loro vetrine la dicono lunga sugli interessi della gente di queste terre.    

Continuando con la mia passeggiata ad un tratto il mio sguardo si è rivolto ad una struttura a dire poco imponente. Un gioiello di architettura risalente a inizio ‘700 che avevo tutta l’intenzione di visitare. Peccato che fosse chiusa! Nonostante ciò, come spesso accade nei piccoli paesi, se gentilmente chiedi… ottieni! Così è stato anche questa volta grazie all’assessore alla cultura del comune di Cupramontana, la gentile Maddalena Mennechella, che per caso si trovava sul posto per sbrigare alcune faccende. La sua cortese e simpatica ospitalità mi ha permesso di visitare il MIG – Museo in grotta, un percorso museale situato nelle magnifiche grotte del Convento di Santa Caterina. Un labirinto di cunicoli scavati nell’arenaria tutelati dal Ministero per i Beni e le attività Culturali, in cui attraverso pannelli espositivi e materiali didattici viene raccontato il prodotto simbolo di questa terra: il Verdicchio. All’interno presente anche il Museo dell’etichetta, in cui sono esposte numerose etichette selezionate dal premio ‘etichetta d’oro’.

L’ultima tappa della mia escursione a Cupramontana è stata all’azienda agricola Ca’Liptra. Ma di questa visita vi racconterò meglio nel mio prossimo scritto. Si, perché quel giorno le forti folate di vento mi hanno fatto pensare alla sua importante influenza in viticoltura. Prima di scriverne però voglio documentarmi meglio. 😉

MIG Musei in Grotta Cupramontana (AN) – www.museiingrotta.it

Photo credit Verdicchio: Turismo Cupramontana www.turismo-cupramontana.com




“Lu Vi Cottu” della terra dei cinghiali

Vi presento “lu vi cottu” che in dialetto marchigiano indica “il vino cotto”, un vino da dessert.

Siamo a Loro Piceno, nel maceratese, il comune per eccellenza di questa antichissima bevanda di tradizione marchigiana. Mario Soldati nell’opera Vino al Vino del 1971, descrivendo le sensazioni provate all’assaggio di un mosto cotto invecchiato sessant’ anni scriveva:

“Lo trovo un vino da dessert, ottimo. Di un bel colore rosso mattone a riflessi di oro cupo, il sapore strano, affumicato e ruvido, corregge ed evita quella dolcezza vischiosa e a volte nauseante di tanti passiti e marsalati. C’è qualcosa di affascinante, di profondo rustico e montano, nel vino cotto…”

Me lo ha fatto conoscere la cara Emanuela Tiberi dell’Az. Agricola David Tiberi di Loro Piceno (MC).

Insieme a lei, ma non solo, ho passato piacevolmente una serata del girotondo enogastronomico “Per Tutti i Gusti” dedicata alla regione Marche. Coordinatore di questo tour, Carlo Vischi, l’ambientazione quella de “Il Canneto, ristorante dell’Hotel Sheraton Malpensa.

Durante la cena con Emanuela si è parlato a lungo di questa produzione tipicamente  marchigiana dalla storia millenaria. Visto il mio interesse per le tradizioni ha pensato bene di inviarmi una pubblicazione realizzata dalla Camera di Commercio di Macerata che ho ricevuto pochi giorni fa, e su cui leggo testualmente:

“Vuole la tradizione che, conservato in botti di rovere, esso costituisse un principio medicamentoso atto a conservare lucentezza alla pelle, curare gli eritemi dei bambini, risanare gli effluvi degli aliti e, principalmente, sollevare lo spirito umano dalla monotonia di ogni giorno. Non c’era contadino o mezzadro che un tempo non avesse la propria botte di vino cotto.”

Il vino cotto ottenuto dalla bollitura del mosto dei vitigni di Verdicchio, Trebbiano, Montepulciano e Sangiovese, riposa a lungo invecchiando in botti di legno di rovere. Oltre ad essere utilizzato nella preparazione di dolci e per insaporire le carni, è un ottimo rimedio per curare la tosse e il raffreddore.

Detto questo mi direte: “Ma… i cinghiali son scappati?” Magari vi rispondo!

Purtroppo sono causa di continua e seria devastazione dei raccolti. Da anni interi branchi danneggiano le coltivazioni di queste terre creando gravi ostacoli all’agricoltura locale. Nemmeno l’attività venatoria è stata capace di ridurre la presenza di questi animali selvatici. Un’analisi della Coldiretti ha stimato i danni conseguenti agli attacchi ad un importo di oltre quattro milioni di euro.

Riporto qui di seguito lo sfogo che solo qualche giorno fa Emanuela mi ha fatto scrivendomi una mail:

“Cinzia, oggi sono andata a potare la mia vigna; su diverse viti ho trovato enormi buche che i cinghiali hanno scavato per cercare le radici. Il rischio è la conseguente morte delle piante. Un vero problema che noi agricoltori nel maceratese viviamo da anni. Chi di dovere se ne occupa, ma i risultati sono ancora poco visibili.”

Sembra quasi impossibile che non si possa risolvere questa situazione. Da curiosa quale sono ricercando sul web, ho trovato un articolo del 2010 della Provincia di Sondrio che riporta la strategia adottata dagli agricoltori locali “sull’uso dell’odore dell’orso” per allontanare i cinghiali. Strategia decisamente da approfondire…

 

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