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Un po’ di chiarezza, o quasi, in tema di presentazione degli oli di oliva nei pubblici esercizi

Recentemente, con un amico che si occupa di ristorazione, mi sono trovata a discutere sulla presentazione della bottiglia di olio extra vergine di oliva che mi piacerebbe vedere sul tavolo in tutti i ristoranti.

Confrontandomi con altri del settore, mi sono resa conto che molta chiarezza in effetti non c’è.

Per questo motivo, visto che mi piace parlare con cognizione di causa, mi sono informata consultando Massimo Occhinegro, consulente d’impresa in ambito fiscale e di marketing internazionale, con particolare riguardo al comparto di olio di oliva nei mercati europei ed extra europei.

Tenteremo di fare un po’ di chiarezza, o quasi (leggendo capirete il perché), inserendo la Legge 14 gennaio 2013 n.14 e l’interpretazione di Massimo.

  • Legge 14 gennaio 2013 n.14

Art. 7 – Termine minimo di conservazione e presentazione degli oli di oliva nei pubblici esercizi.

1. Il termine minimo di conservazione entro il quale gli oli di oliva vergini conservano le loro proprietà specifiche in adeguate condizioni di trattamento non può essere superiore a diciotto mesi dalla data di imbottigliamento e va indicato con la dicitura «da consumarsi preferibilmente entro» seguita dalla data.

2. Gli oli di oliva vergini proposti in confezioni nei pubblici esercizi, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, devono possedere idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata, ovvero devono essere etichettati in modo da indicare almeno l’origine del prodotto ed il lotto di produzione a cui appartiene.

3. La violazione del divieto di cui al comma 1 comporta l’applicazione al titolare del pubblico esercizio di una sanzione amministrativa da € 1.000 a € 8.000 e la confisca del prodotto.

4. All’articolo 4 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, i commi 4-quater e 4-quinquies sono abrogati.

“Chiave interpretativa” della legge in questione di Massimo Occhinegro

La legge 14 gennaio 2013 n.14 con l’articolo 7 secondo comma ha inteso abrogare la precedente legge che vietava in maniera esplicita l’uso delle “famose” ampolle dell’olio. Tuttavia sia pure in maniera confusionaria, ha voluto introdurre da un lato l’uso di bottiglie con tappi anti-rabbocco e dall’altro confermare l’obbligo del l’indicazione dell’origine nonché del lotto di produzione a cui appartiene.

L’articolo è tuttavia mal scritto e soggetto a diverse interpretazioni. La “chiave” interpretativa risiede a mio parere nel significato di “ovvero”. Nella lingua italiana “ovvero” può essere interpretato come sinonimo di “oppure”, ma in tal caso, il legislatore avrebbe forse pensato a bottiglie con sistema di chiusura anti-rabbocco, senza etichetta, il che è per logica, senza senso, da un lato, mentre dall’altro confezioni senza tappo anti-rabbocco ma etichettate con indicazione di origine, data di scadenza inferiore ai 18 mesi dal confezionamento e lotto di produzione, il che anche in questo caso tale evenienza avrebbe poco senso vista la volontà di impedire il riutilizzo delle confezioni.

Pertanto la parola “ovvero”, a mio parere andrebbe interpretata con il significato di “ossia”, (come spesso accade nella formulazione delle norme di legge) con l’intento di offrire una specifica in più rispetto a quanto scritto nella prima parte dello stesso articolo 7, comma 2.

In definitiva tutto ciò significa che le bottiglie devono essere etichettate come da norma di legge e che in più dovrebbero avere tappi anti-rabbocco. È evidente però che la formulazione di tale articolo sia stata fatta in maniera frettolosa e confusionaria come detto in premessa.

Cosa rimane da dire… mah, direi che a questo punto, l’unica cosa che mi viene da dire, è che tocca a noi prestare la giusta attenzione scegliendo la ristorazione virtuosa attenta alla qualità.

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